Nato per offrire finanza alle pmi penalizzate dal credito bancario dopo la crisi del 2008 le fintech hanno avuto un vero e proprio boom nel corso della pandemia

fintech

Il fintech è per sua natura un canale inclusivo. Lo ha dimostrato proprio la pandemia: il crollo dei ricavi a seguito dell’interruzione dell’attività produttiva durante l’emergenza sanitaria ha generato un fabbisogno di liquidità eccezionale, e i canali tradizionali di accesso al credito, soprattutto per le pmi, non sono riusciti a farvi fronte. D’altro canto, è dalla grande crisi finanziaria del 2008 che il credito bancario non basta più: anche perché proprio da quella crisi derivano le regole che, in Usa e in Europa (dove prendono il nome di Basilea), costringono gli istituti di credito a rispettare requisiti patrimoniali stringenti e accantonamenti via via superiori man mano che aumenta la rischiosità delle imprese richiedenti.

Dalla crisi del debito alla nascita della tecnologia finanziaria

Il risultato è stato che le banche hanno dovuto stringere le maglie del credito, penalizzando in maniera selettiva le microimprese e il retail, a cui fare credito è più rischioso. Il fintech nasce, negli anni successivi a quegli eventi, per colmare questo gap. La pandemia, mettendo in luce la scarsa digitalizzazione delle banche, ha dato ulteriore impulso alla crescita delle fintech, che sono di fatto diventate un facilitatore per l’inclusività finanziaria.

Senza il fintech, i lockdown che sono seguiti alla pandemia avrebbero avuto un effetto probabilmente ancora più disastroso sul sistema delle imprese e su quello finanziario.

La pandemia ha accelerato la crescita del fintech

I numeri parlano chiaro: secondo ItaliaFintech nel 2020 le fintech italiane hanno concesso nuovo credito alle piccole e medie imprese per 1,65 miliardi di euro, con un incremento del 450% rispetto ai 372 milioni di nuovo erogato nel 2019. In netto aumento anche il numero di nuove imprese italiane clienti del fintech, salite dalle 1.092 del 2019 alle 5.464 del 2020. Nei primi nove mesi del 2021 i numeri sono esplosi ulteriormente: 6.399 le aziende finanziate con 2,3 miliardi di euro.

Le piattaforme di lending riescono a fare credito anche a soggetti che prima non potevano ottenerlo. In generale le fintech hanno costi inferiori e processi più efficienti e sono in grado di offrire una gamma di servizi finanziari a tutto tondo, dal conto corrente, alla carta prepagata, ai pagamenti P2P, agli investimenti, fino ad arrivare ai prestiti, come nel nostro caso. Senza considerare che queste realtà offrono ai clienti un senso di sicurezza finanziaria, che deriva dalla velocità e dalla snellezza del servizio (digitale, via app e via pc, di facile e semplice utilizzo), ma anche dalla personalizzazione e dall’ascolto.

Il valore aggiunto che apre la finanza a tutti: la tecnologia

Come ci riescono? Grazie alla tecnologia. La piattaforma fintech di Opyn, per esempio, si basa su una tecnologia digitale proprietaria che attraverso machine learning e intelligenza artificiale svolge analisi che prima non erano pensabili, come quella della web reputation e quella dei conti correnti. Le migliaia di dati raccolti ci permettono di prendere decisioni più accurate e valutare altri parametri oltre lo stato patrimoniale, che permettono di far accedere al credito aziende che prima non avevano nessuna chance. Gli imprenditori non devono già avere un rapporto precedente con l’azienda. I richiedenti sono tutti uguali e possono accedere a un prestito semplicemente compilando un’application online.

Insomma, il segreto dell’inclusione finanziaria sta proprio nella tecnologia. La tecnologia è ciò che da sempre nei mercati in via di sviluppo consente l’accesso al sistema finanziario alle fasce di popolazione unbanked e underbanked. Agevolare l‘accesso delle persone alla finanza con il fintech è la via maestra per abbattere la povertà che è a sua volta il primo dei 17 obiettivi di sostenibilità dell’Onu. Anche l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Ue si pone come primo obiettivo la povertà zero, obiettivo raggiungibile anche attraverso la microfinanza. La quale, associata alle nuove tecnologie, diventa uno strumento imprescindibile di inclusione economica e sociale: secondo la rivista scientifica MicroFinanzalo sviluppo umano equo e sostenibile non può prescindere dalla tecnologia e dalla finanza”.

A cura dell’Ufficio Studi di Opyn