Secondo lo studio di Omnicom PR Group sulla reputazione di 8 industry, il settore tech è il più amato in Italia. Ma esistono dei fattori da rafforzare, come la sostenibilità.

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La reputazione, per avere successo, è fondamentale e, Omnicom PR Group – società di consulenza strategica in comunicazione con 6.300 addetti nel mondo – presenta uno studio, chiamato “Post-Invasion 2022/2023”, che analizza la reputazione di 8 settori chiave dell’economia italiana, con 64 brand ad essi associati, attraverso le lenti attente di oltre 2.000 consumatori. Lo studio approfondisce, per il settore Tech come per gli altri comparti, la differenza tra aspettative ed esperienze degli italiani.

Il settore tech nel post pandemia: una promessa da mantenere con qualche nube all’orizzonte

Il periodo che va dall’inizio del 2020 ai primi mesi del 2022 ha visto letteralmente esplodere i fatturati delle aziende tecnologiche di ogni dimensione. A questi notevoli successi economici – ridimensionatisi a partire dalla seconda metà dello scorso anno – si è accompagnata anche una comunicazione che ha efficacemente supportato la percezione di un settore Tech che ha svolto un ruolo fondamentale durante le fasi più acute della pandemia, letteralmente salvando il business di molte aziende e garantendo una parvenza di normalità nelle relazioni sociali delle persone.

Inoltre, grandi e piccoli attori di questo comparto si sono resi protagonisti di attività di CSR e charity particolarmente utili – si pensi alla donazione di strumentazioni a scuole e organizzazioni assistenziali e ai corsi gratuiti di formazione e avvicinamento alla tecnologia per le fasce di popolazione meno “digitalizzate”- che si riflettono in quel 42,6% del campione intervistato – dato che vale il 3°posto assoluto a un incollatura dal retail – che sottolinea come le aziende protagoniste della survey si siano mosse nella giusta direzione.

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Ne consegue che, scendendo nel dettaglio delle voci analizzate, il settore ben si comporti rispetto all’impegno verso le comunità locali e le grandi questioni sociali, in cui alle – elevate – aspettative dei consumatori corrisponde un certo attivismo delle aziende tecnologiche, in grado di collocarle al 2° posto di questa particolare classifica.

Ancora di maggior rilievo il risultato conseguito sul driver Offrire prodotti e servizi a maggior valore (certificazioni, tracciabilità e trasparenza su manodopera, sicurezza e privacy, etc.), il più importante nella percezione degli intervistati: il Tech è, infatti, l’industry in cui il gap tra le aspettative dei consumatori e le esperienze effettive offerte dai brand risulta minore, seppure rimanendo in territorio negativo. In generale, considerando tutti e 9 i driver, le aziende tecnologiche si classificano al 2° posto assoluto riguardo alla minore differenza tra aspettative ed esperienze.

Sfide e rischi del settore Tech

Dallo studio emerge, come il settore Tech si trovi oggi a fronteggiare una duplice sfida, legata da un lato ai limiti delle azioni intraprese in ambiti come l’impatto sull’ambiente e la cybersicurezza, dall’altro a fattori esogeni come il rincaro energetico e l’inflazione, che rischiano di aggravare i problemi finanziari che hanno caratterizzato gli ultimissimi mesi delle big tech.

Se, per quanto riguarda i temi green, è probabile che la recente crisi energetica abbia riacceso i riflettori su grandi insediamenti (data center, impianti di produzione di chip e microprocessori) e attività (mining di criptovalute) visti come energivori e poco attenti a limitare l’impatto sull’ecosistema, nella percezione dei consumatori i player tech non stanno offrendo soluzioni efficaci per la sicurezza dei dati, né – fattore ancor più grave –  sono in grado di far comprendere quanto sia importante adottarle. Tanto che per il 51% degli intervistati le aziende non prendono ancora sufficientemente sul serio le minacce alla sicurezza informatica.

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Continuare a fare la cosa giusta e comunicarla efficacemente, per riportare l’innovazione al centro di un’agenda condivisa

Ancora più meritevole d’attenzione, soprattutto se confrontata con le precedenti edizioni degli studi sulla reputazione, è la sostanziale scomparsa dalla top 3 delle priorità di tutti i settori analizzati della voce innovazione: un segnale d’allarme, considerato che quest’ultima rappresenta il terreno d’azione privilegiata delle aziende di tecnologia e l’ambito in cui per definizione il settore Tech gioca un ruolo da protagonista. Per quanto possa apparire in controtendenza rispetto alle molte discussioni che ruotano attorno al PNRR, alla continuamente ribadita necessità di imprimere una svolta “digitale” alla Pubblica Amministrazione e, più prosaicamente, al clamore mediatico suscitato da fenomeni come ChatGPT e dall’Intelligenza Artificiale, lo scenario economico in peggioramento e i timori per il futuro hanno profondamente inciso su quelli che i consumatori ritengono dovrebbe essere gli ambiti di focalizzazione dei brand.

In una fase di profonda incertezza il “back to basics” sembra lasciar poco spazio alla progettualità orientata al futuro, penalizzando un tema – apparentemente – di prospettiva come l’innovazione. Ma se i brand tech vogliano capitalizzare l’attenzione e la centralità guadagnate e dar seguito alle impegnative promesse del periodo pandemico devono agire coniugando azione e comunicazione. Ciò significa continuare a operare nella giusta direzione, come riconosciuto dai consumatori, focalizzandosi proprio su un’innovazione concreta e percepita, per poi comunicare in maniera chiara e maggiormente inclusiva quanto di positivo è stato fatto per cambiare – in meglio – la società e la quotidianità di tutti. In questo senso è fondamentale ingaggiare più efficacemente popolazioni come i giovani millennials e la generazione Z, ora poco interessate alle problematiche del settore, ma che rappresentano il suo futuro, sia come consumatori sia come potenziali professionisti di questa industry”, commenta Eros Bianchi, OPRG Vice President e Tech Industry Lead.