
Negli ultimi cinque anni, l’Europa sud-orientale è stata l’area dell’Unione Europea con la crescita più rapida in termini di nuove startup, operazioni di venture capital e valore generato. Secondo il report 2024 pubblicato dalla Bulgarian Venture Capital Association insieme a PwC, tra il 2019 e il 2023 l’intera area SEE (South-Eastern Europe) ha attratto oltre 4 miliardi di euro di investimenti early stage, di cui oltre 1 miliardo solo in Bulgaria.
La capitale Sofia è diventata un vero hub tech europeo, con oltre 1.200 startup attive e 5 unicorni nati nel Paese, su un totale di 13 sviluppatisi nella regione. Secondo il Global Startup Ecosystem Index 2024 di StartupBlink, la Bulgaria si posiziona al 37° posto nel mondo e al 23° in Europa per densità e qualità del proprio ecosistema startup.
Eppure, a guardare bene, la Bulgaria offre qualcosa in più della semplice crescita numerica. “In Italia abbiamo una straordinaria cultura accademica e una creatività diffusa, ma manca spesso la cultura dell’execution e la voglia di sporcarsi le mani. In Bulgaria, invece, l’ecosistema è giovane, meno burocratico e molto più orientato al ‘do it fast’”, spiega Nicola Zanetti, fondatore di B‑PlanNow, acceleratore con sede a Sofia e membro attivo di InnovUp, Italian Tech Alliance, BESCO e Bulgarian VC Association.
Il confronto tra i due Paesi è marcato anche sul fronte culturale. Secondo il Global Entrepreneurship Monitor 2024–2025, il 62% degli adulti bulgari ritiene che ci siano buone opportunità per avviare un’impresa nella propria area, contro appena il 35% degli italiani. Inoltre, mentre in Italia la paura del fallimento è uno dei principali freni all’avvio di attività, in Bulgaria il tessuto imprenditoriale appare più fluido, meno legato alla cultura della stabilità e più propenso alla sperimentazione.
“In Italia il talento c’è, ma l’accesso ai capitali è ancora bancocentrico e concentrato sui round più avanzati. In Bulgaria i fondi sono meno, ma si rischia di più, si punta molto su AI, fintech, cleantech. C’è meno timore di investire in fase pre-seed e seed, anche grazie al sostegno europeo: basti pensare alla nomina della bulgara Ekaterina Zaharieva a Commissaria UE per Start-up, Innovazione e Ricerca”, commenta Zanetti.
In Italia esistono strumenti pubblici come lo Start-up Act e il Scale-up Act, e il sistema dei fondi è più maturo e articolato. Tuttavia, secondo Zanetti, l’accesso resta polarizzato: “Chi ha capitale personale può partire, chi non ce l’ha, spesso resta fuori. Mancano fondi veri nella fase pre-seed, quella dove si validano le idee. In Bulgaria, con pochi costi e meno vincoli, questo passaggio è molto più accessibile”.
Per questo molte startup italiane iniziano a vedere nella Bulgaria un punto d’ingresso scalabile, da cui testare soluzioni, attrarre i primi investimenti e costruire strutture operative snelle ma solide. Con costi operativi più bassi del 30–50% rispetto all’Italia e una flat tax al 10%, il Paese consente ai team di “fare molto, con meno”.
“La Bulgaria è perfetta per testare. C’è un mercato diversificato, ottimo per capire se un prodotto ha senso in Europa orientale, e si può farlo con budget sostenibili. Non è solo una questione di fiscalità – continua Zanetti – ma di modello culturale. In Bulgaria l’approccio è orientato al fare, non al raccontare. I founder validano il prodotto velocemente, ascoltano il mercato, cercano fondi con numeri e trazione. In Italia, invece, spesso le idee restano ferme nei cassetti o diventano pitch perfetti che però non arrivano mai al go-to-market”, afferma Zanetti.
Ma non si parla solo di test: anche la scalabilità è un vantaggio concreto. Con un bacino di sviluppatori IT altamente formati e realtà come Endeavor e BESCO che guidano l’ecosistema, molte startup italiane aprono sedi secondarie o spostano parte del team operativo a Sofia per beneficiare della forza lavoro locale e dei costi più competitivi.
E sul fronte investimenti? “La Bulgaria sta guadagnando credibilità. I Business Angel locali sono sempre più attivi e i fondi internazionali cominciano a guardare al mercato bulgaro con interesse. I settori più caldi? Fintech, deeptech, gaming, AI. E parliamo di realtà che poi si rilanciano in Europa occidentale con posizionamento più solido”, continua Zanetti.
Anche sul piano delle infrastrutture e del supporto pubblico il confronto è sorprendente. In Bulgaria l’intero impianto normativo e fiscale è progettato per trattenere imprese: burocrazia snella, incentivi a chi assume localmente, e costi aziendali contenuti. “Qui si cresce per pragmatismo, non per storytelling”, sintetizza Zanetti.
La Bulgaria, oggi, rappresenta un ecosistema concreto e accessibile per chi vuole costruire, testare e crescere. E per l’Italia, può diventare un alleato prezioso per rafforzare la propria imprenditorialità in chiave europea. “Non dico che ogni startup italiana debba spostarsi, ma aprirsi al confronto con ecosistemi diversi aiuta a vedere nuove strade. La Bulgaria non è in competizione con l’Italia: può essere un ponte, un’estensione naturale per chi vuole validare modelli in tempi rapidi e con costi sostenibili. Guardare a Est non è una fuga, è una scelta di visione”, conclude Zanetti.

























































