E’ necessaria una gestione efficiente dei fondi europei, digitalizzare la PA e completare il quadro normativo per riuscire a comare il gap con l’Europa

Il futuro del Paese dipende dall’ICT. È questo quanto emerso dal “Summit del settore Ict” organizzato da Confindustria Digitale a Roma con l’obiettivo di fare il punto sull’evoluzione dell’economia digitale e definire il piano operativo per il 2015. Al centro dell’incontro le potenzialità dell’Ict italiana, che conta 600mila addetti e genera un mercato di oltre 65 miliardi di  euro. Nel 2013 la spesa Ict italiana è giunta a rappresentare il 4,8% del Pil, contro una media Ue28 del 6,6%, con la Germania al 6,9%, la Francia al 7,0% e l’Uk al 9,6%.  Un gap che si traduce in 25 mld l’anno di mancati investimenti in innovazione digitale rispetto alla media europea.

La nostra strategia avrà successo – ha affermato Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale – se riusciremo a riportare il settore Ict in crescita nel 2015, a raggiungere un rapporto Ict/Pil al 5,5% nel 2017,  ad allineare la spesa in innovazione digitale alla media Ue nel 2020, anno in cui dovremmo aver centrato gli obiettivi europei sulla diffusione della banda ultralarga. Ce la dobbiamo, oggi ne esistono i presupposti: i segnali macroeconomici, una crescente sensibilità  della leadership, una maggiore focalizzazione  sull’esecuzione dei progetti, un clima di positiva collaborazione tra pubblico e privato, in cui spicca l’accelerazione degli investimenti nelle reti di nuova generazione da parte degli operatori di Tlc ”.

Ma attenzione – ha avvertito il presidente di Confindustria Digitale – tre sono i nodi da sciogliere:  una gestione coerente ed efficiente dei fondi europei disponibili per il periodo 2014-2020, il rispetto dei tempi attuativi e degli obiettivi pianificati per i progetti di digitalizzazione della Pa da ottenere attraverso una governance più forte e coerente e il completamento del quadro normativo”.

Gestione delle risorse – Secondo la stima di Confindustria Digitale le risorse utilizzabili ammontano a 18 mld i euro su un arco temporale di sei anni, equamente divisi fra fondi comunitari e nazionali.  “18 mld di euro in 6 anni significa, per l’effetto moltiplicatore dell’Ict,  dare un contributo al Pil di circa mezzo punto l’anno – ha precisato Catania –  “E’ fondamentale che queste risorse siano gestite con una programmazione coerente tra Stato e Regioni, senza dispersioni che ne sminuiscano l’impatto. Per questo la nostra proposta è di creare un «Fondo Multifondo» trasversale”.

Digitalizzazione della Pa –  Secondo Catania: “Il Governo si è dato una vera agenda: ora deve rispettarla. Spid, il sistema pubblico di identità digitale, Anagrafe nazionale delle persone residenti, Patto sulla sanità digitale, Piano Nazionale delle Comunità Intelligenti, iniziative digitali del piano Buona Scuola. Tutti questi progetti devono essere avviati quest’anno e il monitoraggio della loro realizzazione deve essere responsabilità diretta della Presidenza del Consiglio ” .

Quadro normativo – Occorre da una parte accorciare i tempi tra l’emanazione delle leggi e le norme attuative, dall’altra portare a compimento una serie di provvedimenti. Tra questi spiccano le norme tecniche indispensabili per lo sviluppo delle reti fisse e mobili di nuova generazione, gli sgravi fiscali per gli investimenti infrastrutturali delle Tlc, gli incentivi per gli investimenti digitali delle piccole imprese. Giungere rapidamente a un quadro regolatorio al  passo con i tempi è un fattore fondamentale per incentivare le forme di co-finanziamento attraverso le partnership pubblico-private.

Non ci sono più alibi. Nel 2015 la leadership pubblica e privata deve mettere alla prova le proprie capacità di reazione alle opportunità che abbiamo di fronte, producendo un  cambiamento di passo dei processi di trasformazione digitale del Paese – ha concluso Elio Catania – Se scavalliamo l’anno senza aver messo in moto questo processo, senza iniziare a vedere dei cambiamenti sul campo, non solo difficilmente riusciremo a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale per il 2020, ma avremo approfondito il gap d’innovazione che penalizza il nostro Paese e perso una fondamentale opportunità di crescita.