Se il contagio da COVID-19 avviene in azienda, è un infortunio sul lavoro, con conseguenze penali. Consigli pratici per proteggere i lavoratori

Inizia la “fase 2”. Le aziende riaprono, gradualmente, ma il rischio contagio da Covid-19 resta. Solo un approccio prudenziale e sistematico potrà impedire un nuovo lock-down generale o, più semplicemente, il rischio di una forzata sospensione dell’attività nella propria azienda.

Parlando con chi si occupa di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, abituato da tempo alla valutazione dei singoli rischi ed all’applicazione di azioni preventive, emerge una situazione molto favorevole, purché non si abbassi la guardia.

Il tema verrà approfondito il 19 maggio, alle 14.30 nel corso del webinar “Covid-19 e uso dei termoscanner. Non abbassiamo la guardia!

Il contagio è un infortunio

Il contagio da COVID-19 rientra nella categoria degli infortuni sul lavoro: “la causa virulenta è equiparata a quella violenta“, si legge dalla circolare INAIL n. 13 del 3 Aprile 2020.

Certo, non vi è alcun automatismo nel qualificare ogni contagio come infortunio sul lavoro, ma su questo l’INAIL si è espressa con sufficiente chiarezza:

  • per gli operatori ad alto rischio (segnatamente, gli operatori sanitari) prevale la presunzione semplice di origine professionale, estesa agli ausiliari sanitari, operatori di front-office, addetti alle vendite da banco.
  • per altre professioni, la presunzione è opposta, pertanto sarà necessario un accertamento medico-legale sulle cause del contagio, con le procedure ordinarie, valutando i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
Quali le conseguenze?

Quali sono le conseguenze dell’eventuale identificazione del contagio da COVID-19 come infortunio sul lavoro?

Sicuramente il datore di lavoro può essere responsabile, anche penalmente, di un infortunio, se non dimostra di aver adottato le misure di prevenzione, la valutazione corretta del rischio, la formazione ed il controllo.

Inoltre dando per scontato che, in generale, la tutela della salute delle persone sia obiettivo primario ed imprescindibile, vediamo anche degli aspetti pratici.

L’imprenditore deve, principalmente, prendere coscienza della circostanza che il rischio esista. Quindi, quotidianamente, dovrà affrontare l’eventualità che i suoi dipendenti possano essere collocati in quarantena. Ma, pure, che il contagio possa diffondersi rapidamente negli ambienti di lavoro dell’azienda. Quindi, l’imprenditore deve partire dal presupposto che l’attività dell’azienda, appena ripresa con l’inizio della Fase 2, possa di nuovo interrompersi o sia costretta ad un fermo, parziale o totale, nel caso in cui si verifichi internamente una diffusione del contagio.

Valutazione dei rischi, non burocrazia

L’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, il dialogo costante con il medico competente e con il servizio di prevenzione e protezione (interno o esterno), l’adozione di protocolli e di dispositivi, quindi, non sono più un mero “adeguamento alla normativa”. Ma diventano azioni indispensabili di livello strategico-aziendale.

Soffermiamoci sul protocollo di prevenzione. Non è da considerarsi un adempimento formale, ma un vero e proprio documento strategico. Ecco le nostre prime indicazioni.

  • Il protocollo deve essere chiaro, comprensibile ai lavoratori, strutturato in sezioni ed argomenti che ne permettano una lettura guidata ed efficace;
  • Deve essere spiegato, distribuito, esposto a tutte le persone che interagiscono con la nostra organizzazione: dipendenti, ma anche fornitori o visitatori in genere;
  • Deve contenere le istruzioni per l’utilizzo degli strumenti di protezione, eventuale rilevamento della temperatura corporea, garantendo quindi l’efficacia degli strumenti stessi;
  • Deve prevedere che i dati delle persone siano tutelati e protetti (il GDPR ed il Codice della Privacy non sono sospesi);
  • Deve contemplare tutti gli ambiti di lavoro: in sede, in mobilità, in smartworking ed in telelavoro;
  • Deve prevedere dei piani temporali di attivazione graduale delle attività;
  • Deve essere concretamente applicabile: quindi ogni indicazione, obbligo o processo deve essere valutato ed adattato alla propria realtà;
  • Deve essere costantemente aggiornato, perché può essere modificato in funzione delle necessità che emergono durante la sua applicazione.
Smartworking contro il virus

Parlando di strategie aziendali e Covid-19, non possiamo infine trascurare l’adozione delle forme di lavoro agile (smartworking) in tutte le situazioni in cui esso sia applicabile e possibile.

Mai come ora questa moderna modalità di lavoro risulta strategica, ma vale la pena di renderla strategica in modo strutturale per l’impresa, anche per il post-emergenza.

Se, ad oggi, il primo vantaggio del lavoro agile è quello di contenere il numero di presenze in azienda ai fini di ridurre il rischio di contagio, nella sua natura ordinaria lo smartworking si inserisce nelle scelte strategiche aziendali finalizzate all’efficienza, alla dinamicità, alla flessibilità ed al welfare.

E’ quindi il momento giusto per andare oltre, per trasformare la reazione al momento di emergenza in piano più ampio di sviluppo.

La parola chiave è “compliance”: l’armonizzazione di modelli organizzativi, processi, regole, obiettivi, in un sistema virtuoso, nel quale c’è anche posto per una gestione consapevole dell’emergenza e del post-emergenza.

a cura di Lodovico Mabini e Marco Longoni – LMTeam

Per approfondire il tema partecipa al webinar gratuito “Covid-19 e uso dei termoscanner. Non abbassiamo la guardia!“, in programma il 19 maggio, alle 14.30.