A causa della trasformazione digitale in atto, entro la fine del 2021 il 60% delle aziende sfrutterà tecnologia cloud native mentre il 25% diventerà serverless.

cloud native

Il Cloud Native è il risultato di una modernizzazione inevitabile alla quale anche l’Italia dovrà adeguarsi e che può aprire spazi di mercato prima impensabili, grazie ad una rivoluzione delle modalità di lavoro e dei tempi di processo”, spiega Marco Giacomassi di SparkFabrik, Tech Company specializzata in progetti Cloud Native, sistemi e infrastrutture cloud attraverso le più recenti tecniche DevOps.

Con la prossima attuazione del PNRR sono diverse le sfide che attendono l’industria italiana. Uno dei pilastri del piano del MISE infatti è una decisa accelerazione del percorso di digitalizzazione di aziende e PMI, reso ormai sempre più necessario dai cambiamenti in atto nel mercato e nella società. In particolare, l’obiettivo è quello di supportare le imprese nell’investire in modo considerevole in sistemi e piattaforme che portino concrete innovazioni, in ricerca e sviluppo, in tecnologie green e safe, in attività di design, di innovazione e di prodotto, oltre a quello di promuovere ogni attività di aggiornamento professionale 4.0. Il supporto è rivolto soprattutto alle PMI che devono integrare un approccio data driven al fine di arrivare su nuovi mercati in modo realmente concorrenziale.

Proprio la tecnologia Cloud Native, entro la fine del 2021, dovrebbe vedere un picco importante di crescita di adozione, in quanto sarà al centro delle principali strategie di trasformazione digitale. Il rapporto sul cloud computing di ForresterNow 2021 prevede ad esempio che, entro la fine dell’anno, il 60% delle aziende sfrutterà i container nei cloud pubblici, mentre il 25% diventerà serverless.

Secondo le previsioni di Gartner invece, entro il 2022 oltre il 75% delle organizzazioni globali produrrà applicazioni containerizzate, rispetto a meno del 30% di oggi. Finora, infatti, la diffusione dei container era registrata per lo più in ambienti di test e sviluppo. Inoltre, si prevede che fino al 15% delle applicazioni aziendali (per lo più custom da modernizzare) sarà containerizzato entro il 2024, rispetto a meno del 5% nel 2020, ostacolato da applicativi obsoleti, debito tecnico e vincoli di budget. Si tratta di indicazioni che rafforzano l’appeal delle architetture cloud-native strettamente correlate al container management.

Secondo IDC, infatti, l’adozione del cloud ha raggiunto i massimi storici (ad oggi) nel 2020 grazie alla crescita del lavoro da remoto (+20% nella prima metà del 2020 rispetto alla prima metà del 2019) che è stato un altro degli elementi che di fatto ha evidenziato come le legacy obsolete non siano più sostenibili.

Come entra quindi in gioco il Cloud Native in questo scenario? Si tratta del pillar portante della Trasformazione (o Transizione, a seconda dell’ottica che si vuole adottare).

Pensiamo al mondo della produzione, per esempio. È il momento in cui diventa possibile valorizzare un Cloud Manufacturing reale, del quale di parla ormai da anni, ma che solo in pochi casi virtuosi ha visto una messa a terra concreta, che consenta all’azienda accessibilità agli applicativi di gestione da remoto e con qualsiasi device, garantendo la massima sicurezza e l’integrità dei dati”, spiega Marco Giacomassi.

Si tratta in particolare di sistemi di gestione della supply chain, di macchine interconnesse, di piattaforme evolute come il MES in Cloud, di sensoristica IoT e IIoT, di PLC, ma anche di telemanutenzione, telediagnosi, controllo in remoto (es. SCADA), digital twins, tutto già esistente ma che verrebbe potenziato dalla scalabilità e dall’accessibilità proprie delle soluzioni più moderne, come Cloud e relativi business model (es. SaaS), già mature in altri settori e meno diffuse in ambito manifatturiero.

Predisporre questo tipo di azienda in Cloud con la potenza del Cloud Native significa aprire spazi di mercato impensabili prima, grazie ad una rivoluzione delle modalità di lavoro e dei tempi di processo. Ma c’è di più: il Cloud Computing, se esteso all’azienda nella sua interezza come tool abilitante dell’innovazione, assume un valore strategico-organizzativo enorme perché stimola la trasformazione e la crescita”, prosegue Marco Giacomassi.

Un discorso che rimane comunque valido per altri settori industriali. Uno degli aspetti più potenti del Cloud Native è la possibilità di modernizzare l’ecosistema applicativo esistente in un’azienda senza doverlo per forza sviluppare completamente da zero, per renderlo più pronto ai repentini cambiamenti di mercato, che impattano sulle logiche di produzione.

Modernizzare può essere la chiave di volta soprattutto per le PMI che devono fare i conti con risorse scarse o estremamente misurate: avventurarsi in un rifacimento totale di un’applicazione o di servizio funzionante è rischioso, mentre i vantaggi dell’approccio Cloud-Native possono essere implementati gradualmente con step confinati e mirati che permettono all’applicazione di uscire dalla sua obsolescenza e ritornando ad essere competitiva nel mercato moderno, grazie alla scalabilità e alla resilienza acquisite.

I benefici per l’azienda nello scegliere un’applicazione Cloud Native
Perché adottare un’applicazione cloud native? I benefici sono diversi e garantiscono un impatto positivo importante su diversi livelli interni dell’azienda.

  • Possono disporre di applicazioni ottimizzate per ambienti ibridi e Multi Cloud, garantendo agli utenti servizi più efficaci e una migliore user experience;
  • Si accelerano il time-to-market e i ritorni sulle attività di sviluppo (grazie alle pratiche DevOps). I rilasci frequenti permettono agli utilizzatori di beneficiare immediatamente dei miglioramenti apportati all’applicazione, senza dovere attendere mesi per il rilascio definitivo. Molto spesso infatti per progettare un applicativo o finalizzare una modifica richiesta possono occorrere mesi, con il rischio che nel frattempo le esigenze del mercato siano cambiate;
  • La progettazione Cloud Native è a prova di futuro: la scalabilità e la portabilità delle applicazioni moderne permette un utilizzo ottimale nel tempo, indipendentemente dall’evoluzione dell’infrastruttura sottostante;
  • Si possono abbattere rapidamente i costi di gestione e infrastruttura (se l’architettura è a regola d’arte) attraverso una modernizzazione delle applicazioni legacy che spesso hanno associati notevoli costi gestionali e manutentivi di infrastrutture on-premise;
  • La trasformazione può essere affrontata gradualmente e in ottica di “recupero virtuoso”: non è necessario disfarsi del legacy esistente, che magari ancora funziona e che avrebbe solo bisogno di essere svecchiato (in termini di usability, di architettura, di performance) ma lo si può modernizzare. Si tratta di un approccio proprio della tecnologia Cloud Native.

La situazione in Italia
Secondo gli studi dell’Osservatorio di Cloud Transformation del Politecnico di Milano, i nuovi improvvisi scenari derivati dalla pandemia hanno spinto le PMI all’adozione del Cloud, si tratta del +42% nel 2020 contro il 30% registrato nel 2019, per sostenere le nuove dinamiche di lavoro: un’adozione che ha, di fatto, velocizzato la digitalizzazione di processi e flussi collaborativi.

Il Cloud Native rappresenta la chiave per arrivare al rilascio del pieno potenziale delle applicazioni non solo di nuova generazione, ma anche risultato di una modernizzazione inevitabile: guideranno il Multi-cloud e il 5G, per cui anche l’Italia dovrà adeguarsi. Nel momento in cui sarà chiaro a tutti i business, anche alle PMI che spesso sono le più spaventate, che il Cloud Native permette un adattamento al nuovo modulare e progressivo, quindi sostenibile, a fronte di vantaggi impensabili fino a qualche anno fa, lì ci sarà l’accelerazione. Noi saremo pronti”, conclude Marco Giacomassi.