Il comparto ICT cresce dell’1,2% nei primi 6 mesi del 2016. Si deve però colmare il GAP con l’Europa: molto dipenderà dal Governo

A fronte di una situazione congiunturale a livello europeo e italiano poco stabile a causa del Brexit, del terrorismo e per il riflesso delle elezioni americane, il mercato digitale nel nostro Paese evidenzia invece per il primo semestre del 2016 una crescita dell’1,2% con un giro d’affari di 31,953 milioni di euro. A rivelarlo il nuovo studio Assinform e NetConsulting che, al contrario di quanto stabilito da Gartner (prevede una crescita zero a livello mondiale), stima per l’intero anno un mercato ICT da 65.759 milioni di euro, +1,3% rispetto al 2015.

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Il mercato del digitale è resiliente: non solo il comparto esce dalla negatività che lo ha contraddistinto fino al 2015, ma cresce mostrando un comportamento anticiclico rispetto all’economia nazionale ed internazionale. – ha dichiarato Giancarlo Capitani, Presidente di Net Consulting Cube. – Scomponendo dall’aggregato la componente dei servizi di rete e telecomunicazioni, allora la crescita sarebbe del 3,2%, una percentuale ancor più incoraggiante che evidenza il vero carattere rivoluzionario della digital transformation”.

A guidare la proliferazione del mercato del digitale in Italia sono i cosiddetti Digital Enablers: il Cloud, i Big Data, l’IoT, le piattaforme per la gestione Web, il Mobile business e la sicurezza informatica che si prevede cresceranno intensamente nei prossimi 2 anni.

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Sono proprio queste tecnologie a diventare protagoniste del processo di digitalizzazione delle imprese che hanno iniziato a ripensare all’intero business in chiave digital. Rispetto al passato però, i digital enablers sono utilizzati per guidare l’innovazione strutturale delle aziende stesse. Nel 65% delle aziende infatti Cloud, Big Data, IoT, social networking e mobile computing sono considerati gli strumenti per favorire l’innovazione dei processi interni grazie ad un aumento del livello di automazione e nel 48,3% per migliorare la conoscenza dei clienti, prodotti e servizi. Il 46% delle imprese rivede invece le strategie di vendita, così come il 31,7% ridisegna la supply chain e il 28,3% migliora la collaboration e la comunicazione interna attraverso l’implementazione delle nuove tecnologie.

Le imprese hanno inoltre avviato processi di esternazionalizzazione di funzioni e servizi fino ad oggi mantenuti interni, hanno iniziato ad eliminare le ridondanze e a razionalizzare gli investimenti secondo strategie maggiormente consapevoli rispetto al passato. A questo si aggiunge un profondo rinnovo del parco tecnologico dovuto all’esistenza oggi di applicazioni e software che richiedono infrastrutture molto più performanti e flessibili che in passato. – ha aggiunto Giancarlo Capitani.

Nonostante ciò l’Italia è ancora indietro al resto dell’Europa nel processo di digitalizzazione “Per recuperare i ritardi accumulati negli scorsi anni servirebbero dinamiche più sostenute – ha commentato Agostino Santoni, Presidente di Assinform – Ma i segnali sono comunque buoni, sia per il segno più che per il secondo anno accompagna i trend complessivi, sia e soprattutto perché è sempre più evidente un mutamento della domanda che spinge le componenti più legate all’innovazione di processi, servizi, prodotti.“

Molto però dipenderà dal Governo e dalla strategia digitale avviata. A che punto siamo?
PagoPA, ANPR e la fatturazione stanno dando già ottimi risultati, ancora a rilento lo SPID a causa della non completa integrazione dei servizi con ItaliaLogin.

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Particolare attenzione è da porre al Piano Industria 4.0 che potrebbe dare un importante impulso al processo di digitalizzazione del Paese. E’ necessario però che i 13 miliardi stabiliti siano effettivamente stanziati e la ridefinizione dei parametri per gli iper e super ammortamenti in modo da evitare che gli investimenti non interessino solo l’hardware avanzato, ma anche il software. Infine l’ultimo aspetto riguarda la velocità di attuazione del Piano: c’è il sospetto che numerose aziende stiano rallentando i propri investimenti in attesa dell’entrata in vigore de programma. In quest’ottica la non rapida attuazione del Piano potrebbe rallentare il processo di digitalizzazione.

Lato innovazione della pubblica amministrazione sono ancora da valutare ancora gli effetti della spending review che coinvolge queste realtà : in 3 anni le pubbliche amministrazioni devono ridurre la spesa operativa del 50%, investendo le somme risparmiare in digitalizzazione.

Altro tema determinante è quello delle competenze: i profili specializzati in ambito ICT sono rari e costosi, di difficile accesso per le pmi quindi. Si dovrebbe ripensare il percorso formativo e universitario così da permettere di abbattere la barriera che troppe pmi si trovano di fronte.

L’Italia si sta digitalizzando a macchia di leopardo a causa di diversi profili di digitalizzazione o non digitalizzazione: diversità tra imprese e imprese, tra Nord e Sud e tra regioni raggiunte o meno dalla banda ultra larga. Serve quindi una connessione e integrazione tra individui, aziende e PA, dove la presenza di una regia e un regista potente possa intervenire e indirizzare il Paese rapidamente. Non si può più perdere tempo: questo sarà il difficile compito di Diego Piacentini, nuovo Commissario Straordinario per il Digitale” ha concluso Agostino Santoni.