L’OMS ha subito un attacco da un gruppo di cybercriminali, fortunatamente non andato a buon fine

Organizzazione Mondiale della Sanità

Dopo il recente attacco al Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di aver subito un attacco informatico, fortunatamente non andato a buon fine. Gli hacker avrebbero cercato di rubare le password di accesso alle caselle di posta dei funzionari dell’OMS per accedere a informazioni su cure e test.

Agli occhi di chi si occupa di sicurezza informatica l’attacco contro l’OMS non rappresenta una sorpresa. Nelle ultime tre settimane abbiamo assistito a un’escalation negli attacchi che sfruttano l’emergenza sanitaria globale in corso. In particolare, osserviamo un aumento di quelli che abbiamo denominato attacchi “fearware”, ovvero email apparentemente benigne che fanno leva sulle notizie di attualità e sfruttano la paura collettiva a scopo criminoso” ha spiegato Max Heinemeyer, Director of Threat Hunting di Darktrace

L’Organizzazione Mondiale della Sanità si trova nell’epicentro dell’emergenza e, anche se l’identità dell’hacker responsabile dell’attacco è tuttora sconosciuta, le informazioni sulla pandemia in possesso dell’organizzazione (come il virus si diffonde, come può essere contenuto e i progressi sui vaccini, ad esempio) sono elementi preziosi da conoscere per le Agenzie di Intelligence e i Governi di tutto il mondo, che si stanno adoperando per affrontare la crisi.

È confortante sapere che questo attacco non ha avuto successo ed è stato sventato prima di poter effettivamente arrecare danno. Tuttavia, è bene che le organizzazioni di tutto il mondo – e non solo quelle direttamente coinvolte nella lotta contro il virus – traggano una lezione da questa vicenda.

In un momento in cui le aziende mettono in campo grandi sforzi per sopravvivere, non si può sottovalutare l’importanza di una solida difesa informatica, perché si rivelerà fondamentale per garantire la continuità aziendale in tempi difficili e imprevisti” ha concluso Max Heinemeyer.