
Il Gruppo Cegos, leader mondiale nel Learning & Development, ha lanciato un nuovo International Barometer dedicato ai manager di nuova nomina, ovvero ai dipendenti che assumono responsabilità manageriali per la prima volta, nonché ai Direttori e ai Responsabili delle Risorse Umane (HR). Condotto nel marzo 2025 in 10 Paesi dell’Europa, dell’America Latina e dell’Asia, lo studio fa luce sul percorso, le aspettative e le sfide di questo livello manageriale strategico, fondamentale sia per le prestazioni organizzative che per le numerose trasformazioni che le aziende devono affrontare.
Attraverso questo studio, Cegos dà effettivamente voce a coloro che hanno assunto un ruolo manageriale negli ultimi due anni, nonché ai Direttori e ai Responsabili delle Risorse Umane (HR), per comprendere meglio le rispettive aspettative riguardo al ruolo dei nuovi manager e alle competenze che sono tenuti a padroneggiare.
Questa prima edizione del Barometer presenta un ritratto di manager di nuova nomina altamente motivati, desiderosi di contribuire alle prestazioni collettive, generalmente ben supportati dalle loro organizzazioni, ma che devono affrontare carichi di lavoro sempre più elevati e la necessità di padroneggiare una gamma sempre più ampia di competenze.
Risultati chiave
- Il recruiting di nuovi manager rimane una sfida: il 42% dei professionisti delle Risorse Umane ha difficoltà a reclutare nuovi manager. Il 68% ritiene che i propri dipendenti non sempre possiedano le competenze comportamentali necessarie per assumere ruoli manageriali. È interessante notare che i neo manager hanno menzionato la scalata gerarchica solo al 28%, nonostante venga spesso considerata un obiettivo fondamentale dei ruoli manageriali.
- Le principali motivazioni per diventare manager includono una retribuzione migliore, l’attitudine alla risoluzione dei problemi (37%) e il contributo alle prestazioni dell’organizzazione (31%).
- Tra i criteri per selezionare i futuri manager a livello internazionale, gli intervistati delle Risorse Umane attribuiscono la stessa importanza alle competenze interpersonali e relazionali (50%) e alle competenze tecniche (anch’esse al 50%); in Italia vengono citate come criteri fondamentali le competenze umane / manageriali del neo manager al 63%.
- I manager di nuova nomina si considerano innanzitutto dei costruttori di performance collettive, per loro è una priorità assoluta al 39%. Le aspettative degli HR nei loro confronti sono incentrate su: raggiungimento degli obiettivi di crescita e redditività (41%), creazione di team con elevate performance (37%), ottimizzazione dei processi lavorativi (32%).
- L’affiancamento durante la transizione è generalmente forte: il 74% dei manager di nuova nomina ha ricevuto formazione e supporto e il 56% è stato sostenuto anche prima di assumere il ruolo. Da segnalare però che quasi uno su quattro non ha ricevuto alcuna forma di sostegno.
- Si sentono ben preparati per le loro responsabilità: il 95% afferma di avere una chiara comprensione del proprio ruolo.
- Il carico di lavoro è una preoccupazione crescente: il 67% (69% in Italia) riferisce un aumento delle proprie ore lavorative, a seguire difficolta per l’equilibrio vita-lavoro. Inoltre quasi la metà (47%) dichiara di non avere il tempo necessario per supportare il proprio gruppo nello sviluppo interpersonale e individuale.
- I manager sono attivamente impegnati nelle trasformazioni organizzative: il 78% è coinvolto nell’adozione dell’IA (62% in Italia) e il 77% è impegnato in iniziative di CSR.
- Le skill prioritarie da sviluppare, secondo i manager di nuova nomina e i professionisti delle Risorse Umane, includono: leadership e motivazione del team, comunicazione chiara ed efficace con il team, processo decisionale rapido e strategico.
- La soddisfazione complessiva sul lavoro è elevata: l’89% è soddisfatto delle proprie prestazioni e l’83% incoraggerebbe qualcuno del proprio network a ricoprire una posizione manageriale.
Alessandro Reati – Head of People & Culture e HR & Organization Practice Leader di Cegos Italia: «Questi risultati sottolineano quanto sia strategico, per le organizzazioni, riconoscere per tempo i dipendenti con potenziale manageriale. Il successo delle promozioni interne dipende dalla capacità di individuare in anticipo chi è in grado non solo di eccellere nelle competenze tecniche, ma anche di assumere un ruolo di leadership, capace di coinvolgere e unire i team ».
Identificare e reclutare manager di nuova nomina: una sfida continua per le organizzazioni
- Difficoltà strutturali
4 professionisti delle Risorse Umane su 10 (42%) segnalano difficoltà nel reclutare o identificare nuovi manager. La sfida principale consiste nell’individuare profili con potenziale manageriale: il 68% degli intervistati a livello globale ritiene che i candidati interni spesso non dispongano delle competenze comportamentali necessarie per ricoprire tali ruoli. A complicare ulteriormente la situazione, il 36% dei dipendenti identificati non desidera assumere una posizione manageriale.
- Promozione interna: un percorso privilegiato, ma con alcune condizioni
Sebbene la promozione interna rimanga il percorso più comune per accedere alla dirigenza, preferito dal 55% dei professionisti delle Risorse Umane, i criteri utilizzati per selezionare i futuri manager possono presentare sfumature differenti su scala globale.
A livello internazionale, gli intervistati delle Risorse Umane attribuiscono la stessa importanza alle competenze interpersonali e relazionali (50%) e alle competenze tecniche (anch’esse al 50%) quando promuovono un dipendente a una posizione manageriale. A Singapore, ad esempio, i professionisti delle Risorse Umane prestano particolare attenzione al potenziale di sviluppo personale dei dipendenti, con il 37% che lo cita come criterio fondamentale. Ciò riflette un approccio lungimirante alla gestione, in cui la capacità di crescita ha la precedenza sulla padronanza tecnica o sulle competenze già acquisite.
In Italia, invece, vengono citate come criteri fondamentali le competenze umane / manageriali del neo manager al 63%, mentre il potenziale di sviluppo si attesta solo al 10%.
Queste posizioni riflettono una maggiore attenzione verso competenze già maturate in ambito relazionale e gestionale, considerate fondamentali per affrontare con efficacia il passaggio a ruoli di responsabilità. Un’impostazione con un focus più immediato, che privilegia la sicurezza operativa immediata, ma che potrebbe limitare la valorizzazione di talenti emergenti.
«A livello organizzativo, il fatto che i professionisti delle Risorse Umane diano pari importanza alle competenze tecniche e alle capacità relazionali nella scelta dei manager segna un cambiamento profondo: cambia il modo in cui si definisce la legittimità di chi guida. Il ruolo del manager non è più visto solo come portatore di competenze, ma sempre più come figura chiave per guidare il cambiamento, generare coinvolgimento e trasformare i team» commenta Alessandro Reati.
La maggior parte dei nuovi manager desiderava la posizione
Per la stragrande maggioranza dei manager alla prima esperienza intervistati, assumere una posizione manageriale è stata innanzitutto una decisione personale e deliberata. A livello globale, il 69% dichiara di aver espresso attivamente il desiderio di assumere un ruolo dirigenziale.
Il risultato è ancora più sorprendente a Singapore, dove l’82% dei nuovi manager ha dichiarato di essersi offerto volontario per la posizione. Ciò riflette una forte enfasi culturale sullo sviluppo della leadership, ma è anche legato a un mercato del lavoro rigido e a tassi di disoccupazione molto bassi.
In Italia quasi la metà dei nuovi manager (41%) non ha scelto attivamente questo ruolo. Questo può indicare una minore cultura della leadership come scelta consapevole, ma anche una diversa dinamica organizzativa, in cui il passaggio a ruoli manageriali avviene più spesso su proposta dell’azienda che su iniziativa individuale. Un segnale che invita a ripensare i percorsi di crescita, dando maggiore spazio alla volontarietà e alla consapevolezza del ruolo.
I candidati manager sono guidati da motivazioni pragmatiche, lontane dai comuni stereotipi: retribuzione, risoluzione dei problemi e gestione delle prestazioni
Alla domanda su cosa li abbia attratti del ruolo di manager, gli intervistati hanno citato due motivi principali in egual misura (37% a livello globale): l’opportunità di ottenere una retribuzione migliore e la possibilità di risolvere problemi o fornire soluzioni pratiche nelle operazioni quotidiane.
Questi risultati riflettono un approccio altamente pragmatico. Il riconoscimento tangibile delle loro competenze e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide operative sono i principali fattori alla base del loro impegno.
Oltre a queste due motivazioni principali, gli intervistati hanno dichiarato di aver scelto di diventare manager per migliorare le prestazioni dei propri team e contribuire al successo complessivo dell’organizzazione nel 31% dei casi. Inoltre, al 29% dichiarano di essere stati motivati dall’opportunità di sostenere lo sviluppo dei membri del proprio team.
È interessante notare che i neo manager hanno menzionato la scalata gerarchica solo al 28%, nonostante venga spesso considerata un obiettivo fondamentale dei ruoli manageriali.
I professionisti HR percepiscono queste motivazioni in modo diverso. Tendono a sopravvalutare il fascino della gerarchia, al 44%, ritenendo che i nuovi manager siano principalmente spinti dalla mobilità ascendente, 16 punti percentuali in più rispetto alle opinioni dei manager stessi. Al contrario, sottovalutano l’importanza delle sfide operative. Risolvere i problemi quotidiani, tra i fattori più citati dai neo manager, è stato individuato dagli HR solo al 23% come fattore motivante.
«Contrariamente a quanto si pensa, i dipendenti non aspirano a diventare manager solo per salire nella gerarchia. Lo stipendio resta un elemento rilevante, ma ciò che li motiva davvero è la possibilità di incidere direttamente sulla performance, trovare soluzioni concrete e avere un impatto reale. Tuttavia, esiste un chiaro scarto tra le motivazioni espresse dai manager e quelle percepite dalle Risorse Umane. Un dialogo più diretto e continuo tra le due parti potrebbe colmare questo divario, rendendo i percorsi di sviluppo più coerenti con le aspettative delle persone», Alessandro Reati
Assumere un ruolo manageriale: una transizione che sembra ben supportata
Un dato positivo emerso dallo studio è che la vasta maggioranza dei manager di nuova nomina dichiara di aver ricevuto un sostegno specifico nell’assumere le nuove responsabilità. A livello globale, il 74% degli intervistati afferma di aver beneficiato di misure quali formazione, mentoring o coaching.
Sebbene questi dati riflettano un chiaro impegno da parte delle organizzazioni per garantire il miglioramento delle competenze dei propri nuovi manager, vale la pena notare che quasi uno su quattro non ha ricevuto alcuna forma di supporto. Ciò evidenzia la necessità di diffondere maggiormente tali iniziative al fine di evitare transizioni isolate e vulnerabili verso il management.
Lo sviluppo delle competenze è ampiamente anticipato dalle organizzazioni
Oltre al supporto generico all’inserimento, l’analisi evidenzia che nella maggior parte dei casi la formazione viene fornita prima che i manager assumano il loro nuovo ruolo.
Su scala globale, il 56% dei nuovi manager riferisce di aver ricevuto una formazione preliminare prima di assumere il ruolo, che ha riguardato aree quali management, leadership e assertività.
Per offrire un supporto pratico e personalizzato nella quotidianità, questa transizione è spesso accompagnata da un mentoring interno, implementato nel 46% dei casi.
«Questo studio mostra quanto sia ormai superata l’abitudine di supportare i nuovi manager solo al momento della nomina o nei mesi successivi. Al contrario, evidenzia l’importanza di un supporto anticipato, prima ancora della transizione ufficiale, focalizzato sullo sviluppo delle competenze relazionali. Preparare i futuri manager in questa fase iniziale aiuta a rendere il passaggio di ruolo più fluido, offre strumenti più solidi per affrontare le sfide e rafforza il loro coinvolgimento nel lungo termine – un aspetto ancora più strategico se si considera quanto sia difficile, per molte organizzazioni, individuare i profili davvero ad alto potenziale», Alessandro Reati.
Manager di nuova nomina si sentono ben preparati per avere successo
Il verdetto è chiaro. La stragrande maggioranza dei manager di nuova nomina si sente ben preparata per affrontare le sfide delle nuove responsabilità. A livello globale, il 95% dichiara di avere una chiara comprensione di ciò che ci si aspetta da loro in qualità di manager.
Per quanto riguarda le questioni operative, i dati sono altrettanto sorprendenti. Il 95% dichiara di disporre degli strumenti necessari per comunicare efficacemente con i propri team. Anche l’inserimento dei nuovi membri del team è ben supportato, con il 94% dei nuovi manager che si sente adeguatamente preparato per questo aspetto fondamentale.
Questo senso di preparazione supera il 90% in tutte le dimensioni fondamentali del ruolo manageriale: la leadership del team (93%), agire come il motore della trasformazione organizzativa (92%) e persino l’accesso agli strumenti per l’attuazione delle politiche di inclusione e diversità (91%).
Secondo Sara Tamburro – Head of Marketing, Communication & Solutions di Cegos Italia: «I punteggi elevati relativi alla percezione dei nuovi manager riguardo alla loro preparazione per il ruolo possono sorprendere, ma in realtà riflettono diversi sviluppi chiave. In primo luogo, le organizzazioni riconoscono ormai che essere manager non è una questione di talento innato, ma di padronanza di competenze concrete. Stanno chiaramente compiendo sforzi visibili per implementare programmi di formazione e di supporto dedicati e personalizzati. In secondo luogo, con l’accelerazione delle trasformazioni – che si tratti di innovazione tecnologica, cambiamento dei modelli di lavoro, transizione ecologica o CSR – le aziende stanno ponendo maggiore enfasi sull’allineamento delle aspettative per evitare di lasciare soli in prima linea i neo manager. Il loro ruolo infatti, è fondamentale per guidare e realizzare con successo queste trasformazioni all’interno dei team».
Manager di nuova nomina: costruttori di performance e agenti del cambiamento
- Le performance al centro della loro missione
La missione principale dei manager di nuova nomina è chiara. Per il 39% di loro, la priorità assoluta è creare un team altamente performante. Ciò è in linea con le aspettative dei professionisti delle Risorse Umane, il 37% dei quali considera questo obiettivo tra i più importanti.
Segue il contributo diretto alla crescita e alla redditività dell’organizzazione, citato al 36% dai nuovi manager e addirittura al 41% dai professionisti HR, che si aspettano che essi gestiscano con una forte attenzione al business.
Completa il podio l’ottimizzazione dei processi di lavoro. Nel 36% dei casi, i nuovi manager la considerano una leva fondamentale per le prestazioni, opinione condivisa al 32% dai professionisti HR. Questa visione pragmatica mostra una forte corrispondenza tra le aspettative dei manager e le priorità dell’organizzazione.
Anche la coesione del team è vista come una parte essenziale del ruolo. I manager di nuova nomina desiderano rafforzare l’unità all’interno dei propri team e contribuire a prevenire i conflitti (25%).
È interessante notare che i temi legati alla CSR e alla tecnologia, come l’inclusione, la diversità e l’adozione dell’IA, rimangono secondari tra le priorità dichiarate, sia per i manager che per le Risorse Umane. L’integrazione dell’IA e la diversità e l’inclusione sono citate solo nel 6% dei casi. Ciò suggerisce che gli obiettivi operativi e aziendali rimangono il risultato principale, sia per i nuovi manager che per le loro organizzazioni.
«I neo manager si considerano innanzitutto dei costruttori di performance collettive. La loro priorità è chiara: rafforzare il proprio team e ottenere risultati tangibili. Su queste solide basi, potranno poi ampliare gradualmente il proprio ruolo fino a occuparsi di questioni più strategiche, come la CSR o la trasformazione digitale», Sara Tamburro.
L’IA sta prendendo piede nelle pratiche manageriali, con dinamiche contrastanti tra i vari Paesi
Il passaggio all’Intelligenza Artificiale sta diventando parte integrante delle pratiche manageriali, spinto sia dai professionisti dell’HR che dai manager di nuova nomina. A livello globale, il 68% degli intervistati nel settore delle Risorse Umane afferma di supportare i manager nell’adozione dell’IA, mentre il 78% dei nuovi manager riferisce di aiutare attivamente i propri team a familiarizzare con questi nuovi strumenti. Infatti, il 77% dichiara di aver già integrato l’IA nelle proprie pratiche manageriali.
Le dinamiche nazionali e regionali rivelano differenze significative. Singapore e l’America Latina si distinguono come Paesi all’avanguardia, con tassi di adozione dell’IA superiori all’80% e che raggiungono addirittura oltre il 90% per alcuni indicatori.
L’Europa, invece, è ancora piuttosto indietro. Solo il 63% (60% in Italia) dei professionisti dell’HR e il 72% (62% in Italia) dei nuovi manager in Europa dichiarano di supportare i propri team nell’adozione dell’IA. Questo approccio più cauto riflette una continuità culturale, poiché le aziende europee hanno storicamente dimostrato un’adozione più misurata o più lenta delle trasformazioni tecnologiche.
CSR: i nuovi manager dimostrano un livello di impegno confermato
I manager di nuova nomina dimostrano un forte livello di impegno in materia di Responsabilità Sociale d’Impresa. A livello globale, il 77% dichiara di essere attivamente coinvolto, con percentuali che variano dal 72% in Europa, all’84% in America Latina e all’85% a Singapore.
La grande maggioranza concorda inoltre sul fatto che la propria organizzazione abbia adottato una politica strutturata in materia di CSR (80% a livello mondiale) e che sia in grado di conciliare tali obiettivi con quelli di performance dei propri team (anch’essi all’80%).
Questi dati confermano che la CSR sta diventando parte integrante sia della vita organizzativa che delle responsabilità quotidiane dei nuovi manager, anche se il grado di impegno varia notevolmente da una regione all’altra.
I nuovi manager sono motivati… ma sotto pressione
Nel complesso, i manager alla prima esperienza riferiscono una qualità della vita lavorativa soddisfacente, con sistemi di supporto ben consolidati nella maggior parte delle organizzazioni. Dal punto di vista delle Risorse Umane, il 90% dichiara di promuovere un clima di cooperazione e fiducia, mentre l’86% garantisce di assumere manager in linea con l’etica e i valori dell’azienda.
Gli stessi manager condividono questa visione positiva. Il 94% afferma di agire in conformità con i propri valori personali e il 90% ritiene di lavorare in un ambiente che favorisce la cooperazione e la realizzazione personale. È ampiamente riconosciuto un forte senso di autonomia nel proprio ruolo (91%), così come la possibilità di esprimere preoccupazioni riguardo al carico di lavoro (83%).
Tuttavia, dietro questi dati incoraggianti si nascondono alcuni segnali di allarme legati alla crescente pressione e al carico di lavoro. Il 67% dei nuovi manager riferisce un aumento costante del proprio carico di lavoro (69% in Italia). A ciò si aggiunge la persistente difficoltà nel mantenere l’equilibrio tra vita professionale e privata: un manager su quattro esprime insoddisfazione in questo ambito, essenziale per mantenere un impegno a lungo termine in un ruolo manageriale.
Queste pressioni hanno un impatto diretto sulla capacità dei manager di nuova nomina di investire pienamente negli aspetti umani del proprio ruolo. Quasi la metà (47%) dichiara di non avere il tempo necessario per supportare il proprio gruppo nelle questioni relative allo sviluppo interpersonale e individuale. L’osservazione è ancora più critica tra i professionisti delle Risorse Umane, il 60% dei quali condivide la stessa diagnosi.
Oltre a questa tensione tra tempo e risorse umane, emergono altre sfide. La gestione intergenerazionale rappresenta una difficoltà per il 44% dei manager. Il 43% segnala una mancanza di informazioni sulla strategia organizzativa e il 38% riferisce un senso di isolamento manageriale. Anche la modalità ibrida, rimane una sfida per il 40% dei nuovi manager.
Commenta di nuovo Alessandro Reati, di Cegos Italia: «Lo studio mette in luce una tensione strutturale che molti nuovi manager si trovano ad affrontare: da un lato la pressione costante delle esigenze operative, dall’altro il desiderio – spesso rimosso – di costruire relazioni significative con i propri team. In particolare, i manager segnalano il bisogno di tempo e supporto per poter svolgere pienamente il proprio ruolo. Il 67% degli intervistati riporta un aumento del carico di lavoro, un segnale allarmante che incide direttamente sulla loro energia fisica, mentale ed emotiva. Questo sovraccarico mina la loro capacità di gestire tutti gli aspetti del ruolo: dalle performance e lo sviluppo del team, alla gestione dei conflitti, fino al sostegno attivo nei processi di trasformazione. Per questo, è essenziale una maggiore attenzione aziendale, per evitare il rischio di burnout, inteso come esaurimento personale e perdita di senso del ruolo organizzativo.»
Le sfide operative e umane pesano sulla vita quotidiana dei nuovi manager
Oltre alle questioni strutturali legate al carico di lavoro, i nuovi manager devono affrontare sfide quotidiane molto concrete che complicano l’esercizio delle loro nuove responsabilità. Il 73% riferisce di aver incontrato conflitti intra o interdipartimentali, una difficoltà importante evidenziata anche dal 66% dei professionisti delle Risorse Umane.
Anche i cambiamenti nelle abitudini di lavoro e nelle strutture organizzative richiedono un grande dispendio di energie. Il 62% dei nuovi manager dichiara di dedicare molto impegno al tentativo di evolvere le pratiche di lavoro all’interno dei propri team. I professionisti delle Risorse Umane confermano questa sfida, con il 65% che riconosce la stessa difficoltà, indicando una consapevolezza condivisa degli ostacoli al cambiamento.
La gestione delle urgenze quotidiane rimane un ostacolo per il 60% degli intervistati. Anche il mantenimento della motivazione del team e la negoziazione per le risorse necessarie sono fonte di preoccupazione per quasi il 60% di loro.
Infine, il 73% dei professionisti dell’HR sottolinea la difficoltà dei manager di nuova nomina nel gestire la pressione crescente. Questa percezione è condivisa dagli stessi manager, anche se espressa in modo meno forte sul campo (60%).
Leadership, comunicazione ed empatia: le competenze trasversali al centro della gestione aziendale
Per affrontare le numerose sfide quotidiane, sia i manager di nuova nomina che i professionisti HR concordano sulla necessità di dare priorità allo sviluppo delle competenze trasversali, che costituiscono il vero fondamento della gestione moderna.
Lo studio conferma questa convergenza. Gli stessi manager considerano la leadership e la motivazione del team come la loro priorità assoluta (30%), un’opinione condivisa al 37% di professionisti HR, che ritengono questa competenza essenziale per sostenere le prestazioni collettive.
Segue la comunicazione chiara ed efficace con il team, considerata una leva fondamentale al 24% per i nuovi manager e al 38% per gli intervistati delle Risorse Umane.
Il processo decisionale rapido e strategico completa la top 3, citato al 25% dai nuovi manager e al 30% dai professionisti delle Risorse Umane. In un ambiente di lavoro sempre più complesso, la determinazione e l’agilità stanno diventando fondamentali per una leadership efficace del team.
Oltre a queste priorità principali, lo studio evidenzia diverse altre competenze strategiche: empatia (citata al 30% dai manager e delle Risorse Umane), gestione dello stress e resilienza (23% dai manager e 20% dalle Risorse Umane), gestione delle prestazioni (rispettivamente 23% e 25%) e gestione del tempo e delle priorità, segnalata dal 25% degli intervistati delle Risorse Umane.
“Questi risultati riflettono un impegno forte e diffuso nell’investire in competenze trasversali per dare solidità e futuro al ruolo del manager. Leadership, comunicazione, empatia sono le skill che manager e HR mettono al centro per costruire una gestione efficace e umana, in un contesto che chiede velocità, visione e attenzione alle persone”, Sara Tamburro.
Manager di nuova nomina e HR: un impegno condiviso per lo sviluppo delle competenze
Al di là delle aspettative dichiarate, lo studio rivela un vero e proprio slancio tra i manager di nuova nomina nell’assumersi la responsabilità del proprio percorso formativo. Il 51% dichiara di dedicarsi all’apprendimento autonomo utilizzando risorse online. Questo dato riflette una forte propensione verso formati flessibili e facilmente accessibili, in particolare in un contesto caratterizzato da carichi di lavoro elevati.
Inoltre, il 45% partecipa a corsi di formazione specificamente dedicati al proprio ruolo manageriale, dimostrando una chiara volontà di rafforzare sia le proprie competenze tecniche che comportamentali, in linea con le nuove responsabilità.
Dal punto di vista delle Risorse Umane, l’impegno a sostenere e formare i manager alla prima esperienza è altrettanto evidente. Il 53% dei professionisti HR afferma di disporre di piani di formazione strutturati, che includono un percorso di gestione chiaro per ogni nuovo assunto. Ciò dimostra un approccio proattivo nel sostenere questi ruoli chiave.
Gli eventi professionali, come conferenze e fiere, costituiscono uno strumento di sviluppo complementare, utilizzato dal 42% dei nuovi manager. Anche i professionisti delle Risorse Umane incoraggiano attivamente questa pratica: il 47% promuove la partecipazione a questi eventi come un modo per ampliare le competenze manageriali e le reti di contatti.
Un altro dato degno di nota: la dimensione collettiva del development è molto apprezzata. Il 37% dei professionisti dell’HR organizza peer group per i nuovi manager, riflettendo il desiderio di integrare l’apprendimento in ambienti basati sulla collaborazione tra pari che favoriscono la coesione e la rapida crescita.
Infine, sebbene il coaching one-on-one non sia ancora sistematico, è comunque offerto dal 36% dei professionisti delle Risorse Umane, fornendo una leva preziosa per il supporto personalizzato durante i primi mesi di lavoro.
Nuovi manager: una visione lucida ma positiva del proprio ruolo
Al termine del sondaggio, i nuovi manager esprimono un giudizio estremamente positivo sulle proprie prestazioni.
In media, si danno un voto di 7,93 su 10, rispetto al 7,24 assegnato dai professionisti HR. Questo punteggio incoraggiante riflette la fiducia dei manager nella propria capacità di affrontare le sfide quotidiane, nonostante i vincoli evidenziati nel corso dello studio.
Nel complesso, l’89% dei nuovi manager ritiene di svolgere bene il proprio ruolo. Questa percentuale è superiore a quella registrata in Europa (85%), ma leggermente inferiore a quella dell’America Latina (96%) e di Singapore (90%), dove la cultura del self improvement e della leadership appare particolarmente forte.
La soddisfazione complessiva dei nuovi manager si riflette anche nella loro disponibilità a raccomandare questo ruolo. L’83% dichiara che incoraggerebbe qualcuno del proprio network a ricoprire una posizione manageriale.
Nonostante il carico di lavoro e le sfide legate alla conciliazione tra vita professionale e vita privata, considerano questo ruolo un’esperienza gratificante e arricchente. Questa visione positiva è un fattore chiave per incoraggiare i nuovi manager a farsi avanti e per sostenere lo slancio manageriale all’interno delle organizzazioni.
«I risultati di questo studio dimostrano che i manager di nuova nomina ci mettono impegno, anche in mezzo alla complessità della loro quotidianità. Hanno aspettative concrete e una motivazione forte a fare bene. La sfida per le organizzazioni è garantire percorsi di sviluppo che rispecchino le loro sfide reali e sistemi di supporto pensati con loro, non solo per loro. Guidarli nel tempo, con attenzione costante, fa la differenza: sulle performance del team e sulla voglia di restare in quel ruolo». Sara Tamburro.