
L’intelligenza artificiale sta cambiando il mondo del lavoro, ma in Italia l’entusiasmo è contenuto. Tra preoccupazioni e incertezza, i lavoratori italiani mostrano un atteggiamento distaccato verso l’AI.
Lo conferma l’indagine “People at Work 2025” di ADP Research, che ha intervistato quasi 38.000 lavoratori in 34 mercati, di cui 1.117 in Italia, solo l’8% dei lavoratori italiani crede fermamente che l’intelligenza artificiale avrà un impatto positivo sulle proprie responsabilità lavorative nel prossimo anno. Si tratta del terzo valore più basso in Europa e una cifra ben al di sotto della media globale del 17%.
Mentre l’indagine dell’ADP Research a livello globale rivela una gamma complessa e spesso contraddittoria di emozioni riguardo agli effetti dell’intelligenza artificiale — con lavoratori che da un lato esprimono fiducia nelle numerose possibilità positive offerte dalla tecnologia, ma dall’altro manifestano anche preoccupazioni per la possibile sostituzione dei posti di lavoro e incertezza sull’impatto futuro dell’IA nei propri ruoli — tra i lavoratori italiani ciò che sembra prevalere non è né l’entusiasmo né il timore, bensì un senso di distacco nei confronti dell’IA.
Lavoro e AI: cosa accade tra i lavoratori italiani?
La forza lavoro italiana sembra meno coinvolta emotivamente e cognitivamente rispetto ad altri Paesi, mostrando una percezione più neutra o incerta del cambiamento tecnologico in atto: l’8% dei lavoratori italiani teme che il proprio lavoro possa essere sostituito dall’IA, un dato leggermente inferiore alla media globale (10%). Il 9% afferma di non avere idea di come l’IA cambierà il proprio lavoro – la percentuale più bassa in Europa – rispetto a una media globale del 12%.
I lavoratori italiani tra i 27 e i 39 anni sono i più coinvolti emotivamente: l’11% ritiene fermamente che l’IA avrà un impatto positivo sul proprio lavoro, allo stesso tempo il 13% la stessa percentuale esprime anche timore per una possibile sostituzione e incertezza sul futuro. Le fasce più mature, in particolare quella tra i 40 e I 64 anni, risultano le più distaccate: solo il 7% manifesta una posizione forte su uno qualsiasi degli aspetti analizzati.
Esaminando il tipo di lavoro, la categoria dei knowledge worker, che include programmatori, accademici e tecnici, è di gran lunga quella più propensa a credere che l’IA avrà un impatto positivo sul loro lavoro, ma è anche quella che nutre i maggiori timori di venire sostituita dall’IA. Questo gruppo sembra essere al contempo fiducioso e preoccupato, tuttavia anche in questo caso l’indagine rivela, un atteggiamento “tiepido” in Italia: solo il 12% è pienamente d’accordo con il fatto che l’IA avrà un impatto positivo sul loro lavoro (contro il 24% a livello globale) e il 10% si dice preoccupati di essere sostituiti (vs 13%).
Nel complesso, i dati indicano una popolazione lavorativa italiana che osserva l’evoluzione dell’IA con moderata attenzione, ma senza forti entusiasmi né allarmismi. Le aziende devono mettere le persone nelle condizioni di adattarsi e prosperare nel contesto lavorativo attuale, caratterizzato da una rapida evoluzione.
Dichiarazioni
“L’impatto dell’IA non è solo un cambiamento tecnologico, è anche un cambiamento emotivo per le persone in tutto il mondo”, ha dichiarato Elena Falconi, HR Director Southern Europe ADP. “Se da un lato molti lavoratori vedono nell’IA uno strumento di cambiamento positivo, dall’altro questo cambiamento porta con sé anche una certa dose di incertezza. Le aziende che riconosceranno e affronteranno questo scenario emotivo, spiegando l’impatto e offrendo formazione per l’uso dei nuovi strumenti, saranno le più preparate a cogliere il vero potenziale dell’IA e costruire una forza lavoro resiliente e pronta per il futuro“.