Alessandro Capezzuoli funzionario ISTAT e responsabile osservatorio dati professioni e competenze Aidr esprime un pensiero sulla cattiva gestione dei rifiuti.

gestione dei rifiuti

Era il 1987 e Aldo Fabrizi, visibilmente commosso da quella commozione che soltanto le emozioni ingenue di un anziano vicino alla fine del viaggio può esprimere, fece un’ultima apparizione in televisione, recitando un sonetto ispirato alla celebre canzone “Buongiorno tristezza”, cantata da Claudio Villa. Il sonetto s’intitolava “Buongiorno monnezza” ed era una triste ode alla situazione imbarazzante della gestione dei rifiuti della Capitale.

Bongiorno monnezza,
è l’alba e te ritrovo nella via,
è inutile ch’ aspetti,
‘n ce sta nissuno che te porta via.
Nell’aria che olezza
i variopinti montarozzi tuoi
ovunque tu sei
raggiungono l’altezza di un tramvai
vagano
a centinaia i gatti intorno a te…
chiedono
i forestieri, al vigile: “Scusi, che monumento è?”
Ma è tutta monnezza, è un’aria di folclore e di poesia
induce il turista a rimontà sul treno e scappà via

Da quel lontano giorno, sono passati più di 30 anni, il mondo è cambiato grazie alla digitalizzazione, ma la gestione dei rifiuti è rimasta tale e quale e “Buongiorno monnezza” è quanto di più attuale ci possa essere: un’ode efficace all’incapacità dei dirigenti e degli operatori che lavorano nelle aziende in cui viene gestito il ciclo dei rifiuti.

Tutto sommato, la differenza tra la gestione dei dati e la gestione dei rifiuti non è poi tanto diversa: può sembrare paradossale, ma entrambi, seppur per aspetti diversi, hanno un valore enorme e creano ricchezza. Il nuovo petrolio, direbbero i giornalisti del qualunquismo un tanto al chilo. I dati hanno un ciclo di vita che inizia dalla raccolta e termina nella produzione di conoscenza. Per i rifiuti vale lo stesso ragionamento: il loro ciclo di vita inizia dalla raccolta e termina nella produzione di nuovi prodotti, o materiali, attraverso il riciclo. E il ciclo può terminare solo nel riciclo perché, c’è voluto del tempo per capirlo, le risorse di questo pianeta non sono infinite.

Se per i dati, molto faticosamente, si tentano goffi tentativi di industrializzazione del ciclo produttivo, per la gestione dei rifiuti, in molte città italiane, il problema è rimasto inchiodato alla raccolta e ai variopinti “montarozzi” di sacchi colorati, depositati fuori dai cassoni. Alcuni giorni fa, è apparsa sui giornali locali una notizia confortante: l’AMA, l’azienda municipalizzata che gestisce i rifiuti a Roma, ha pianificato la sostituzione totale dei vecchi cassonetti adibiti alla raccolta dell’immondizia. Si potrebbe pensare che la sostituzione comportasse l’installazione di contenitori smart o smart bin: connessi a internet, collegati a un sistema informativo a cui trasmettere i dati, autoalimentati dai pannelli solari, geolocalizzati, muniti di videocamere e sensori attraverso i quali misurare il peso, il volume, l’umidità, la temperatura e la quantità di rifiuti raccolti. Ci sono cittadini che, attraverso un’app a cui si accede tramite SPID, invece di fare le contorsioni per aprire dei coperchi mal progettati, ne comandavano l’apertura elettrica grazie a un motore alimentato da un accumulatore posizionato sul fondo del cassone e ricaricato dall’energia solare.

Esistono sistemi informativi e di monitoraggio attraverso cui analizzare i dati e gestire una raccolta intelligente sulla base dell’effettivo stato di riempimento dei cassoni, ci sono notifiche e alert, tracciati dinamici e aggiornati in tempo reale da fornire agli operatori al posto dei giri approssimativi programmati dal capo squadra. Le dashboard interattive permettono di modulare le tasse in base alla reale produzione dei rifiuti prodotti dai cittadini e dalle aziende e un sistema di tracciamento attraverso il quale capire in cosa (e da chi) vengono trasformati gli imballaggi e gli scarti, per misurare il valore dell’immondizia e l’efficienza dei sistemi di gestione e di raccolta attraverso degli indicatori prodotti dai dati raccolti. I sistemi di intelligenza artificiale identificano il tipo di rifiuto e registrano l’utilizzo improprio dei contenitori, sanzionando automaticamente gli “zozzoni” di turno. I sistemi di controllo pubblici delle aziende municipalizzate fanno emergere le incapacità e le inefficienze dei dirigenti e dei dipendenti, e progetti di impianti di raccolta e trattamento dimensionati adeguatamente sulla base della produzione complessiva della spazzatura. In poche parole, si potrebbe parlare di gestione dei rifiuti attraverso l’IOT (Internet Of Things) che potrebbe essere utile per migliorare la vita nelle città in cui viviamo. Tutto ciò, in altre parti del mondo già esiste.

Gestione dei rifiuti

Dopo aver letto il titolo, le visioni digitali si sono ridotte a una triste presa di coscienza: il sonetto di Aldo Fabrizi rimarrà attuale per molti anni ancora. I nuovi contenitori, rispetto ai vecchi, di diverso avranno solamente il colore. Saranno colorati in base al tipo di rifiuto che dovranno ospitare. Una colorazione più efficace, per facilitare la raccolta differenziata e la gestione dei rifiuti. Naif. In linea con le direttive europee.

Gestione dei rifiuti

Tutto qua. I cittadini si lasciano andare al degrado se vengono costretti a vivere in un ambiente degradato. La storia, soprattutto quella della civiltà greca, dovrebbe aver insegnato cosa significhi coltivare la bellezza. I rifiuti abbandonati favoriscono l’inciviltà e l’abbandono di altri rifiuti. È vero, c’è una piccola parte di cittadini incivili che abbandona i rifiuti ingombranti davanti ai cassonetti: per questo le videocamere e un sistema efficiente di sanzioni sarebbero fondamentali per il sistema di gestione dei rifiuti.
Eppure, sui nuovi cassonetti non ci sarà nemmeno la vecchia tessera con la banda magnetica, ormai usata da più di vent’anni in alcuni comuni, per identificare e accertare il numero di utenti che utilizzano un certo contenitore della spazzatura e programmare una raccolta più organizzata. Un po’ di dati, sull’immondizia, servirebbero, quantomeno per non trovarsi sistematicamente nelle situazioni documentata tristemente ogni giorno dai cittadini.

monnezza

C’è da dire che questa situazione non è confinata soltanto alla Capitale, che ha un’estensione territoriale pari alla somma delle superficie di tutte le città metropolitane (con tutte le difficoltà gestionali che ne conseguono), ma si verifica in maniera ricorrente in molti altri centri urbani di grandi dimensioni. Però, seppur su una scala diversa, in termini di utenza, estensione territoriale e quantità di rifiuti prodotti, a Milano la situazione è ben diversa: forse è il caso di iniziare a prendere esempio da chi ne sa di più sulla gestione dei rifiuti.

monnezza

È vero, in molte città mancano i siti di stoccaggio e trattamento, mancano le discariche e mancano gli inceneritori, ma ciò che manca realmente è una visione vera e propria dei problemi, dell’evoluzione della società, delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale e degli interventi economici ed educativi per trarre profitto dalla gestione dei rifiuti. La raccolta differenziata non è sufficiente, bisogna restituire agli utenti qualcosa, in cambio dell’impegno a differenziare e dei soldi spesi nella Ta.Ri e per acquistare i packaging dei prodotti, proprio come Google restituisce servizi impeccabili in cambio dei dati personali degli iscritti. Bisogna avviare strategie per produrre meno rifiuti, magari cominciando dal famoso “vuoto a rendere”, la cui gestione industrializzata, grazie all’involuzione consumistica degli ultimi decenni, sarebbe tutt’altro che banale. E bisogna ricominciare proprio dall’educazione e dai cassonetti, i nodi principali della raccolta. Cittadini e raccoglitori devono essere smart. Smart e colorati.

di Alessandro Capezzuoli, funzionario ISTAT e responsabile osservatorio dati professioni e competenze Aidr