
Il 2025 può essere definito un anno tumultuoso, caratterizzato da prezzi energetici elevati, inflazione, nuovi dazi e crescenti tensioni geopolitiche. In questo contesto crescono le preoccupazioni per i consumatori europei, che rivalutano le priorità spese e riorganizzano il proprio budget, come emerge dalla nuova survey di Boston Consulting Group, European Consumers Brace for More Uncertainty, che rileva il sentiment di oltre 16.000 consumatori in nove Paesi europei.
Chiamati a rispondere a domande riguardanti temi come preoccupazioni attuali, vita quotidiana, aspettative economiche e abitudini nelle spese, i consumatori di tutta Europa mettono in luce un clima di incertezza: il 54% si dice pessimista circa l’andamento economico del proprio Paese e il 52% è quotidianamente preoccupato per la propria situazione finanziaria. A gravare sulle preoccupazioni economiche, ci sono anche quelle politiche, con il 57% degli europei a dirsi pessimista su questo fronte. Questo sentimento di ansia rispetto alla situazione politica non è però avvertito in modo uniforme: oltre il 73% dei consumatori in Francia, il 71% in Romania e il 70% in Spagna si sentono pessimisti, ma in Scandinavia la percentuale scende al 38%.
L’Italia, si colloca a metà tra gli estremi europei e mostra un profilo distintivo non solo per i livelli di preoccupazione — significativi per quanto riguarda situazione politica (57%) e economica (58%) — ma anche per la reazione concreta dei consumatori di fronte a questo clima di sfiducia: mentre in Europa si spende meno, in Italia si spende diversamente.
“Lo studio restituisce la fotografia di un cambiamento nei comportamenti d’acquisto degli italiani: stiamo prendendo atto dell’incertezza socioeconomica e facendo i conti con l’inflazione e le entrate stagnanti. E a questo rispondiamo di buon senso: allocando una quota più alta della spesa alle cose necessarie e sacrificando una parte del discrezionale e del superfluo.” Spiega Antonio Faraldi, Managing Director e Partner di BCG, autore dell’approfondimento per l’Italia Gloomy Outlook: Italian Consumers Reallocating Their Spending, basato su un campione nazionale di circa 1.800 consumatori.
“Questo macro-trend, con tutte le sue sfaccettature nei diversi segmenti della popolazione e attraverso le diverse categorie merceologiche, ha implicazioni forti sia per le aziende produttrici che per la distribuzione. Con meno vento in poppa, cresce e vince solo chi sa navigare davvero bene. Ossia chi ha una comprensione reale della domanda e dei bisogni che determinano le scelte dei consumatori. Chi sa costruire un’offerta mirata a soddisfare questi bisogni in modo puntuale – e quindi senza restare totalmente in balia delle guerre di prezzo.” conclude Faraldi.
Come cambia il carrello spese in Italia e in Europa
In questo clima di sfiducia generalizzata, il nostro Paese si distingue quindi per una maggiore selettività, mentre nel resto d’Europa prevale un approccio agli acquisti più cauto. A fronte di un aumento dei prezzi percepito dal 73% degli italiani, di una diminuzione del reddito disponibile (21%) e di una minore capacità di risparmio (27%), le famiglie non si limitano a tagliare indiscriminatamente, ma rivedono le priorità e scelgono di riallocare il proprio budget con un approccio più consapevole: la spesa per i beni essenziali (casa, alimentazione, salute, istruzione) cresce del 15% netto, mentre quella per il discrezionale (abbigliamento, tempo libero, intrattenimento) cala di altrettanto. A testimonianza di questa tendenza, di fronte alla possibilità di avere a disposizione il 10% in più di reddito, la maggior parte degli italiani sceglierebbe di risparmiare oppure di soddisfare bisogni discrezionali accessibili, come una cena fuori o un viaggio.
Trend nelle categorie spese
Tra le 12 categorie analizzate, solo i generi alimentari mostrano un saldo netto positivo tra chi intende aumentare e chi ridurre la spesa. Tutte le altre sono in contrazione, con picchi negativi in alcolici, snack, moda e arredamento. Una tendenza che va in parallelo in tutta Europa, dove i consumatori stanno riducendo gli articoli discrezionali come l’abbigliamento (-22% di spesa netta), gli alcolici (-18%) e gli snack (-15%) e che, secondo BCG, è destinata a permanere anche nei prossimi sei mesi.
L’unica categoria in controtendenza è la moda di lusso: i consumatori ad alto reddito e gli acquirenti di lusso prevedono di aumentare la spesa in questa categoria nei prossimi sei mesi.
Prezzo sì, ma solo se c’è valore
Anche in un contesto di austerità, il fattore d’acquisto più importante in tutti e nove i Paesi analizzati è il rapporto qualità-prezzo, indicato dal 59% degli europei. Al secondo e terzo posto vi sono la possibilità di risparmiare e i prezzi bassi, citati rispettivamente dal 48% e dal 47% degli acquirenti.
Anche in Italia il value-for-money è il fattore più impattante, accompagnato da una forte sensibilità alle promozioni, che colloca il nostro Paese tra i tre più influenzati dalla scontistica, con una percentuale che varia dal 56% per categorie come farmaci da banco all’81% per l’abbigliamento. Fino all’81% è pronto a cambiare marca se trova un’offerta migliore.
Acquisti online e sostenibilità: due criteri divergenti in Italia Mentre in Europa si consolida l’integrazione tra fisico e digitale, l’Italia resta tra i Paesi meno digitalizzati nel percorso d’acquisto. Quasi tre quarti dei consumatori europei dichiarano che i punti vendita fisici sono ancora fondamentali o importanti, a conferma di una preferenza diffusa per esperienze d’acquisto ibride. Tuttavia, in Italia il canale online continua ad avere un ruolo marginale: solo il 14% considera l’e-commerce come principale per l’acquisto di prodotti come abbigliamento e farmaci da banco. Anche nell’uso del digitale come fonte di ispirazione, assistenza o interazione post-vendita, il nostro Paese si posiziona sotto la media europea.
Eppure, proprio mentre il digitale fatica a entrare nel quotidiano, gli italiani si distinguono per una sensibilità ambientale più accentuata rispetto al resto d’Europa. Il 55% degli intervistati in Italia si dice pessimista circa il futuro del pianeta – la percentuale più alta tra i nove Paesi analizzati – e il 54% dichiara di tenere conto della sostenibilità nelle proprie decisioni d’acquisto, contro una media europea del 45%. Circa un italiano su cinque (20%) è inoltre disposto a pagare un sovrapprezzo per alternative più sostenibili, rispetto al 17% a livello europeo.
Tuttavia, questa attenzione non si traduce sempre in comportamenti d’acquisto concreti: l’usato rimane una nicchia, con una penetrazione tra il 10% e il 15% in Italia, contro il 25%–35% registrato nei Paesi nordici. La sostenibilità, insomma, è una priorità dichiarata ma non ancora del tutto trasformata in abitudine.
Capire il mercato di oggi per un vantaggio domani
Per navigare in questo scenario, BCG identifica cinque priorità per le aziende del largo consumo e del retail:
- Identificare la domanda
Approfondire la comprensione dei segmenti più stabili e riconoscere con precisione quali driver influenzano realmente le scelte d’acquisto. • Rafforzare la proposta di valore.
Il prezzo non è l’unico criterio nelle spese, i consumatori cercano una motivazione chiara per scegliere un prodotto.
- Gestire pricing e promozioni in modo strategico
Non solo sconti: servono azioni mirate, guidate dai dati, per proteggere i margini e rispondere davvero alle aspettative dei consumatori.
• Investire nel digitale in modo mirato
Migliorare l’esperienza online, riducendo le frizioni e costruendo fiducia.
- Integrare la sostenibilità nelle spese del quotidiano
Non solo per le nicchie premium, la sostenibilità deve essere visibile, concreta e compatibile con i prodotti che i consumatori mettono nel carrello tutti i giorni.