Il nostro Paese può giocare un ruolo chiave nella filiera del software, ma serve un’industria consapevole. L’AI accelera la trasformazione del settore

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Dopo anni di crescita a doppia cifra sostenuti da forti incentivi pubblici e da una digitalizzazione diffusa nel post-pandemia, la filiera del software in Italia mostra un rallentamento, pur confermando una solida traiettoria di sviluppo. Il fatturato complessivo generato dalle oltre 25.900 aziende attive nel comparto ha raggiunto nel 2024 quota 66,7 miliardi di euro, con una crescita del +8,3% rispetto al 2023. La previsione a chiudere per il 2025 dichiarata dagli attori del mercato è del +5,2%, per un fatturato di 70,1 miliardi di euro. Si tratta di una dinamica meno brillante rispetto al recente passato, ma che conferma la rilevanza strutturale di un settore che rappresenta una componente cruciale dell’economia digitale del Paese.

Sono alcuni risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation del Politecnico di Milano realizzata in collaborazione con AssoSoftware e presentata durante il convegno “Software & Digital Native: trasformazione in atto, il futuro è adesso!”.

Il rallentamento colpisce alcune grandi realtà del settore, ma le realtà di dimensione più contenuta crescono. AI e nuove infrastrutture sul territorio potranno cambiare il mercato

Il rallentamento della crescita della filiera del software è particolarmente visibile nelle 30 aziende più grandi del comparto, che da sole generano il 28% del fatturato totale, ma hanno registrato una crescita media del +5,5%. Tra queste, le realtà internazionali con un’offerta ibrida tra hardware e software hanno evidenziato performance più contenute, o addirittura contrazioni del fatturato. Al contrario, si evidenziano segnali di dinamismo tra le aziende italiane più agili, che stanno consolidando la propria offerta attraverso acquisizioni mirate.

Oltre le top 30, la filiera del software continua a mostrare segnali di vitalità, con tassi di crescita a doppia cifra tra le aziende di dimensioni medio-piccole. In generale, però, l’intero comparto dei servizi legati al software – system integrator e società di consulenza in primis – ha rallentato in modo marcato: la crescita è passata dal +19,4% del 2023 al +8,1% del 2024.

A influire è stata la peculiarità del sistema lavorativo italiano, dove l’ingresso delle software house in segmenti di servizio e il contatto diretto con il cliente tramite l’erogazione di servizi progettuali sta modificando gli equilibri di mercato, erodendo (soprattutto nel target di clienti più piccoli) spazio competitivo ai grandi system integrator e/o società di consulenza digitale.

Risulta altrettanto importante considerare il rallentamento della filiera del software alla luce delle politiche pubbliche degli ultimi anni, a cui sarà fondamentale dare continuità nei prossimi anni. Nello specifico, è ancora presente un influsso positivo da parte del PNRR per il settore pubblico, mentre il mondo privato ha beneficiato degli incentivi del piano “Transizione 4.0” terminati il 1° gennaio 2025 per la componente immateriale del software e non ancora sufficientemente rimpiazzati dal piano “Transizione 5.0”.

Filiera del software: in Italia serve una strategia per trasformare la presenza in influenza

Il confronto con i principali Paesi europei mostra con evidenza quanto l’Italia debba ancora fare per rendere il software un asset competitivo a livello internazionale. Le 30 principali aziende produttrici di software operanti in Italia generano un fatturato pari allo 0,55% del PIL nazionale, contro l’1,06% della Francia, l’1,26% della Germania e addirittura l’1,39% della Spagna. In quest’ultimo caso, la crescita è stata accelerata da strumenti pubblici efficaci, come il programma Digital Kit, che ha reso accessibile la trasformazione digitale a una vasta platea di PMI, generando un indotto industriale significativo.

A mancare, in Italia, sono i cosiddetti campioni nazionali. La filiera del software in Germania e Francia può contare su grandi player considerati strategici anche dai rispettivi governi. In Italia, il tessuto produttivo è invece composto da una miriade di piccole realtà, fortemente radicate sul territorio, che spesso faticano a scalare o ad attrarre capitali per consolidarsi.

I software gestionali, in particolare, si confermano il cuore pulsante dell’offerta italiana: sono presenti nell’85% delle realtà e saranno investiti nei prossimi anni dalla trasformazione dell’Artificial Intelligence, considerata ad oggi il principale driver evolutivo per la filiera, sebbene la sua reale integrazione nei prodotti sia ancora limitata. Il 68% dei casi integra soluzioni di AI nella propria proposizione di valore ma, per lo più, in maniera marginale.

In ottica prospettica, la filiera del software registra comunque una propensione strutturale all’innovazione, ma che deve essere sostenuta da politiche industriali mirate: la spesa mediana in ricerca e sviluppo è compresa tra il 10 e il 15% del fatturato, una quota decisamente più elevata rispetto ad altri comparti industriali.

Inoltre, la fotografia dell’ecosistema startup della filiera del software indica come sono 161 le realtà innovative afferenti alla filiera italiana del software nate e finanziate negli ultimi 5 anni, con 274,3 milioni di dollari raccolti. L’AI è la tecnologia più diffusa, confermando la centralità di questo trend. L’innovazione, dunque, c’è, ma ha bisogno di un ecosistema favorevole per crescere: capitali pazienti, politiche pubbliche stabili, infrastrutture tecnologiche locali e accesso a mercati esteri.

PMI più digitali, ma resta il divario con le piccole. L’indice di maturità segna +3 punti

La filiera italiana del software ha un impatto rilevante anche sulla digitalizzazione delle PMI. L’indice di maturità elaborato dall’Osservatorio – che misura l’adozione e l’efficacia dei software gestionali – ha raggiunto quota 54,34 nel 2025, con un incremento di circa 3 punti rispetto all’anno precedente. Le medie imprese (50-249 dipendenti) trainano la crescita, mentre le piccole (10-49) mostrano un ritardo strutturale.

L’adozione del software gestionale rimane in linea con lo scorso anno, mentre la revisione dei processi subisce l’impatto dell’intelligenza artificiale. Da un lato le aziende della filiera del software stanno producendo nuove micro-funzionalità di AI, dall’altro le PMI stanno iniziando a sperimentare nuove applicazioni basate su AI lungo le diverse aree di business, che tuttavia possono portare a casi di Shadow AI, con sperimentazioni isolate da parte di singoli dipendenti, senza controllo e autorizzazione di IT e vertici aziendali.

Alcune dichiarazioni

In un contesto dettato da una sempre maggiore attenzione verso la sovranità del dato, la filiera del software è un elemento altamente strategico per il Paese”, dichiara Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation. “Oggi, grazie agli investimenti infrastrutturali in corso – come l’apertura dei Data Center di grandi provider globali e attori locali – si stanno creando le basi per un ecosistema digitale più robusto, ma serve un salto di qualità: costruire un’industria del software ‘sopra’ queste infrastrutture, capace di produrre valore, occupazione e innovazione in Italia”.

“Il Paese, che si trova costretto a rincorrere ecosistemi più avanzati come Francia, Spagna e Germania, nei prossimi anni dovrà favorire, tramite opportune politiche, la crescita delle realtà della filiera del software, definendo una strategia industriale di medio periodo a supporto del settore”, dichiara Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation. “In questo percorso, risulta fondamentale per la competitività prestare attenzione al software all’interno delle strategie per lo sviluppo dell’Artificial Intelligence, in quanto rappresenta il cuore di questa trasformazione. Integrare l’AI nei prodotti software significa facilitarne la diffusione tra le imprese utilizzatrici e sviluppare una maggiore competitività della filiera a livello tecnologico.