Alessandro Raguseo di Reverse condivide alcuni suggerimenti per costruire un onboarding aziendale che trattenga i talenti.

Onboarding
Alessandro Raguseo, Ceo e Co-Founder di Reverse

Per molti anni la fase di onboarding aziendale è stata considerata una fase formale, quasi obbligata, a cui non dedicare eccessiva attenzione. Oggi invece, in un’epoca in cui l’85% delle aziende italiane dichiara che fatica ad assumere i talenti giusti e solo il 21% dei lavoratori afferma di essere soddisfatto del proprio lavoro, è diventato fondamentale, per le aziende che vogliano rendersi veramente attrattive agli occhi dei candidati, ripensare l’intero processo di selezione e di ingresso, compresa la fase di onboarding spesso sottovalutata, soprattutto in questi anni in cui si è lavorato principalmente da remoto.

Si tratta di uno dei maggiori temi emersi durante un’iniziativa organizzata da per discutere del futuro del mondo del recruitment e di quanto oggi le persone siano sempre più alla ricerca di una dimensione di senso, soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni che fanno il loro primo ingresso nel mondo del lavoro.

Onboarding aziendale: la prima impressione è quella che conta

Per questo, Alessandro Raguseo, Ceo e Co-Founder di Reverse, società internazionale di headhunting e Risorse Umane, ha elaborato tre consigli per costruire un onboarding efficace, che faccia sentire da subito il neo-assunto e la neo-assunta parte del gruppo:

  1. Non sottovalutare il pre-onboarding. Il silenzio dalla firma al primo giorno di lavoro è una sorta di limbo in cui la nuova risorsa non sa esattamente cosa aspettarsi. Per coinvolgerla e fargli percepire un’attenzione particolare è utile avviare già in questa fase lo scambio di informazioni e documenti utili che faciliti il momento effettivo dell’ingresso e limiti l’effetto di sovraccarico da nuove informazioni che spesso caratterizza i primi momenti di una nuova esperienza lavorativa.
  2. Preferire una modalità ibrida tra fisico e digitale. Durante gli anni dell’emergenza sanitaria moltissimi neo-assunti, soprattutto appartenenti alla Generazione Z, sono entrati nel mondo del lavoro completamente da remoto. Nonostante il lavoro da casa sia ormai prassi per quasi tutte le imprese, approcciarsi a una nuova realtà esclusivamente in forma digitale può risultare alienante e dispersivo per il nuovo dipendente. Per questo è sempre meglio organizzare almeno i primi momenti di onboarding in forma fisica, durante i quali la nuova risorsa incontrerà e affiancherà personalmente il proprio superiore e il team con cui dovrà condividere i task lavorativi: questo renderà umanamente più facile l’ingresso della nuova risorsa ma anche professionalmente più semplice la sua formazione e il suo apprendimento della realtà e del lavoro.
  3. Pianificare momenti extra-lavorativi che creino relazioni. La relazione lavorativa è prima di tutto una relazione tra persone. Per costruire un ambiente di lavoro sano e positivo è importante che il neo-assunto si senta accolto come professionista ma prima di tutto come individuo. Creare quindi momenti di divertimento, di svago e di conoscenza reciproca può rivelarsi una vera carta vincente. Non serve organizzare grandi eventi. Basta un pranzo tutti insieme, un team building, una challenge competitiva per rendere l’ambiente di lavoro più inclusivo.

“Oggi la sfida delle aziende è rendersi attrattive agli occhi dei candidati. Non basta più selezionare i migliori, bisogna anche convincerli ad accettare la proposta e riuscire a trattenerli nella propria organizzazione”, afferma Alessandro Raguseo. “Rispetto a solo 10 anni fa, infatti, oggi l’offerta di competenze è nettamente inferiore rispetto alla domanda da parte delle aziende e le imprese devono quindi imparare a distinguersi per attrarre le risorse migliori. Per questo motivo, ogni fase di selezione e di ingresso dei dipendenti merita una cura particolare, molto maggiore rispetto ad allora”.