Secondo il nuovo rapporto Sophos “The State of Ransomware 2023” i dati aziendali sono stati criptati nel 76% dei casi di attacchi ransomware.

dati-aziendali-criptati

Il ransomware rimane il nemico giurato delle aziende. Diventa sempre più pericoloso e frequente e richiede costi di riscatto per il ripristino dati sempre troppo alti.
Sophos, specialista globale nell’innovazione e nell’erogazione della cybersicurezza as-a-service, presenta la nuova edizione del suo “The State of Ransomware Report 2023” che evidenzia come i cybercriminali siano riusciti a cifrare i dati delle loro vittime nel 76% degli attacchi ransomware sferrati contro le aziende prese in esame. Si tratta della percentuale più elevata di dati aziendali criptati mai registrata da quando Sophos ha iniziato a pubblicare questo report nel 2020.

Pagare il riscatto non è mai la scelta giusta

Dal Rapporto emerge anche come le aziende che hanno pagato il riscatto abbiano finito con il raddoppiare i costi del ripristino (750.000 dollari in costi di recupero contro i 375.000 dollari delle aziende che hanno ripristinato i dati aziendali criptati tramite il loro backup). Inoltre, il pagamento del riscatto implica solitamente tempi di recupero più lunghi: il 45% delle realtà che hanno utilizzato i backup ha recuperato i dati entro una settimana, rispetto al 39% di quelle che hanno pagato il riscatto.

Nel complesso è stato colpito da ransomware il 66% delle aziende intervistate, la stessa percentuale dell’anno scorso. Questo suggerisce che il ritmo degli attacchi sia rimasto stabile nonostante la grande rilevanza di questo fenomeno possa suggerire il contrario.

I criminali perfezionano le tattiche

Le percentuali di cifratura sono tornate a livelli molto alti dopo una temporanea flessione in occasione della pandemia, il che è un dato preoccupante. Le gang responsabili del ransomware hanno perfezionato le loro metodologie accelerando gli attacchi per ridurre il tempo a disposizione delle loro vittime per cercare di neutralizzare i tentativi di attacco. Quando si accetta di pagare il riscatto per recuperare i dati aziendali criptati, i costi salgono notevolmente e la maggior parte delle vittime non riesce a recuperare tutti i file con il semplice acquisto delle chiavi di decifratura, dovendo comunque ricostruire e ripristinare i dati anche dai backup. Pagare il riscatto non solo arricchisce i criminali, ma rallenta anche la reazione di fronte agli incidenti e aumenta i costi di una situazione già di per sé incredibilmente onerosa”, dichiara Chester Wisniewski, field CTO di Sophos.

Analizzando la causa primaria degli attacchi ransomware, il caso più comune è il ricorso a una vulnerabilità (36% dei casi) seguito dalla violazione di credenziali (29% dei casi). Questi dati sono in linea con quelli recentemente emersi dall’analisi di Sophos “Everything Everywhere All At Once: The 2023 Active Adversary Report for Business Leaders”.

Dati aziendali criptati: dati rilevanti del report

  • Nel 30% dei casi in cui i dati aziendali sono stati criptati si è verificato anche il furto degli stessi, a indicare che il metodo del “doppio colpo” (cifratura dei dati ed esfiltrazione dei dati) sta diffondendosi sempre più;
  • Il settore dell’istruzione ha registrato il livello più alto di attacchi ransomware: è infatti stato colpito il 79% degli istituti di istruzione superiore e l’80% di quelli di grado inferiore all’interno del campione esaminato;
  • Il 46% delle aziende intervistate colpite da un attacco ransomware ha pagato il riscatto e le organizzazioni più grandi sono state quelle più disposte a pagare. Più della metà delle aziende con un fatturato di 500 milioni di dollari o più ha pagato il riscatto, con la percentuale più alta registrata da quelle con un fatturato di oltre 5 miliardi di dollari. Ciò potrebbe essere parzialmente dovuto al fatto che le aziende più grandi sono quelle più spesso coperte da una polizza di cyber-assicurazione che copre il pagamento di riscatti.

I consigli di Sophos

Per difendersi dal ransomware e dai cyberattacchi ad esso correlati, Sophos condivide alcuni accorgimenti da adottare:

  • Rafforzare ulteriormente gli scudi protettivi con:
    • Tool di sicurezza in grado di proteggere dai vettori di attacco più comuni, come la protezione degli endpoint con solide funzionalità anti-exploit per evitare l’abuso delle vulnerabilità, e Zero Trust Network Access (ZTNA) per impedire l’utilizzo di credenziali compromesse;
    • Tecnologie adattative che reagiscono automaticamente agli attacchi neutralizzando gli avversari e lasciando tempo per la risposta dei difensori;
    • Attività di rilevamento, analisi e gestione delle minacce su base 24/7, siano esse effettuate internamente o in collaborazione con un service provider MDR (Managed Detection and Response) specializzato.
  • Ottimizzare la preparazione in caso di attacco eseguendo backup regolari, collaudando i ripristini dai backup e mantenendo aggiornato un piano di risposta agli incidenti;
  • Mantenimento di una buona “igiene di sicurezza” comprensiva di patch puntuali e di verifiche regolari delle configurazioni dei tool di sicurezza.

I dati utilizzati per lo studio The State of Ransomware 2023 provengono da un sondaggio indipendente condotto su 3.000 responsabili IT e della cybersicurezza effettuato tra gennaio e marzo 2023. Gli intervistati appartenevano a 14 Paesi tra Americhe, EMEA e Asia-Pacifico. Le aziende intervistate contano tra 100 e 5.000 dipendenti con un giro d’affari compreso tra meno di 10 milioni a oltre 5 miliardi di dollari.

Dati aziendali criptati: la situazione italiana

  • Nell’ultimo anno il 65% delle aziende italiane è stato colpito da ransomware, un dato in leggero aumento rispetto al 61% rilevato nella ricerca del 2022.
  • Le vulnerabilità informatiche sono state la causa principale di attacco e di dati aziendali criptati: sfruttate nel 30% degli incidenti, mentre le credenziali compromesse sono state la seconda causa di attacco più frequente, nel 28% degli attacchi.
  • Il 64% degli attacchi ha portato alla cifratura dei dati, risultato significativamente inferiore alla media globale, che è del 76%, e al 74% riportato dagli intervistati italiani nel sondaggio dello scorso anno.
  • I dati sono stati rubati nel 27% degli attacchi in cui questi erano criptati, una percentuale inferiore alla media globale che è del 30%.
  • Il 93% delle aziende italiane i cui dati aziendali sono stati criptati ha recuperato i dati, risultato leggermente al di sotto della media globale del 97%.
  • Per il ripristino dei dati il backup rimane il metodo più comunemente utilizzato, con il 55% degli intervistati italiani i cui dati sono stati crittografati utilizzando questo approccio. Si tratta di un calo considerevole rispetto al 78% che ha utilizzato i backup nell’indagine del 2022.
  • Il 56% delle aziende italiane che ha subito la cifratura dei dati ha pagato il riscatto, un aumento considerevole rispetto al 43% dello scorso anno e superiore alla media globale che è del 47% per il 2023.
  • Il 16% delle aziende italiane che ha subito la cifratura dei dati ha utilizzato vari metodi di recupero in parallelo.
  • Se si esclude il pagamento del riscatto, la spesa media sostenuta dalle aziende italiane per riprendersi da un attacco ransomware è stata di 2,40 milioni di dollari, compresi i costi di inattività, il tempo dedicato alle persone, il costo dei dispositivi, il costo della rete, le opportunità perse, ecc. Questo dato è superiore al costo medio globale, che pari a 1,82 milioni di dollari.
  • Il 75% delle aziende italiane del settore privato colpite da ransomware ha dichiarato che l’attacco ha causato loro una perdita di fatturato, un dato inferiore alla media globale pari all’84%.
  • Il 64% delle aziende italiane ha impiegato circa una settimana per il ripristino dei dati aziendali criptati dopo l’attacco. Il 19% ha impiegato circa un mese, mentre il 16% ha impiegato tra l’uno e i sei mesi.
  • L’86% delle aziende italiane ha dichiarato di aver sottoscritto una cyber assicurazione: di questi il 39% ha una polizza autonoma e il 48% ha una polizza che è parte di una polizza aziendale più ampia.
  • Il 92% degli intervistati italiani la cui azienda ha acquistato una polizza assicurativa cyber nell’ultimo anno ha dichiarato che la qualità delle difese ha avuto un impatto diretto sulla posizione assicurativa.
  • Il 58% ha dichiarato che ha influito sulla capacità di ottenere copertura.
  • Il 48% ha dichiarato che ha influito sul costo della copertura (il premio).
  • Il 36% ha dichiarato che ha avuto un impatto in termini di polizza, ad esempio sull’importo totale della copertura o sulla franchigia.