Data Warehouse, Data Lake, Lake House ed altri sistemi cloud sono stati essenziali nel 2021, tanto da essere indicati come una delle iniziative principali (48% del campione) e caso d’uso ideale (57%). Il cloud ibrido continua a essere il modello di sviluppo preferito, confermando quanto emerso anche dai risultati della ricerca nel 2020. Tuttavia, quest’anno il divario tra cloud ibrido e privato è estremamente più ampio, con il cloud ibrido scelto da quasi il doppio degli intervistati (37,5%) rispetto a quello pubblico (20%), a dimostrazione del fatto che nel 2022 il cloud ibrido non è tanto una “scelta”, quanto una “necessità”. Le aziende, infatti, non hanno ancora completamente abbandonato i sistemi on-premise, pur avendo incrementato la presenza sul cloud. In realtà, le organizzazioni hanno ottime ragioni per sfruttare questo stile di implementazione ibrido, come per esempio il rispetto delle normative, che potrebbe spiegare perché non stanno abbandonando del tutto i sistemi on-premise a fronte dei cambiamenti tecnologici in atto.
Quasi quattro intervistati su cinque (79%) hanno citato le complessità legate a integrazione, accessibilità e gestione di diversi formati di dati come il primo ostacolo per diventare un’azienda data-driven, seguite dalla mancanza di capacità analitiche e di risorse per trasformare i dati grezzi in informazioni rilevanti (62%). Anche i data scientist hanno riscontrato difficoltà, citando spesso il fatto di dover trascorrere più tempo a trovare, rendere accessibili e preparare i dati piuttosto che ad analizzarli concretamente. Infatti, più di due su cinque (44%) si sono detti incapaci di trovare, accedere e analizzare metà o addirittura una quantità superiore di dati dopo aver adottato tecnologie cloud, e solo il 17% ha dichiarato di riuscire a utilizzare il 75% o più dei dati a disposizione.
Anche il ruolo dell’IT è cambiato nel percorso di modernizzazione del cloud. Nel 2020, l’attenzione degli esperti era rivolta alla scelta del giusto cloud provider e alla gestione della migrazione. Tuttavia, nel 2021 i professionisti IT si sono concentrati maggiormente sul ricevere l’adeguata formazione per far fare un salto di livello al cloud della propria azienda (31,3%), continuando comunque a dare importanza anche ad altre attività come la selezione del provider e l’organizzazione della migrazione. Le aziende ormai utilizzano la tecnologia cloud per diversi casi d’uso, tra cui i più frequenti sono sicuramente i report e le dashboard, la BI in modalità self-service e l’analisi ad-hoc. Tuttavia, gli intervistati prevedono un cambiamento che va nella direzione della virtualizzazione, preparazione, qualità e fusione dei dati, in futuro.
Questi casi d’uso forniscono un quadro completo di come molte organizzazioni si pongono rispetto al loro cloud journey. Innanzitutto, riflettono il fatto che gli stakeholder all’interno delle aziende sono pronti a fare un uso migliore dei loro dati, inoltre, dimostrano che ora le aziende stanno cercando di massimizzare i loro sistemi cloud attraverso repository di dati cloud-based. Dopo aver migrato sul cloud carichi di lavoro essenziali, il passo successivo per molte organizzazioni è trovare un posto in cui archiviare i nuovi dati che inizieranno ad acquisire. I moderni approcci alla gestione dei dati, come il logical data fabric, permettono alle aziende di supportare i sistemi legacy per far sì che lavorino unitamente ai sistemi cloud.
“Gli utenti continuano a esprimere la necessità di avere a disposizione dati in tempo reale, dunque non ci sorprende che la disponibilità, includendo anche l’integrazione, la gestione e l’analisi dei dati in cloud, non sia soltanto un elemento gradito ma un bisogno essenziale per diventare davvero un’azienda data-driven,” ha dichiarato Ravi Shankar, Senior Vice President e Chief Marketing Officer di Denodo. “Questo avviene in ogni tipo di configurazione, ma la verità è che la maggior parte delle organizzazioni non riesce a trovare, accedere e analizzare la metà o più dei suoi dati dopo aver adottato tecnologie cloud. Potrebbe essere questo il motivo per il quale la stragrande maggioranza delle organizzazioni (93%) ha dichiarato che utilizza già, sta valutando o considerando di sfruttare maggiormente l’integrazione, la gestione e l’analisi dei dati basate su cloud, includendo anche tecnologie potenti come la virtualizzazione dei dati o il logical data fabric, in modo tale da fornire un accesso senza interruzioni e in tempo reale ai sistemi sia in cloud che on-premise.”
Per quanto riguarda invece la scelta dei fornitori di servizi cloud, Microsoft Azure e Amazon Web Services (AWS) continuano a dominare il mercato con ampi margini, tuttavia, quest’anno AWS (44,6%) ha superato di gran lunga Azure (26,2%) dopo che quest’ultimo era stato in testa per ben due anni consecutivi. Google Cloud Platform (GCP) è risultata la terza piattaforma più popolare (8%), secondo quanto emerso dalla ricerca. Di contro, Alibaba ha registrato una crescita dall’1,4% nel 2021 al 3,6% quest’anno.