Vodafone lancia una ricerca condotta in 10 Paesi sull’adozione e percezione dello Smart Working da parte di lavoratori e imprese

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E’ sempre più Smart Working. Ma come viene percepito il lavoro flessibile da imprese e lavoratori? Ha provato a fornire una risposta Vodafone, che in una ricerca condotta in 10 Paesi dal titolo “Flexible Work: Friend or Foe?” (Lavoro flessibile: amico o nemico?) su un campione di 8000 individui (divisi in lavoratori e datori di lavoro, manager e dirigenti di piccole e medie imprese, organizzazioni del settore pubblico e multinazionali) ha scoperto che il 75% delle aziende a livello worldwide ha introdotto politiche di lavoro flessibile per consentire ai dipendenti di organizzare in modo autonomo la propria giornata lavorativa, utilizzando le tecnologie più avanzate per lavorare da casa o in mobilità.

All’interno della ricerca, coloro che hanno adottato pratiche di lavoro flessibile, affermano di aver notato un significativo miglioramento delle prestazioni e, in particolare, individuano tre assi lungo i quali si evidenziano i maggiori effetti positivi: aumento della produttività (83%), crescita dei profitti (61%) e impatto sulla reputazione aziendale (58%).

Ad emergere, inoltre, il fatto che nella rivoluzione del luogo di lavoro a giocare un ruolo fondamentale sono le reti mobili di ultima generazione 3G e 4G, utilizzate rispettivamente dal 24 e 18% degli intervistati, i servizi cloud e la banda ultra larga fissa: il 61% degli intervistati, infatti, utilizza il proprio servizio di banda larga di casa per accedere alle applicazioni di lavoro tramite smartphone, notebook o tablet.

Benefici e freni all’adozione

Nonostante questi benefici sono ancora tante le aziende che non hanno ancora adottato politiche di lavoro flessibile. Molteplici le barriere: secondo il 20% degli intervistati la causa andrebbe ricercata nell’esistenza di pregiudizi culturali nei confronti di questo strumento – per il 33%, infatti, il lavoro flessibile non si concilia con la mentalità dell’organizzazione. Fanno inoltre riflettere le preoccupazioni relative all’equa distribuzione del lavoro e ai possibili attriti tra dipendenti che lavorano in modo flessibile e quelli che non lo fanno (rispettivamente il 25 e 30%). Il 22%, infine, crede che i dipendenti, qualora gli fosse concesso di adottare modelli e tecnologie di lavoro flessibile, non lavorerebbero con lo stesso impegno.

Tra i lavoratori che non usufruiscono ancora del lavoro flessibile emerge in modo chiaro però che l’introduzione di questo strumento all’interno della loro realtà avrebbe un impatto positivo sulla motivazione dei dipendenti (55%), sulla produttività (44%) e sui profitti (30%).

Paese che vai… approccio che trovi

C’è anche da dire che una variabile importante da tenere in considerazione è il Paese di provenienza: ciascun Paese registra infatti un approccio diverso nei confronti del lavoro flessibile. Nel Regno Unito, ad esempio, solo l’8% dei lavoratori ha manifestato timori in merito a una possibile diminuzione dell’impegno da parte dei propri dipendenti nel caso vengano implementate politiche di lavoro flessibile. Valore che sale invece al 33% nel caso di Hong Kong. Per quanto riguarda la consapevolezza rispetto alle procedure sulla sicurezza, è interessante notare che il 52% dei dipendenti tedeschi intervistati ha rivelato di non essere a conoscenza delle politiche di sicurezza della propria azienda in merito al lavoro flessibile, contro il 23% dei lavoratori indiani. Passando invece alle modalità di svolgimento, il 71% dei lavoratori spagnoli intervistati usa il proprio smartphone per lavorare in modo flessibile fuori dal posto di lavoro rispetto al 38% nel Regno Unito e al 27% in Germania.

Lo studio rivela inoltre notevoli differenze generazionali. In primis, il fatto che i giovani tendono a utilizzare le tecnologie che abilitano il lavoro da remoto, tra cui i servizi cloud, di messaggistica avanzata e video conferenza, spontaneamente e senza problemi. Ne consegue che per il 72% dei giovani tra i 18-24 anni il lavoro flessibile migliorerebbe la qualità del loro lavoro. Diversamente, tra gli intervistati oltre i 55 anni questa percentuale scende al 38%.

Il punto di vista di chi lavora in Italia

Il 40% dei lavoratori italiani coinvolti nel sondaggio non ha ancora adottato politiche di lavoro flessibile, le quali sono state invece utilizzate dal 31% dei lavoratori, posizionando l’Italia al penultimo posto tra tutti i Paesi coinvolti nella ricerca, seguita solo da Hong Kong (22%).

Interrogati rispetto alla scarsa adozione di politiche di lavoro flessibile, il 38% degli intervistati risponde che esse non si conciliano con il proprio ruolo, il 43% preferisce l’attuale organizzazione, mentre il 9% pensa che potrebbe influire negativamente sulla propria carriera.

Dati che fanno riflettere riguardano la percezione che i dipendenti hanno della propria organizzazione. Alla domanda “se fosse chiesto alla propria azienda di lavorare in modo più flessibile”, il 34% dei dipendenti ritiene che i vertici rifiuterebbero la richiesta, il 25% accetterebbe ma con alcuni dubbi e solo il 16% lo adotterebbe senza riserve.

Infine, il 39% ammette di non aver scelto spontaneamente di utilizzare modalità di lavoro flessibile ma perché richiesto dall’azienda, mentre il 72% degli intervistati ritiene che questa modalità abbia ampio margine di miglioramento.

Il part-time (36%) e l’orario flessibile (37%) sono le opzioni maggiormente utilizzate dai lavoratori, seguite dalla possibilità di lavorare in altri luoghi, come per esempio da casa (22%). Il 42% degli intervistati dichiara di adottare regolarmente il lavoro flessibile e il 34% lavora da casa alcune volte durante la settimana, mentre il 21% lo fa una volta ogni due settimane.

Interessante notare che per il 54% degli intervistati, un miglior equilibrio tra vita privata e lavorativa è preferibile a un maggior guadagno (50%) nel momento in cui si è alla ricerca di nuove opportunità. Sia le aziende che i lavoratori, dunque, riconoscono i benefici offerti dal lavoro flessibile: per l’80% dei lavoratori migliora la propria vita personale e per il 91% dei datori di lavoro ha effetti positivi sull’azienda. Il 42% sceglie il lavoro flessibile per migliorare l’equilibrio tra la propria vita privata e quella lavorativa: in particolare, il 32% degli intervistati lo ritiene un vantaggio per occuparsi meglio della famiglia mentre solo l’8%, a pari merito, lo sceglie per evitare la routine, ridurre i costi degli spostamenti lavorando quando e dove preferisce.

Il 42% dei lavoratori che già beneficiano del lavoro flessibile ha riscontrato un miglioramento dell’equilibrio tra vita personale e lavorativa: un miglioramento che si riflette sulla produttività, dal momento che l’84% delle aziende ha registrato un incremento della produttività dei lavoratori.

Per quanto riguarda i benefici generati dal lavoro flessibile, secondo il 47% degli intervistati esso produce effetti mediamente positivi sulla propria vita. Il 48% vede invece un miglioramento per l’azienda, mentre il 60% considera il lavoro flessibile come un’opportunità sia per il business che per i dipendenti. La qualità del lavoro prodotto (59%), la soddisfazione (69%), le relazioni con i propri colleghi (56%), amici e familiari (76%), la felicità personale (75%) sono tra gli aspetti più menzionati nell’indagare i benefici del lavoro flessibile.

Lo smartphone personale si riconferma il dispositivo più usato da chi lavora fuori dall’ufficio (58%), seguito dal PC desktop (27%) e dal notebook personale (23%); da evidenziare che solo al 14% degli intervistati viene fornito lo smartphone aziendale (una percentuale che sale al 18% nel caso del notebook). Gli italiani risultano infine mediamente più tecnologici dei propri colleghi tedeschi e inglesi: il 40% utilizza soluzioni di audio e web conferencing senza problemi, il 38% di video conferencing e l’80% controlla regolarmente la mail da smartphone.

Il punto di vista delle aziende in Italia

Il 70% delle aziende intervistate ha adottato politiche di lavoro flessibile e, tra il 24% di quelle che non ne hanno ancora implementate, il 72% si mostra potenzialmente favorevole – mentre solo il 6% risulta contrario. In linea con i risultati complessivi della ricerca, coloro che lo stanno utilizzando, hanno riscontrato un aumento della produttività (84%) e un miglioramento del morale dei dipendenti (75%) e tra le pratiche di lavoro flessibile più comuni, troviamo l’orario flessibile (43%), il part-time (44%) e il lavoro ripartito (37%).

Di nuovo, tra le principali ragioni che spingono le aziende a non introdurre questa pratica vengono invece evidenziati: i possibili attriti tra coloro che lo praticano e chi no (32%), il timore che i lavoratori non lavorino a pieno regime (29%) o che il lavoro non sia distribuito equamente (22%) e la mancanza di dispositivi tecnologici (18%).

La scarsa confidenza con i dispositivi tecnologici, infatti, rappresenta, per molti una barriera per il lavoro da casa dal momento che il 40% non sa come utilizzare soluzioni di audio e web conferencing e il 43% le soluzioni di video conferencing.

Puoi scaricare la guida al lavoro flessibile “How to” cliccando qui.