Diversità & Inclusione non hanno solo un forte impatto sulla reputazione delle aziende, ma possono generare fiducia nei brand e alimentare brand equity e passaparola

Diversity Brand Index

La seconda edizione del Diversity Brand Index, ricerca condotta da Diversity e Focus Management, vuole misurare la capacità dei brand di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla Diversity&Inclusion. Ne è emerso che i brand che investono in Diversità & Inclusione (D&I) registrano una crescita nei ricavi fino a +20% rispetto a brand non inclusivi.

“La diversità è la realtà: le aziende che non sanno parlare, pensare e agire includendo restano fuori da essa e di conseguenza dal mercato. La società è un organismo, ed esattamente come in biologia, si evolve grazie alla diversità che genera innovazione e progresso” – ha commentato Francesca Vecchioni, fondatrice e Presidente di Diversity.

Oggi più che mai, l’impegno nella D&I ha non solo un forte impatto sulla reputazione delle aziende, ma è tra i fattori determinanti in grado di generare fiducia nei brand e alimentare di conseguenza brand equity e passaparola positivo, indirizzando le scelte d’acquisto di consumatrici e consumatori. Secondo la ricerca, infatti, le aziende percepite come inclusive – cioè quelle più attente alla diversità in senso ampio (genere e identità di genere, età, orientamento sessuale e affettivo, credo religioso, disabilità, status socio-economico ed etnia) – sono più apprezzate dal mercato, attirano più talenti, migliorano le proprie performance economiche.

La ricerca ha raccolto le valutazioni di 1.035 cittadine e cittadini che hanno citato e espresso le loro opinioni su 453 brand, suddivisi per le sette forme di diversità incluse nella metodologia utilizzata: genere e identità di genere, età, orientamento sessuale e affettivo, credo religioso, disabilità, status socio-economico ed etnia.

Ciò che emerge con forza è che l’impegno sulla D&I non passa inosservato e genera riflessi molto positivi per le aziende:

  • il 51% dei consumatori sceglie con convinzione brand inclusivi;
  • Un ulteriore 23% nel percoso di scelta preferisce brand che investono sulla D&I;
  • i brand inclusivi generano un NET PROMOTER SCORE (NPS=indicatore del passaparola) più alto rispetto a quelli non inclusivi, con un forte impatto sia sulla reputazione aziendale che sulla fiducia da parte di consumatrici e consumatori, più propense/i a consigliare o farsi ambassador di un brand percepito come inclusivo. Al contrario per le aziende percepite come non inclusive il NPS scende fino al -81,8% (rispetto al -43% registrato nel 2018);
  • Il NET PROMOTER SCORE per i marchi percepiti come più inclusivi quest’anno ha raggiunto quota 85,1% (+14 p.p.) rispetto al 70,8% dello scorso anno, con un potenziale in termini di delta nella crescita dei ricavi del +20% rispetto al 16,7% del 2018, a dimostrazione della stretta correlazione tra D&I, passaparola positivo e crescita economica/ricavi dei brand.

Tre consumatori su quattro sono sensibili al messaggio inclusivo dei brand. Ciò che fa la differenza nel comportamento d’acquisto è il valore che ogni singolo individuo associa a un marchio, a un brand, a un’azienda.

Gli italiani però continuano ad essere buoni teorici della D&I con una relazione migliorabile con le singole forme di diversità: poco interagiscono (o pensano di interagire) con la diversità e risultano talvolta distaccati dal tema. Su questo fronte i dati non presentano variazioni sostanziali rispetto alla passata edizione. Il livello di familiarità con la diversità è medio-alto (su una scala da 1 a 7) per tutte le forme: tra 5,6 e 5, 7 su una scala da 1 a 7.

“L’interesse che abbiamo riscontrato anche quest’anno da parte del mondo delle aziende è impressionante e testimonia il ruolo sempre più importante che la diversità e l’inclusione giocano all’interno delle singole realtà da un punto di vista sia etico che economico. L’inclusione non è più considerata come un tabù, ma è un vero e proprio asset di crescita strategico per le aziende” – ha aggiunto Emanuele Acconciamessa, COO di Focus Management.

I dati sono stati presentati oggi presso la Fondazione Feltrinelli davanti a una platea di circa 200 esponenti del mondo aziendale con il patrocinio del Comune di Milano, della Commissione Europea e dell’Ambasciata del Canada in Italia oltre che il supporto del Comitato interministeriale per i diritti umani.

Le aziende più inclusive sono risultate:

  • American Express
  • Barilla
  • BNL – BNP Paribas
  • Carrefour
  • Coca-Cola
  • Durex
  • Eataly
  • Freeda
  • Garofalo
  • Google
  • Helvetia
  • ING
  • Lierac
  • Nestlé
  • RAI
  • Sky
  • Sorgenia
  • TIM
  • Vitasnella
  • Vodafone