L’inazione contro il cambiamento climatico potrebbe costare all’economia globale 178 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni. Nel 2070 la perdita media annua del Pil si assesterebbe sul -7,6%, rispetto a uno scenario non affetto dal cambiamento climatico. Al contrario, accelerando rapidamente il processo di decarbonizzazione, l’economia globale potrebbe guadagnare 43 trilioni di dollari nei prossimi cinque decenni. È quanto emerge dal report Global Turning Point Report 2022 di Deloitte.
“Un cambiamento negli stili di vita, di consumo e di produzione”, – afferma Stefano Pareglio, Independent Senior Advisor di Deloitte (nella foto a fianco) – “unito a un riorientamento dei flussi di capitale e a un ricorso massiccio alle nuove tecnologie, sono elementi fondamentali per mantenere l’aumento della temperatura media terrestre entro 1,5°C a fine secolo, traguardo ancora raggiungibile se agiamo con determinazione fin da ora. Finanza e tecnologia rappresentano, infatti, leve decisive per sostenere un cambiamento duraturo e diffuso, che rappresenterebbe anche una straordinaria occasione di crescita economica e di sviluppo per nuove industrie e aree del pianeta”.
“Siamo tutti chiamati ad agire, a tutti i livelli: governi, istituzioni, imprese, società civile e singoli cittadini” – commenta Franco Amelio, Deloitte Sustainability Leader. “Il Global Turning Point Report 2022 di Deloitte sottolinea come l’inazione nei confronti del cambiamento climatico possa portare a perdite economiche oggi ancora evitabili e come invece, al contrario, un rapido processo di decarbonizzazione porterebbe a un guadagno globale di circa 43 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni. Guardando in particolare al mondo delle imprese, quelli che all’inizio possono apparire come costi, per esempio in nuove tecnologie, si tradurranno infatti in benefici economici nel medio periodo, con impatti positivi che andranno ben oltre il perimetro dell’organizzazione stessa”.
Secondo il report, sono quattro gli elementi chiave su cui agire per favorire la decarbonizzazione a livello globale:
- la collaborazione tra settore pubblico e privato, per la costruzione di politiche efficaci volte a guidare il cambiamento;
- investimenti da parte delle imprese e dei governi, per promuovere cambiamenti strutturali nell’economia globale tali da privilegiare le industrie a basse emissioni e accelerare la transizione verde;
- l’impegno, in ogni area geografica, a gestire i rispettivi “turning points”, ossia il momento in cui i benefici della transizione verso la neutralità carbonica superano i corrispondenti costi, guidando così una crescita regionale positiva;
- sulla base del relativo turning point, i sistemi economici e sociali locali devono promuovere un futuro più sostenibile, ovvero un’economia decarbonizzata in grado di crescere a tassi maggiori rispetto a una equivalente economia carbon-intensive.
I messaggi chiave del Global Turning Point Report di Deloitte sono allineati con le evidenze del VI Assessment Report – WG II dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che sottolinea come un ritardo nell’azione di mitigazione delle emissioni climalteranti metta a rischio il futuro dell’uomo e del pianeta. Il costante aumento della temperatura media terrestre e il livello attuale e prospettico delle emissioni antropiche impongono così urgenti azioni di adattamento, le quali però, superata la soglia di 2°C, oltre a divenire assai più costose, perderebbero anche drasticamente efficacia.
Il Mediterraneo poi è considerato un vero e proprio “hotspot” del cambiamento climatico: si è riscaldato e continuerà a riscaldarsi più della media mondiale. Già oggi la temperatura media è di +1,5°C rispetto al livello preindustriale, contro una media globale di +1.1°C. Guardando all’Italia, con uno scenario di riscaldamento globale di circa 3°C si verrebbero a verificare enormi danni in termini economici, ambientali e per la salute umana. Nei prossimi 50 anni – secondo il Report di Deloitte Italy’s Turning Point – Accelerating New Growth On The Path To Net Zero 2021 – tale scenario potrebbe costare circa 115 miliardi al 2070, l’equivalente di una caduta del 3,2% del PIL al 2070. La risorsa “acqua” è, e sarà secondo Deloitte, la più critica nell’area mediterranea, come purtroppo testimonia la siccità che ha caratterizzato i primi mesi del 2022 nel nostro Paese.