
Viviamo in un’epoca in cui le città sono ecosistemi intelligenti, dove tecnologia e innovazione devono migliorare la qualità della vita, ridurre le disuguaglianze e generare impatto sociale positivo. L’Italia non parte da zero, visto che grazie al PNRR, oltre 10 miliardi di euro sono stati destinati alle smart city e quasi la metà dei comuni ha già avviato progetti. Ma i ritardi restano, soprattutto nel Sud.
“Nel 20242, spiega Andrea Troisi, Direttore dell’Osservatorio sull’Innovazione del Mezzogiorno, “il mercato italiano delle smart city ha superato 1 miliardo di euro, in crescita del 5%, ma resta sotto la media europea. Oltre il 40% delle risorse territoriali del PNRR è destinato al Mezzogiorno. La sfida principale è la governance: ogni progetto deve rispettare privacy, sicurezza, sostenibilità ed efficienza, in un’ottica di multicompliance. Ad oggi, però, solo il 16% dei comuni ha attivato partnership pubblico-private, nonostante il loro potenziale nel rafforzare i progetti“.
La carenza di competenze è il primo ostacolo allo sviluppo di smart city al Sud
Il capitale umano è dunque la vera infrastruttura delle smart city. Il 47% dei comuni segnala la carenza di competenze come principale ostacolo, più ancora della mancanza di fondi.
“Solo il 46% degli italiani possiede competenze digitali di base”, aggiunge Livio Tenerelli, presidente dell’Osservatorio, “e nel Sud la percentuale scende ulteriormente. Per questo è cruciale investire in formazione, sia dei giovani laureati in discipline ICT sia del personale pubblico, per evitare che i finanziamenti si trasformino in occasioni sprecate. L’Osservatorio nasce proprio con l’obiettivo di osservare e monitorare la spesa pubblica nei settori dell’innovazione e dell’intelligenza artificiale, due ambiti che possono decollare solo se supportati da un’adeguata preparazione“.
In Italia, tuttavia, l’impatto dell’innovazione resta complesso. I recenti dati OCSE mostrano un miglioramento sul fronte della formazione continua dei dipendenti, ma siamo ancora indietro rispetto alla media europea.
“Come Fondimpresa”, ricorda Mario Moioli, Responsabile delle Relazioni esterne del principale Fondo interprofessionale italiano, “negli ultimi anni abbiamo svolto un intenso lavoro su questo fronte. Il nostro nuovo impegno, in linea con la visione delle smart city, è continuare a finanziare la formazione continua per rafforzare le competenze dei dipendenti delle imprese private coinvolte in questo processo, perché l’innovazione di una città passa prima di tutto da una collaborazione e da una reale integrazione tra privati e Pubblica Amministrazione“.
Non lasciarsi sfuggire le opportunità del PNRR
C’è insomma ancora molto da fare, soprattutto al Sud, dove i servizi pubblici sono digitalizzati solo al 40% e dove la connettività domestica è più bassa di 7 punti percentuali rispetto alla media nazionale.
“Ma i fondi PNRR destinati al Meridione”, chiosano Andrea Troisi e Livio Tenerelli, “rappresentano un’occasione irripetibile per colmare il gap, soprattutto se calibrati sulle peculiarità locali: turismo, agricoltura, energie rinnovabili e valorizzazione culturale. L’innovazione deve diventare smart land, un modello che unisce città e aree interne. In altre parole, se il Mezzogiorno vuole diventare protagonista, serve una strategia che coniughi governance evoluta, competenze diffuse e risorse ben gestite. La smart city non è fatta solo di sensori e algoritmi, ma di visione e coraggio. Innovare significa mettere al centro le persone e i territori, costruendo città più vivibili, attrattive e inclusive“.