
Per gran parte dell’ultimo decennio, il cloud ibrido è stato presentato come un ponte verso una destinazione finale inevitabile: un cloud completamente pubblico. Oggi, però, questa narrativa sta cambiando. Il report Private Cloud Outlook 2025 di Broadcom lo chiarisce: oltre la metà dei responsabili IT considera il cloud privato di massima priorità per rispondere ai nuovi carichi di lavoro; parallelamente, quasi 7 su 10 stanno pianificando, o hanno già avviato, il ritorno dei workload critici in ambienti privati.
Ma cosa sta determinando questa inversione di tendenza? I principali fattori sono tre.
In primo luogo, il clima geopolitico è più imprevedibile che mai. Le organizzazioni stanno valutando attentamente la dipendenza da fornitori esterni e l’ubicazione fisica dei dati più sensibili. I recenti eventi globali, come le restrizioni all’accesso ai dati in alcune regioni a causa di sanzioni internazionali, gli attacchi informatici mirati a data center stranieri o la fuga di informazioni sensibili, hanno evidenziato quanto sia fondamentale sapere esattamente dove sono collocati i propri dati e chi può accedervi. In un mondo in cui i requisiti di sovranità digitale e residenza dei dati sono sempre più stringenti, le aziende desiderano la flessibilità necessaria per eseguire i carichi di lavoro nel posto giusto, al momento giusto e alle proprie condizioni.
In seconda istanza, l’intelligenza artificiale (AI) ha cambiato le regole del gioco. L’addestramento di modelli di AI robusti richiede la disponibilità in un unico luogo di enormi set di dati consolidati. Questa esigenza di data gravity va in contrasto con le strategie multi-cloud tentacolari e distribuite su più fornitori e giurisdizioni. Per molte aziende, il modo più pratico per mantenere i carichi di lavoro dell’AI performanti, conformi ed economicamente sostenibili è quello di riportarli in un ambiente privato e controllato, in grado di scalare in modo sicuro, integrarsi con i sistemi legacy e garantire prestazioni prevedibili.
Un altro punto è che la tecnologia stessa si è evoluta. I progressi nelle architetture container, nelle infrastrutture iperconvergenti e negli strumenti di orchestrazione hanno cancellato molti dei vantaggi tecnici un tempo riservati ai grandi fornitori di cloud pubblico. Oggi il cloud privato è in grado di offrire la stessa automazione, elasticità e scalabilità, ma con maggiore governance e controllo. Le moderne soluzioni di cloud privato possono anche funzionare su data center locali e siti di colocation, tutti gestiti come un unico ambiente unificato.
La pressione normativa sta amplificando questa tendenza. In Europa, quadri normativi come DORA, NIS2, GDPR e SecNumCloud richiedono livelli sempre più elevati di sovranità, resilienza e verificabilità. Le grandi aziende soggette a molteplici regimi di conformità sovrapposti, per stare al passo con gli audit, devono riprendere il controllo delle proprie infrastrutture critiche. Questo spiega la chiara preferenza che osserviamo per soluzioni cloud private e sovrane in grado di dimostrare, sotto esame, che i dati rimangono esattamente dove dovrebbero.
Infine, ultimo ma non meno importante, il ruolo della fiducia. L’AI sta ridefinendo il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti: di conseguenza, ogni risposta o raccomandazione automatizzata comporta un rischio per la reputazione. Un incidente di sicurezza, un pregiudizio espresso dall’algoritmo o una conversazione gestita in modo errato possono minare improvvisamente il rapporto di fiducia. Le aziende hanno la responsabilità legale ed etica di garantire che la propria infrastruttura, e per estensione la propria AI, sia sicura, spiegabile e ben governata.
La conclusione è semplice: il cloud privato non è un relitto del passato. È un pilastro strategico per il futuro, soprattutto per le organizzazioni che gestiscono dati sensibili, implementano AI avanzata o operano sotto stretto controllo normativo. Le aziende che avranno successo in questa nuova era saranno quelle che riusciranno a trovare il giusto equilibrio: sfruttando l’agilità e l’innovazione del cloud pubblico dove ha senso farlo, mantenendo al contempo i propri asset strategici saldamente all’interno di un cloud privato affidabile e ad alte prestazioni, in grado di adattarsi e scalare insieme alla loro attività.
DXC Technology sostiene ambienti cloud privati che supportano oltre 12 milioni di utenti in tutto il mondo e gestiscono più di 40 exabyte di dati. Sfruttando capacità di automazione leader del settore e infrastrutture iperconvergenti, DXC abilita cloud privati in grado di ridurre i costi operativi fino al 30%, accelerando al contempo il time-to-market delle applicazioni critiche.




























































