
L’intelligenza artificiale agentica si prepara a diventare sempre più centrale per le attività operative delle aziende, incidendo su efficienza, produttività e competitività. Dalla survey di McKinsey “The State of AI 2025” realizzata in oltre 100 Paesi, emerge che il 23% delle organizzazioni sta scalando un sistema di AI agentica in almeno una funzione aziendale, mentre un ulteriore 39% ha già iniziato a sperimentare con agenti AI.
Questo trend nasconde però un paradosso: più agenti si adottano, più cresce la complessità. Le imprese che assumono una posizione attendista rispetto agli agenti AI rischiano di rimanere indietro, ma non va sottovalutato che quelle che li adottano in modo frammentato e non strutturato, corrono il pericolo di sostituire i vecchi silos tecnologici con silos intelligenti.
Questo accade quando un agente rileva anomalie, un altro ottimizza le scorte, un terzo elabora richieste normative. Ciascuno opera brillantemente ma in modo isolato, automatizzando la frammentazione invece di superarla e generando flussi di alert disconnessi che richiedono intervento umano anche sulle attività più standardizzate.
Oltre la somma delle parti
La vera rivoluzione sta nella capacità di far collaborare gli agenti, trasformando strumenti autonomi in ecosistemi intelligenti che comunicano, si coordinano e si controllano per raggiungere obiettivi complessi che nessun agente singolo potrebbe conseguire.
L’orchestrazione non significa semplicemente far lavorare più agenti in parallelo, ma creare un ecosistema dove collaborano attivamente, si scambiano informazioni contestuali, coordinano azioni sequenziali e parallele, e si verificano reciprocamente per garantire qualità e coerenza dei risultati.
Pensiamo a uno scenario concreto: l’agente che monitora le infrastrutture IT rileva un’anomalia di performance e comunica automaticamente con l’agente che analizza i log applicativi, che a sua volta interroga quello che gestisce lo storico degli incident per identificare pattern ricorrenti. Un agente supervisore governa il flusso di lavoro, controlla la consistenza delle analisi e conferma le conclusioni. In pochi secondi, il sistema produce una diagnosi completa: individua la root cause, mette in relazione eventi isolati, valuta l’impatto sui vari servizi e suggerisce azioni correttive con relativa priorità.
Una caratteristica fondamentale dell’orchestrazione matura è infatti la supervisione multi-livello. Non tutti gli agenti hanno lo stesso ruolo: alcuni eseguono compiti specializzati, altri hanno funzioni di coordinamento, validazione e controllo qualità. I cosiddetti agenti “supervisori” monitorano il lavoro degli altri, verificano la coerenza logica delle conclusioni, identificano conflitti e orchestrano il processo decisionale.
In tutto ciò l’elemento umano rimane centrale ma si trasforma: il personale diventa supervisore esso stesso ma dell’ecosistema agentico con tre principali responsabilità critiche e imprescindibili: definire gli obiettivi degli agenti AI e i vincoli etici, supervisionare decisioni ad alto impatto assumendosi la responsabilità finale e indirizzare l’evoluzione del sistema monitorando performance e addestrando in maniera continuativa gli agenti AI.
Dalla teoria alle applicazioni concrete per gli Agenti AI
L’orchestrazione agentica sta già iniziando a dimostrare le sue potenzialità in contesti operativi dove la complessità richiede coordinamento tra molteplici fonti di dati e processi decisionali; un coordinamento che sarebbe difficile, se non impossibile, gestire senza l’apporto dell’AI.
In particolare, tre ambiti si distinguono per maturità implementativa e impatto misurabile:
#1. Observability intelligente end-to-end: la collaborazione tra agenti che osservano livelli diversi dello stack tecnologico e del business permette di correlare automaticamente i dati e identificare non solo dove si manifesta un problema, ma perché e quale sarà il suo impatto.
#2. Gestione proattiva degli incidenti: gli agenti orchestrati analizzano pattern storici e metriche in tempo reale per prevedere failure prima che si manifestino. Nel settore finanziario significa anticipare blocchi nelle procedure KYC/AML, nella PA garantire continuità dei servizi critici, nel retail evitare stockout attraverso sincronizzazione predittiva.
#3. Operational intelligence da fonti non strutturate: agenti specializzati elaborano log, ticket, documentazione e feedback, estraendo insight che l’orchestrazione combina con dati strutturati e azioni operative per accelerare decisioni e interventi.
Non solo efficienza
I casi d’uso citati non rappresentano semplici innovazioni incrementali, ma veri e propri salti qualitativi nella gestione operativa. Le organizzazioni che stanno testando sistemi orchestrati riportano ovviamente riduzioni (anche importanti) dell’intervento manuale, con impatto diretto sui costi.
Tuttavia, il valore dell’orchestrazione multi-agente va ben oltre il contenimento delle spese: la diminuzione dei tempi di inattività non pianificati e la risoluzione proattiva delle criticità si traducono in maggiore affidabilità dei servizi e in continuità operativa, elementi critici per mantenere la competitività in contesti dove il downtime può tradursi in perdita di opportunità di business e reputazione.
Inoltre l’automazione intelligente non si limita a ridurre gli errori, ma migliora la qualità delle decisioni attraverso analisi predittive e interventi tempestivi. Inoltre liberando risorse umane qualificate da attività ripetitive, le organizzazioni possono riallocarle su iniziative strategiche a maggior valore aggiunto come l’innovazione dell’offerta, l’ottimizzazione dell’esperienza cliente e lo sviluppo di nuove competenze distintive, rafforzando così il proprio posizionamento competitivo nel medio-lungo termine.
Le sfide dell’implementazione: tecnologia e governance
Realizzare questi benefici richiede però di affrontare sfide complesse su più livelli. Sul piano tecnologico, servono architetture sofisticate per far dialogare agenti costruiti su modelli diversi, garantendo interoperabilità, gestione degli stati condivisi e resilienza di fronte a fallimenti parziali.
Ma è la dimensione organizzativa quella più critica: chi decide quanti agenti servono e in quali ruoli? Chi definisce i confini dell’autonomia decisionale e quando il sistema può agire senza supervisione umana? Come si gestisce l’accountability quando le decisioni emergono dalla collaborazione di più agenti, ciascuno con logiche proprie?
A queste complessità si aggiungono vincoli normativi sempre più stringenti. In Europa, GDPR, DORA e AI Act impongono trasparenza, resilienza operativa e requisiti specifici sugli algoritmi. Un’orchestrazione efficace deve quindi assicurare una tracciabilità completa di ogni scelta, fornire meccanismi di spiegazione chiari anche per i non tecnici, e prevedere regole e momenti di supervisione e intervento umano chiaramente definiti.
Questi requisiti diventano elementi di design che da una parte influenzano l’architettura stessa dei sistemi multi-agente; dall’altra richiedendo un approccio integrato dove competenze tecniche, organizzative, legali ed etiche devono dialogare fin dalle prime fasi di progettazione.




























































