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    L’innovazione industriale, senza cybersecurity, si trasforma in rischio

    By Redazione BitMAT16 Dicembre 20255 Mins Read
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    Tony Anscombe, Chief Security Evangelist di ESET, spiega perché l’innovazione industriale, se non accompagnata da un adeguato approccio alla sicurezza, può trasformarsi in un rischio per il business

    INNOVAZIONE
    Tony Anscombe, Chief Security Evangelist di ESET

    Oggi le fabbriche non si fermano più per guasti meccanici, ma per attacchi informatici. Nel manifatturiero, la cybersecurity è ormai una condizione indispensabile per garantire la continuità operativa: un incidente può bloccare la produzione, rallentare la supply chain e compromettere la fiducia di clienti e investitori. 

    Gli episodi recenti nel settore automobilistico lo dimostrano chiaramente. Stellantis ha comunicato di aver subito una violazione dei dati, mentre Jaguar Land Rover ha dovuto sospendere la produzione per oltre un mese a causa di un attacco ai sistemi IT. Se grandi gruppi internazionali con risorse ingenti possono subire conseguenze di questa portata, l’impatto su una piccola o media impresa, spesso con team IT ridotti, può essere ancora più grave. Nessuna realtà è davvero al sicuro. 

    Dalla compliance alla resilienza 

    Molte aziende continuano a considerare la cybersecurity come un adempimento normativo. Rispettare i requisiti minimi previsti dalla legge può garantire la conformità, ma non basta a contrastare attacchi sempre più mirati e sofisticati. Oggi il settore manifatturiero è uno dei più esposti: l’85% delle violazioni deriva da phishing, intrusioni o software compromessi. 

    La protezione digitale deve essere parte integrante della gestione aziendale, al pari della qualità o della sicurezza sul lavoro. Le domande che i vertici dovrebbero porsi non sono tecniche, ma strategiche: quanto tempo di inattività può sopportare la produzione? Quanta proprietà intellettuale si è disposti a rischiare? Qual è il livello di rischio accettabile per l’organizzazione? 

    Molti stabilimenti operano con tecnologie pensate per durare nel tempo, ma che nel corso degli anni diventano vulnerabili. Sistemi operativi non più supportati, protocolli obsoleti e configurazioni datate ampliano la superficie d’attacco e trasformano la longevità delle infrastrutture in un punto debole. Per le PMI, la scelta tra aggiornare o continuare a utilizzare tecnologie superate non è solo economica, ma strategica: il costo di un cyberattacco può facilmente superare quello di un investimento in modernizzazione. 

    Dove si annidano le vulnerabilità dell’innovazione

    Sebbene i dibattiti su Industria 4.0 si concentrino spesso sulla sicurezza OT, l’IT resta la porta d’ingresso più comune per gli attaccanti. Email di phishing, credenziali rubate e software di terze parti compromessi sono i principali punti di accesso. I produttori sono particolarmente vulnerabili perché: 

    • Gli attaccanti sanno che le fabbriche non possono permettersi fermi macchina. Le produzioni just-in-time amplificano l’impatto di un incidente, aumentando la probabilità di pagamento ai cybercriminali o di interruzioni prolungate. 
    • Le supply chain ampliano la superficie d’attacco. Le vulnerabilità nei partner o nei fornitori possono propagarsi alle operazioni interne, e viceversa. 
    • I team IT sono limitati. Le PMI manifatturiere raramente dispongono di risorse per un monitoraggio continuo e non hanno l’expertise per una risposta rapida. 
    • La proprietà intellettuale ha grande valore. Progetti, formule e prototipi sono bersagli redditizi per furti o attività di spionaggio. 

    Costruire una base resiliente per IT/OT 

    Una strategia IT prevention-first deve andare oltre le difese di base. Non basta bloccare gli attacchi; i produttori devono anticipare e neutralizzare le minacce prima che interrompano le operazioni. 

    1. Actionable Threat intelligence: dati reali sullo scenario di minaccia attuale, inclusa la conoscenza delle tattiche ransomware, delle vulnerabilità nella supply chain e delle minacce persistenti, consentono ai team di dare priorità a ciò che conta davvero. 
    1. Monitoraggio continuo: correlare le attività tra endpoint, server e applicazioni cloud aiuta a rilevare anomalie che possono segnalare un’intrusione. Il monitoraggio deve estendersi oltre l’IT tradizionale e, dove possibile, includere l’OT. Unificare IT e OT in un’unica piattaforma migliora la visibilità e la capacità di prevenire minacce. 
    1. Segmentazione e controllo degli accessi: confini chiari dei sistemi, segmentazione dell’OT, gestione rigorosa delle identità e autenticazione a più fattori impediscono i movimenti laterali degli attaccanti. 
    1. Vulnerability management: patching automatico e aggiornamenti di firmware su tutti i dispositivi e macchinari chiudono le falle sfruttabili dagli attaccanti. 
    1. Backup e ripristino: copie di backup offline conservate offsite e procedure di ripristino testate garantiscono che il ransomware non possa fermare la produzione, riducendo i tempi di fermo. 

    Queste misure, integrate con tecnologie come l’Extended Detection and Response (XDR), permettono anche alle PMI di disporre di difese efficaci senza dover allestire internamente un Security Operations Center. 

    Estendere la protezione con XDR 

    La protezione endpoint tradizionale non è più sufficiente. L’XDR unifica rilevamento e risposta su dispositivi, server e sistemi cloud, offrendo una visione completa dei dati provenienti da fonti diverse che possono segnalare un attacco in corso. Questo può essere ulteriormente potenziato con i servizi di Managed Detection and Response (MDR), che permettono anche a team IT ridotti di beneficiare di una supervisione esperta 24/7, contenimento più rapido e meno punti ciechi – adottando così un approccio prevention-first che mantiene operative fabbriche e aziende. 

    Il valore strategico della cyber resilienza per l’innovazione

    I cyberattacchi non sono rischi astratti: sono costi operativi. Il Cost of a Data Breach Report 2025 di IBM ha rilevato che la violazione media nel settore industriale costa circa 5 milioni di dollari, ma il vero danno deriva da produzione interrotta, contratti mancati e perdita di fiducia dei clienti. Considerare la cybersecurity come un rischio di business significa proteggere crescita, reputazione e resilienza. 

    Le direzioni aziendali e i consigli di amministrazione dovrebbero valutare la sostituzione delle tecnologie obsolete non come un semplice aggiornamento tecnico, ma come una scelta strategica per ridurre l’impatto che eventuali incidenti informatici possono avere sull’attività. Poiché i costi dei cyberattacchi continuano a crescere, le organizzazioni traggono vantaggio da un approccio olistico che colleghi la cybersecurity direttamente alla continuità operativa e alla resilienza finanziaria. 

    Nel manifatturiero, i team di cybersecurity devono superare una visione limitata alla sola riduzione del rischio cyber e dare priorità alle azioni che minimizzano le conseguenze economiche e le discontinuità operative per l’azienda. La cyber resilienza non significa eliminare del tutto il rischio, ma definire chiaramente una soglia di rischio accettabile e costruire difese IT abbastanza solide da mantenere operative le attività sotto pressione. 

    Nell’Industria 4.0, le fabbriche più intelligenti non saranno solo quelle più automatizzate – dovranno essere quelle più cyber-resilienti. L’innovazione senza cybersecurity è semplicemente un altro nome per il rischio di business. 

    A cura di Tony Anscombe, Chief Security Evangelist di ESET 

    ESET
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