Quando un’azienda cresce in genere perde la capacità di innovare con rapidità e flessibilità e per sopravvivere deve imparare a ragionare come una startup.

ragionare come una startup - startup da tenere sott'occhio

Se la pandemia ha lasciato una lezione è che i cambiamenti arrivano, improvvisi, e se non si vuole esserne travolti è necessario adattarvisi. Cavalcandoli fino a quando la loro onda lunga non si è infranta a terra. Nel mondo delle imprese attuare questo processo è possibile quando si è ingrando di ragionare come una startup.

Ma cosa significa esattamente ragionare come una startup? Significa seguire uno schema che è quello tipico di ogni nuova iniziativa imprenditoriale che mira a diffondere innovazione. C’è un decalogo che ogni startup prima di diventare azienda deve eseguire. Il primo passo è il perché. Lo startupper deve chiedersi perché sta dando vita a una sua impresa: lo fa per non stare più sotto padrone o per dare vita a un nuovo mercato attraendo poi investitori e puntando alla crescita e all’internazionalizzazione? Se la risposta è la due, siamo pronti per fare innovazione.

Le fasi che portano alla nascita di una nuova impresa con focus sull’innovazione
A questo punto, per ragionare come una startup, si dovranno definire i dettagli: il prodotto/servizio a cui vogliamo dare vita a cosa serve? Risolve un problema in maniera semplice o migliorativa rispetto all’offerta già esistente? Rispondere a questo quesito ci darà una misura della validità del nostro business. È necessario farsi aiutare dalla statistica e dalla simulazione, fondamentale anche per testare l’idea. Che magari funziona sulla carta, ma non ha mercato sufficiente. Si chiama desk research: la verifica sul campo del segmento di mercato disponibile, accanto (o al posto di) a eventuali competitor rispetto a cui possiamo fornire un valore aggiunto.

Il passo 4 per ragionare come una startup è il business plan, il vero salto di qualità. Un documento fino a una ventina di pagine che schematizzi sul piano finanziario l’idea di impresa. Nel piano di business si dovranno descrivere le specifiche del prodotto, le strategie di commercializzazione e di marketing (dal prezzo alla comunicazione) i rischi, le competenze del team e il modello operativo. Ma soprattutto si dovranno confrontare costi e ricavi potenziali.

A questo punto serve il capitale: la sua entità si conoscerà con il piano di business. A volte bastano i risparmi personali dell’imprenditore o quelli di family&friends, altre sarà necessario rivolgersi a finanziatori professionali, come il Venture Capital.

Il sesto punto riguarda la creazione del team di gestione che dovrà guidare la nuova impresa verso i traguardi ipotizzati nel piano industriale. Infine arriva il momento probabilmente meno creativo: la costituzione della società. Per scegliere forma giuridica, struttura e altro ci si potrà avvalere di consulenti legali, amministrativi, fiscali o commerciali, società di comunicazione e marketing.

Proof of concept e pivot: il momento della verità
E poi inizia il bello, con la proof of concept. Il momento della prova sul terreno di gioco della strategia. È il momento in cui il prodotto/servizio viene lanciato sul mercato, quello in cui validiamo la bontà della nostra lunga analisi preliminare. Dalla risposta che ne deriverà in termini di accoglienza, sapremo come proseguire. Se andare avanti o fare il pivot. Ovvero, mutuando dal gergo del basket, cambiare strategia. Questo è un momento chiave e non è qualcosa che si debba considerare un evento sfortunato, ma quasi la norma. Perché, ragionare come una startup vuol dire che, ogni novità richiede di essere messa a punto, con aggiustamenti progressivi che migliorino l’idea originale, oppure veri e propri stravolgimenti che vengono ispirati dal mercato stesso.

Perché vogliamo essere sicuri sempre di poter fallire rapidamente (fail fast)
Nessuna startup diventa una big corp senza passare attraverso un processo spesso doloroso di prove ed errori. Ed anzi, secondo il mantra della Silicon Valley, l’importante è fallire in fretta, fail fast. Ragionare come una startup comporta anche la capacità di capire subito qual è il punto debole o l’errore del nostro progetto; in questo modo si ha una possibilità in più di avere successo. Se si è veloci nel reagire, si potrà ricominciare prima. Dal modo in cui si costruisce una startup ogni impresa matura può apprendere molto. Perché in fondo il modello si adatta alla perfezione al mondo attuale, dove si corre veloce, dietro alla tecnologia e all’evoluzione della domanda ed è necessario sapersi adattare. Uscendo da ogni zona di comfort, ma tenendo sempre dritta la barra di disciplina e lavoro.
Dimensione da scale up, attitudine da startup
Con il cambiamento di ragione sociale in Opyn ha dichiaratamente puntato alla fase due. Quella che prevede crescita e internazionalizzazione. L’azienda è tecnicamente diventa una scale-up e non si trova più nella fase precedente di startup. Lo dicono le stime di bilancio e le strategie in campo. Quelle che porteranno Opyn a espandere il business affiancando al lending alle imprese l’embedded finance (la finanza integrata che cedere a banche e altre imprese che vogliono offrire servizi finanziari digitali) e a proporsi nel prossimo biennio sui più vicini mercati europei.

Opyn vuole fermamente continuare a ragionare come una startup e, quindi, conservarne l’attitudine. Che è ciò che le consente di innovare, rispondere velocemente alle domande emergenti del mercato ed essere flessibili. Nel corso della pandemia, questa attitudine ha portato l’azienda a lanciare, per esempio, i prodotti per il rilancio delle imprese colpite dai lockdown.

A cura dell’Ufficio Studi di Opyn