Agevolare le procedure di adozione dell’accordo transatlantico Usa-Ue per la protezione dei dati personali è la soluzione allo stop di Google Analytics. Lo afferma Aicel.

stop di Google Analytics

Alcuni giorni fa, la Corte di Giustizia Europea del 2020 ha posto fine agli accordi sul trasferimento dati fra gli USA e l’Europa, ribadendo l’illecito utilizzo di Google Analytics e in generale dei servizi di società americane. A due anni dalla sentenza Schrems II, che di fatto ha invalidato il ricorso ai sistemi americani sui quali si basavano le più avanzate politiche di marketing, di conservazione dei dati, di invio della posta elettronica, di creazione di siti web ed e-commerce, non si è lavorato per favorire le condizioni affinché l’Europa potesse produrre ed erogare dei sistemi tecnologici di pari performance. Come le aziende possono rispondere allo stop di Google Analytics?

L’avvocato Manuela Borgese, vicepresidente di Aicel (Associazione italiana commercio elettronico) e legale specializzato in privacy e nuove tecnologie, ha così commentato: “Per molte imprese italiane dotate di siti web e per l’intero sistema di advertising online, che era giunto negli ultimi anni a un livello di sofisticazione elevata, lo stop di Google Analytics riporta le aziende ad un livello di approssimazione fermo a dieci anni fa. Non solo: i costi per attività di promozione basate su contenuti personalizzati in base alle preferenze degli utenti saranno triplicati in seguito alla decisione del Garante italiano della privacy. L’impossibilità di ricorrere a tali strumenti, così fondamentali per le politiche di marketing, comporta una serie di gravi conseguenze, tecnicamente insostenibili soprattutto in una fase in cui il settore economico è già fortemente provato. Se l’Europa vuole affermare la propria supremazia economica, in chiave concorrenziale sul piano mondiale”, prosegue l’avv. Manuela Borgese: “non può limitarsi all’aspetto normativo ma deve creare delle reali condizioni di sviluppo nel campo tecnologico e dei servizi, sostenendo gli operatori e creando delle condizioni di vantaggio. Ovviamente questo deve avvenire sia sul piano dello sviluppo sia su quello della concorrenza internazionale. Infatti, le principali linee di sviluppo economico impostate dal MAECI e attuate da ICE si basano su politiche di internazionalizzazione e promozione del made in Italy sul mercato globale, con ingenti investimenti e sovvenzioni statali. Per tali finalità gli strumenti di digital marketing più sofisticati sono essenziali e strategici in uno scenario estremamente esteso, sia geograficamente sia rispetto alla condensazione degli operatori. Privare gli operatori commerciali di questi strumenti si traduce in uno squilibrio concorrenziale rispetto a chi, invece, dispone di tali scorciatoie”.

Dunque”, conclude l’avv. Manuela Borgese, “oggi la soluzione può essere solo ed esclusivamente di natura politica. Al fine di scongiurare i rischi segnalati e per sbloccare l’operatività dei fornitori, stante l’assenza di alternative, è fondamentale che vengano agevolate le procedure di adozione del già annunciato nuovo accordo transatlantico Usa-Ue per la protezione dei dati personali”.