Perché l’industria del Digital Advertising deve focalizzarsi sull’ottimizzazione della catena del valore

Addressability: come avere successo nel digital advertising - digital advertising

Lo studio ‘Programmatic Supply Chain Transparency’ di ISBA ha stimolato il settore del digital advertising a fare fronte comune per attuare pratiche volte ad aumentare la trasparenza lato domanda e offerta. Per come è stato concepito, il report non ha definito e uniformato gli standard di acquisto, la misurazione e il valore nel programmatic – ha messo piuttosto a disposizione dell’industria un’utile piattaforma da cui partire, evidenziando come la SPO (supply path optimization) e la DPO (demand path optimization) sono ora onnipresenti, a testimonianza che si sta procedendo nella giusta direzione, ma c’è ancora da fare per migliorare la comprensione non solo del pricing, ma anche del valore dei media.

È ora che tutte le parti interessate si uniscano e creino una catena del valore dei media responsabile che integri qualità dei contenuti, trasparenza e responsabilità dei dati fin dall’inizio – una supply chain valida per i consumatori e per il business. Stiamo per assistere alla prossima rivoluzione tecnologica che inizia e finisce con trasparenza e valore.

Definire e misurare trasparenza e valore

Oscar Wilde definì il cinico come qualcuno che “conosce il prezzo di tutto e il valore di niente” – descrizione particolarmente adatta nel contesto odierno dell’industria della pubblicità digitale. L’ostacolo da affrontare è la creazione di una trasparenza reale, perché senza di essa non si può definire il valore o creare fiducia.

La sfida è rappresentata dal fatto che la trasparenza assume significati diversi a seconda delle persone, e si evolve nel tempo. Standard di settore quali il Gold Standard di IAB UK e iniziative open-source come Prebid.js sono solo due esempi di progetti pensati per dare vita a un marketplace aperto, collaborativo e ispezionabile.

Allo stato attuale, dobbiamo concentrarci sullo sviluppo di un modo coerente per misurare e comunicare come gli investimenti vengono allocati lungo tutta la catena di fornitura. A tal fine saranno richiesti impegno e collaborazione sia lato acquisto che lato domanda. Ci vorranno investimenti, risorse e tempo – ma non possiamo perdere di vista il fatto che l’obiettivo finale è quello di riguadagnare la fiducia, che andrà a beneficio di tutti.

Con la conoscenza che abbiamo oggi, dobbiamo fare evolvere la SPO (supply path optimization) e la DPO (demand path optimisation) per guardare al valore che ogni transazione fornisce a tutte le parti della catena, incrementando così la fiducia nel programmatic come meccanismo di acquisto, nei suoi vendor e canali emergenti – specialmente in-app e Connected TV (CTV).

La sfida della misurazione del valore è data dal fatto che non tutti lo definiscono allo stesso modo ed è quasi impossibile trovare una descrizione che vada bene per tutti, dagli editori alle aziende di ad tech, fino alle agenzie e ai brand. Quello che dobbiamo fare è creare un quadro all’interno del quale la SPO e la DPO possano essere utilizzate come strumenti di business intelligence trasponibili su qualsiasi calcolo di valore. Ciò significa che gli editori possono usare i dati delle SPO e DPO, per esempio, per misurare il rendimento o la crescita degli abbonati. I brand per le vendite o la fidelizzazione dei clienti, e le agenzie per l’efficacia della pubblicità.

Prossimi step

Misurare e allineare il valore in tutta la catena del programmatic è, al momento, impossibile, ma possiamo fare di più.

Prima di tutto, deve esserci collaborazione tra tutte le parti coinvolte, oltre a un obiettivo concordato. Poi, occorre assicurarsi che le soluzioni sviluppate vadano bene per tutti, non solo per chi ha “più voce in capitolo”, budget e risorse maggiori.

Le nuove strade create devono essere targettizzabili e fornire una comunanza tra tutti i canali – e, per quanto possibile, soddisfare le esigenze di quelli emergenti. Ci deve essere anche una vera responsabilità nel fornire e dimostrare il valore – e una tassonomia standardizzata e un processo di unificazione dei dati. Nello sviluppo di nuove modalità di raggruppamento di questi ultimi, dobbiamo anche concentrarci sulla creazione di strumenti che ci permettano di comprenderli e fornire approfondimenti automatici e capacità di ottimizzazione.

Da qui è possibile evolvere ulteriormente e guardare il valore di ogni segmento di audience, non solo ogni anello della catena consentendo a editori e media buyer di avere maggiori opportunità per ottimizzare le campagne e migliorare i loro rispettivi obiettivi.

Se riusciamo a ottenere la giusta ottimizzazione della catena del valore, faremo ulteriori progressi nella competizione con i walled garden, facendo in modo che un internet aperto di “alta qualità” sia disponibile per tutti. Con la scomparsa del cookie nel 2023, ci aspettiamo molta innovazione in fase di misurazione ma, a differenza di un decennio fa, sarà applicata con maggiore comprensione e conoscenza su come ricavare il massimo dalla pubblicità digitale. Se operiamo nel modo giusto, abbandonando le relazioni individuali per quelle di settore, con la trasparenza a rappresentare il nostro vero elemento di differenziazione rispetto ai walled garden, i consumatori e gli editori vedranno un vero cambiamento nel valore che ottengono dagli inserzionisti. Per i primi si tratterà di annunci più rilevanti, informativi e graditi, mentre i secondi beneficeranno di monetizzazione e user experience migliori, nonché audience targettizzabili più ampie.

A cura di Cristian Coccia, Regional Vice President, Southern Europe and MENA di PubMatic