Francesca Lerario di Ogury condivide un’analisi sulla storia dell’IA nell’ad tech, partendo dagli albori del web fino ad oggi, l’era dell’Agentic AI

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Di seguito condividiamo un interessante articolo di Francesca Lerario, Managing Director Southern Europe di Ogury dedicato all’uso dell’AI nel settore ad tech. L’esperta ripercorre 20 anni di innovazione, offrendo una prospettiva utile per comprendere dove ci sta portando l’automazione.

Buona lettura!

Storia dell’IA nell’ad tech: 20 anni di evoluzione algoritmica

Se alcuni settori stanno muovendo i primi passi nell’integrazione dell’intelligenza artificiale, l’ad tech corre una vera e propria maratona verso l’automazione già da decenni.

Trattandosi di un settore basato su dati, velocità e scala, si tratta di un terreno perfetto per mettere in pratica l’evoluzione legata agli algoritmi. Ripercorrere la storia dell’innovazione dell’intelligenza artificiale nell’ad tech è un’ottima occasione per riflettere su dove l’automazione ci porterà prossimamente.

2005 – Prevedere i click con gli algoritmi

Agli albori del web moderno, la pubblicità pay-per-click era già un mercato da miliardi di dollari, con Google, Yahoo! e Ask che si contendevano il dominio sui motori di ricerca.

Centrale per il successo era la capacità di prevedere la probabilità dei tassi di click-through, possibile quando, a partire dalla metà degli anni 2000 fino ai primi anni 2010, le piattaforme hanno iniziato a sviluppare e implementare il machine learning. Analizzando terabyte di dati derivanti dalle impression di ricerca, i modelli di machine learning erano in grado di identificare schemi nelle risposte degli utenti e nelle query di ricerca, isolando i fattori che aumentano la probabilità di un clic o di una conversione.

Modelli simili sono stati implementati anche nella piattaforma pubblicitaria di Facebook, che disponeva di un volume di dati ancora più ampio per l’apprendimento. Successivamente, aziende come Criteo hanno introdotto la predizione dei clic basata su machine learning nella pubblicità display, compito più complesso rispetto a search e social, poiché applicato a una varietà di domini e contesti, anziché a una singola piattaforma.

2015 – Far crescere audience enormi da piccoli semi

Nel 2015 il machine learning aveva fatto il suo ingresso nell’audience intelligence. Con la diffusione di smartphone e app, l’esperienza online si stava frammentando, spingendo allo sviluppo dei cosiddetti ID graph per costruire profili utente coerenti su dispositivi e piattaforme differenti. I modelli di machine learning a questo punto erano in grado di unire indirizzi IP, email, ID dei dispositivi e altro ancora in un unico identificatore, con tutte le conseguenti preoccupazioni sulla privacy che presto avrebbero imposto dei limiti a tale pratica.

L’audience extension è sorta proprio grazie alla potenza del machine learning: piccoli campioni di audience (“seed”) potevano essere estesi in maniera probabilistica per rappresentare gruppi molto più ampi, ampliando così la portata delle campagne targettizzate. Tale approccio si è rivelato particolarmente utile con l’intensificarsi delle normative sulla privacy, come il GDPR entrato in vigore nel 2018. Grazie a queste tecnologie, infatti, era possibile modellare pool di dati ottenuti con il consenso degli utenti per rispecchiare bacini più ampi di utenti connessi, senza violare alcun confine legale.

2020 – Le macchine diventano consapevoli

Entro il 2020, la visione artificiale e i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM o Large Language Model) avevano portato l’IA ad acquisire capacità molto simili a quelle umane, ma con velocità e scala sovrumane. La visione artificiale, ad esempio, permette ai modelli di riconoscere il contenuto dei media visivi (allenati, in parte, attraverso i moduli CAPTCHA), mentre gli LLM applicano le stesse capacità al testo, che viene interpretato attraverso il significato semantico, e non più tramite semplici categorie di parole chiave.

Questa comprensione più profonda ha rappresentato una svolta per la pubblicità contestuale, che faticava a raggiungere una maggiore scala a causa dell’imprecisione e della scarsità dei dati derivanti dal tagging manuale. Combinando queste capacità con modelli predittivi, per la prima volta è stato possibile prevedere l’efficacia di contenuti pubblicitari in base a elementi visivi e testuali.

2022: ChatGPT rende mainstream l’intelligenza artificiale

L’IA generativa è in grado di partire dalle conoscenze acquisite tramite la visione artificiale e gli LLM e sfruttarle in una maniera totalmente nuova: invece di usare modelli per interpretare i media, li utilizza per generarli. In questa fase, strumenti come Midjourney hanno attirato l’attenzione per la loro capacità di creare immagini sempre più realistiche partendo da semplici prompt testuali, ma è stato il lancio di ChatGPT nel novembre 2022 a portare finalmente l’IA sulle prime pagine dei giornali.

I benefici erano chiari: in un settore che produce un enorme volume di asset creativi, qualsiasi tecnologia capace di accelerare i processi ha un appeal immediato per agenzie e brand, mentre i software che alimentano la pubblicità digitale permettono agli utenti di interagire con le interfacce tramite comandi in linguaggio naturale.

Purtroppo, l’entusiasmo ha portato anche a degli eccessi. Improvvisamente, capacità di machine learning che prima erano il “dietro le quinte” dell’ecosistema sono diventate trasformazioni “alimentate dall’IA”. Questo ha reso più difficile distinguere chi stia davvero innovando e chi, invece, stia ribattezzando tecnologie consolidate da decenni per seguire la moda.

Dal 2025 in poi: gli agenti IA sono pronti, ma noi?

L’IA, nelle sue molteplici forme, ha fornito una crescita costante al settore ad tech fin quasi dalla sua nascita. Così è stato in passato e così sarà in futuro. Ad ogni modo, esiste già una singola innovazione che, da sola, potrà trasformare questa crescita modesta in qualcosa di stratosferico: l’agentic AI.

Gli agenti IA operano eseguendo sequenzialmente compiti tramite componenti specializzati, ciascuno progettato per produrre un risultato specifico. Nel settore pubblicitario, gli agenti possono essere utilizzati in vari ruoli automatizzabili: identificare i target di audience, trovare inventory correlate, ottimizzare dinamicamente le creatività e migliorare le performance delle campagne in tempo reale.

L’IA agentica, tuttavia, ha un potenziale ancora maggiore e può rappresentare un enorme progresso per il settore. Piuttosto che seguire semplicemente sequenze predefinite, può concepire soluzioni in modo indipendente e testare molteplici approcci per ottenere risultati ottimali. Immaginate le possibilità nell’ad tech. Un singolo sistema agentico potrebbe creare autonomamente campagne su più piattaforme, monitorarne le performance e ottimizzarle in tempo reale, senza alcuna guida umana.

Guardando al futuro, affinché l’IA agentica diventi molto di più che agenti isolati, o semplicemente un’API incapsulata in un’interfaccia di linguaggio naturale, sarà necessaria la collaborazione tra player ad tech, agenzie, editori e piattaforme. L’IA agentica sconvolgerà inevitabilmente l’equilibrio di potere tra gli attori del settore, rimescolando le carte tra domanda e offerta, e potenzialmente eliminando alcuni intermediari.

Il ruolo dell’IA nei prossimi capitoli della storia dell’ad tech non dipenderà dalla tecnologia, ma da un cambio di mentalità verso la collaborazione e l’interoperabilità. Ed è proprio questa trasformazione culturale, più ancora della tecnologia, a rappresentare la sfida più grande che l’ad tech si trovi ad affrontare.

di Francesca Lerario, Managing Director Southern Europe di Ogury