Il rapporto tra gli italiani e la scienza è mutato nella sfera delle aspettative secondo i risultati di una ricerca sociale condotta da AstraRicerche.

rapporto tra italiani e la scienza
rapporto tra italiani e la scienza

Il rapporto tra gli italiani e la scienza è ormai consolidato, che ha attraversato il recente periodo di incertezza mantenendo costanti curiosità, rispetto e riconoscimento di un ruolo nel progresso sociale.  Ciò che è cambiato riguarda la sfera delle aspettative, sia sul sapere scientifico in sé, sia sulle sue applicazioni pratiche immediate. Questi sono i risultati della ricerca sociale che Yakult Italia ha commissionato ad AstraRicerche, su un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 e i 65 anni (1.019 interviste) nel periodo di fine maggio e confrontata con l’analoga rilevazione del 2019.

Il personale rapporto con la scienza, tra fiducia e disorientamento

La scienza incuriosisce la maggior parte degli italiani (84%), molti dei quali (69%) cercano di tenersi aggiornati, sulle ultime scoperte scientifiche, guardando documentari o programmi di divulgazione scientifica o, in seconda battuta, leggendo riviste cartacee o in rete.

Per quanto riguarda il grado di comprensione, anche nel 2020, 2 su 5 italiani considerano le informazioni scientifiche troppo difficili da capire. Aumenta, inoltre, la quota di chi dichiara di non sapere quali scoperte, nell’ambito scientifico, ritenere valide, date le frequenti contraddizioni.

 La voce della scienza si fa più forte

Il periodo trascorso ha avvalorato la convinzione che “si dovrebbero ascoltare maggiormente gli scienziati prima di prendere decisioni sul futuro dei Paesi e del Pianeta”. D’altra parte, il continuo confronto del Governo con il mondo scientifico, durante questi ultimi mesi, ha fatto diminuire il numero di coloro che temono che il mondo politico dia poco ascolto alla comunità scientifica (-10% circa rispetto al 2019).

A chi e a cosa crediamo quando si parla di scienza

Il fattore che, nel concreto, sembra dare maggiore credibilità a una notizia è quello della vicinanza. Si tende, infatti, a credere negli scienziati, istituzioni e notizie con cui sentiamo di avere qualcosa in comune: la voce di un’università nota pesa molto di più di quella di organismi internazionali lontani, come l’OMS. Solo 1 italiano su 2 effettua, inoltre, una qualche forma di fact-checking, e solo 1 su 3 controlla se la notizia riporta una fonte.

 La fake news resta dietro l’angolo

Per indagare la capacità “attrattiva” degli elementi che compongono una notizia scientifica, all’interno della ricerca è stata inserita una fake news. Quest’ultima, creata ad arte nel layout di una nota app di messaggistica, correlava la diffusione geografica del Coronavirus alla coltivazione di grandi quantità di riso. La notizia è stata ritenuta vera o credibile da ben 1 intervistato su 4, e ne ha lasciata nell’indecisione una quota paragonabile. Purtroppo, la notizia viene considerata “veritiera” soprattutto dai più giovani: ci ha creduto, infatti, circa 1/3 dei 18-34enni contro il 17% dei 55-65enni. Sorprende anche che gli appartenenti alla classe sociale con maggiori risorse, nel 30% dei casi, non abbiano ritenuto falsa la news.

 Fare presto

Ma quanto tempo serve perché la scienza dia risposte chiare nei confronti di un nuovo fenomeno? Meno di un anno per quasi 1 italiano su 2 e addirittura meno di 6 mesi per 1 intervistato su 5. In merito a questo, Cosimo Finzi, direttore di AstraRicherce afferma: “Probabilmente l’attesa pressante di un vaccino contro il Coronavirus è una “molla” che spinge molto in alto le aspettative sulla rapidità dei tempi, nonostante lo stesso mondo scientifico abbia più volte avvisato sulla necessità  di un lungo periodo”.