Crescono gli investimenti in questo settore. Numerosi i vantaggi per le imprese

Tutto è cambiato rispetto al passato: le persone stanno velocemente diventando connected people, il peso dei nativi digitali sta crescendo, gli strumenti mobile sono ormai irrinunciabili, così come i dispositivi wearables, il cui utilizzo è in netta crescita.  Lato offerta si assiste alla nascita di prodotti connessi grazie a sensori, all’impiego di robot e allo sviluppo di servizi di realtà aumentata. Un nuovo contesto questo, nel quale le imprese operano sfruttando le potenzialità di tecnologie come cloud, big data, reti wireless di prossimità ed edge computing. Ma non solo: a cambiare è anche il rapporto con i clienti e il ruolo dei Field Services.

Se negli anni 90 vi era il cosiddetto engineer 1.0, che a metà degli anni 2000 oltre che servire il cliente vendeva soluzioni, ora si affaccia sul mercato l’evoluzione di questa figura, l’engineer 3.0. – spiega Luca Negro, Senior Manager Deloitte DigitalQuesta figura è in grado di supportare i clienti ed intervenire tempestivamente, diventando un vero e proprio partner di business. A confermarlo è anche una recente ricerca che mostra come nell’arco di 3-5 anni il numero dei tecnici supererà il numero di commerciali”.

Merito di questa trasformazione è senza dubbio la crescita dell’Internet of Things che coinvolgerà entro il 2020 circa tra i 20 e i 30 miliardi di dispositivi connessi nel mondo.  Le imprese, alla luce del fenomeno, hanno avviato programmi di trasformazione nella creazione dei Next Generation Field Service. Tre sono gli obiettivi principali:

  • Efficacia operativa raggiungibile attraverso la messa a disposizione a front end di tutte le informazioni rilevanti su cliente, prodotti, parti o tipologie di intervento.  È possibile ottenere un aumento del 20% nel “first time fix”, oltre che ad una riduzione sempre del 20% nei tempi medi di intervento.
  • Efficienza mediante la digitalizzazione dei processi e l’eliminazione delle attività manuali e procedurali. Verrebbero in questo modo dimezzati gli errori e le frodi (60%) così come si registrerebbero una diminuzione del 15% dei costi di gestione WO e un conseguente aumento della produttività da mobile di circa il 25%.
  • Maggiore customer experience attraverso lo sfruttamento delle interazioni con i clienti per massimizzare le opportunità di servizio e commerciali. Le conseguenze sarebbero molto  interessanti: +80% delle aziende che incrementano i ricavi dai Service, +20% dei ricavi da servizi sul campo e un +10% in upselling.

Attualmente però non esistono ancora modelli leader nel mercato dei Field Service: le imprese sono chiamate ad una scelta, ossia se orientarsi verso soluzioni personalizzate o standard. Le prime permettono appunto lo sviluppo di una piattaforma aderente a tutte le esigenze del business ma richiedono elevate capacità interne, certificazioni e manutenzioni successive onerose, oltre che necessità di training, obsolescenza e defocalizzazione rispetto agli obiettivi di business. Al contrario, le soluzioni standard/package garantiscono la copertura nativa di processi e funzionalità standard di mercato, comuni alle aziende con operationns di Field Service, con necessità di compromessi (ogni cliente ha i suoi 3-4 “top of mind”) Si rileva inoltre un minore time to market, sia nel deploy che in esercizio con il mantenimento del focus sul proprio business. Unica pecca sono i costi per le licenze (mitigabili da soluzioni in cloud) e per i partner certificati scelti al fine della realizzazione progettuale.

Ma a che punto sono le imprese italiane? Lo è stato chiesto a 35 aziende nel corso di un recente evento organizzato da Deloitte DIgital e ServiceMax a Milano. È emerso che il 67% ha già investito in tecnologia per il Field Serivice, mentre il 95% è intenzionata a destinare budget nei prossimi 15-18 mesi. Di seguito altri interessanti risultati.