Per offrire una customer experience di alta qualità, le aziende devono monitorare costantemente le performance dei propri chatbot per garantirne il funzionamento adeguato

Un sondaggio condotto da Gartner stima che i chatbot diventeranno il principale canale di assistenza clienti per circa il 25% delle organizzazioni entro il 2027. Infatti i chatbot sono diventati un elemento fondamentale per offrire ai clienti un servizio di alta qualità e forniscono alle aziende numerosi vantaggi, dall’assistenza in tempo reale all’ottimizzazione dei team di customer support, che possono dedicarsi a compiti più complessi.

In poco tempo i chatbot hanno percorso una lunga strada

L’intelligenza artificiale e il machine learning hanno migliorato ulteriormente questa tecnologia, permettendo alle aziende di semplificare le attività di routine e consentire ai dipendenti di dedicarsi a compiti più strategici per il business. Secondo Infobip, per implementare e valutare efficacemente le prestazioni dei chatbot, i responsabili di Customer Service and Support (CSS) devono definire una strategia adeguata di deployment basata sui casi d’uso e sulla complessità delle interazioni di servizio.

“La crescita dei chatbot è un cambiamento significativo nel modo in cui i brand interagiscono con i clienti. Grazie alle recenti capacità di intelligenza artificiale e di elaborazione del linguaggio naturale, i chatbot possono offrire una customer experience comoda e personalizzata con tempi di attesa ridotti, oltre alla possibilità di fornire tempestivamente un’elaborazione di alta qualità delle richieste di nuovi prodotti o servizi. Ciò significa che i clienti possono conversare con l’intelligenza artificiale, che può fornire raccomandazioni altamente personalizzate in base al comportamento del cliente o ai dati forniti”, ha dichiarato Vittorio D’Alessio, Country Manager Italy di Infobip.

Aspettative verso i chatbot

Oggi nella maggior parte dei casi, i dirigenti aziendali hanno aspettative diverse nei confronti di un chatbot basato sull’IA:

  • a volte le richieste si limitano a voler costruire la logica del bot e a predefinire gli scenari di risposta in base al contesto della richiesta dell’utente,
  • altre volte le organizzazioni si aspettano che, caricando sul bot i registri delle informazioni sui clienti, questo sia in grado ad esempio di effettuare vendite senza coinvolgere il team sales.

Nel primo scenario si parla di una logica predefinita di comportamento del chatbot, quindi della sua capacità di comprendere l’intento del cliente tramite parole chiave. La richiesta di un cliente contiene, infatti, diverse parole chiave, a volte anche con errori ortografici o in una forma poco usuale, ma il bot riesce a capire se il cliente è interessato a un determinato prodotto, sta cercando gli orari di apertura della filiale più vicina o vuole informazioni sulla garanzia. In questo caso non è necessaria un’intelligenza particolare, si tratta di un’implementazione semplice, veloce e soprattutto prevedibile.

Il passo successivo nell’evoluzione dei bot è rappresentato dalle competenze AI. La differenza fondamentale è che l’azienda fornisce al bot una base di conoscenze (il cosiddetto dataset), che il bot imparerà e sarà in grado di sintetizzare le risposte da solo. Inoltre, se il bot coglie una discrepanza nelle descrizioni di prodotti o servizi o, al contrario, vede variazioni nelle condizioni (ad esempio di prestito bancario, assicurativo o promozionale), il bot basato sull’AI sarà in grado di sintetizzare una risposta che non era presente nel dataset originale: ad esempio, dirà che non può fornire il prezzo esatto del prodotto o servizio richiesto perché dipende da molti fattori, li elencherà e offrirà di contattare il servizio di assistenza.

“I chatbot possono simulare l’interazione con un operatore, possono essere addestrati a comprendere e comunicare con emoji e gif, identificare lo slang regionale e comunicare di conseguenza. Inoltre, possono analizzare i dati dei clienti per fornire consulenze esperte istantanee. Tutti questi compiti però devono essere supportato da operatori umani, che si occuperanno di addestrare e supervisionare i chatbot per migliorarne costantemente le capacità conversazionali. Inoltre, gli operatori potranno concentrarsi su questioni complesse e interverranno quando i clienti richiederanno attenzione specializzata o dovranno affrontare situazioni sensibili che richiedono giudizio umano, intelligenza emotiva o pensiero critico”, ha concluso D’Alessio.

In conclusione, organizzazioni e brand dovranno monitorare e misurare costantemente le performance dei propri chatbot per garantire che stiano funzionando con precisione, coerenza e all’interno dei limiti etici degli scambi che avvengono sui vari canali. Ciò significa monitorare alcune metriche, come ad esempio i tempi di risposta, i tassi di soddisfazione del cliente e i tassi di conversione, apportando eventuali aggiustamenti necessari per migliorare le performance.