Per chi intende violare un sistema informativo, il primo tentativo è quello di impossessarsi delle password. Una metodologia che, nel tempo è divenuta meno facile, sia perché gli utenti hanno imparato a difendersi dal cosiddetto phishing, sia perché i sistemi informativi bloccano gli attacchi brute force, ovvero quelli che tentano di scoprire una password procedendo per tentativi. Dopo una serie di tentativi falliti, infatti, l’account viene bloccato e l’attaccante non può procedere oltre. Ma gli hacker non si sono certo arresi ed hanno messo in atto una nuova modalità di attacco: il password spraying.
Come funziona il password spraying
Il metodo adottato dagli attaccanti è tanto “semplice” quanto geniale. Anziché cercare la password di un account, infatti, cercano l’account che si adatta ad una password. Tutto questo, però, non è un gioco di parole, ma una tecnica sofisticata, che parte dal furto di una password, anche semplice, utilizzata per autenticarsi ad un servizio disponibile sul web.
Una volta in possesso della password, gli hacker provano ad utilizzarla per autenticarsi su un qualunque account degli utenti di un’organizzazione. La maggior parte dei sistemi di protezione, infatti, è stata progettata per bloccare gli account dopo alcuni accessi non riusciti. Ma se l’aggressore cambia i nomi utente, dopo una serie di tentativi troverà il nome utente che si adatta a una password. Un singolo accesso non riuscito ad un account, infatti, viene interpretato dai sistemi di protezione come un errore di digitazione e, quindi, non attiva particolari difese.
Una volta che l’attaccante è riuscito ad associare nome utente e password, può accedere a tutte le risorse di quell’utente specifico: dagli elenchi dei clienti al database.
Ancora più pericoloso è quanto accade nel momento in cui l’hacker entra in possesso delle credenziali di un accesso privilegiato. A questo punto, infatti, può modificare, danneggiare o eliminare definitivamente il database di servizi di dominio Active Directory e, per estensione, tutti i sistemi e gli account gestiti da Active Directory“.
Come difendersi dal password spraying?
Per difendersi da questo attacco e dalle decine di violazioni che, ogni giorno, investono i sistemi informativi e esistono una serie di pratiche concrete per la messa in sicurezza di Active Directory & Azure AD.
Pratiche di cui parleremo il prossimo 17 dicembre, dalle 15 alle 16 nel corso del webinar gratuito “Active Directory è nel mirino dei criminali informatici: sei pronto a proteggerla?” Un evento nel corso del quale capiremo quali sono le più recenti modalità di attacco e, in particolare, quali strategie e strumenti predisporre per contrastare i cyberattacchi e mitigare il rischio per il business.
In particolare, come ci hanno anticipato i relatori della giornata Alessio Lo Turco, Strategic Systems Consultant di Quest e Maurizio Ostinet, Solutions Architect, EMEA di One Identity, sarebbe necessario adottare password adeguatamente complesse. Ma questa pratica non è gradita agli utenti finali e, per tale ragione, occorre adottare software in grado di far rispettare le regole di composizione, ma anche di creare password differenti per i singoli accessi, limitando così gli effetti di un attacco in grado di superare le prime difese.
Inoltre, attraverso un servizio di verifica delle credenziali, è possibile chiedere conferma prima di modificare una password, impedendo all’hacker di cambiare le credenziali all’insaputa del legittimo proprietario.
Un livello superiore è quello legato a token fisici o virtuali, grazie ai quali gli accessi più strategici godono di un ulteriore livello di protezione.
Come funzionano queste soluzioni?
Il funzionamento di queste e altre soluzioni verrà mostrato, con una demo reale, nel corso del webinar “Active Directory è nel mirino dei criminali informatici: sei pronto a proteggerla?” del prossimo 17 dicembre.
La partecipazione al webinar è gratuita, previa registrazione a questo link.
In attesa del webinar, è possibile ricevere un approfondimento sul password spraying scaricando gratuitamente il white paper “Hacking Active Directory – Security lesson from a Penetration Test”