
Il settore assicurativo sta attraversando una fase cruciale di evoluzione digitale. A differenza del mondo bancario o fintech, dove la relazione con il cliente è ormai pienamente digitale, le assicurazioni devono bilanciare innovazione tecnologica e centralità del rapporto umano con agenti e agenzie. In questa transizione, la sfida non è solo introdurre nuovi strumenti, ma creare valore continuo attraverso esperienze omnicanale, processi integrati e una cultura condivisa dell’innovazione. Ne parliamo con Matteo Mangiacavalli, Sales Manager di Liferay Italy, evidenziando come l’azienda supporta banche e assicurazioni nel costruire percorsi di trasformazione sostenibili, fondati su integrazione, governance del dato e sviluppo di competenze digitali diffuse.
Quale è l’attuale stato di digitalizzazione del settore Assicurativo?
Il settore assicurativo sta vivendo un percorso di digitalizzazione importante, ma con caratteristiche e tempi molto diversi rispetto ad altri mercati, come quello bancario o retail. In questi ambiti, l’abitudine del consumatore all’interazione digitale è ormai consolidata — basti pensare all’uso quotidiano delle app bancarie o delle piattaforme e-commerce — mentre nel mondo assicurativo permangono elementi strutturali che rendono il processo più complesso.
Uno di questi elementi è la centralità del rapporto con l’agente e l’agenzia, che rimangono non solo il principale punto di contatto, ma anche un presidio fondamentale di fiducia per il cliente. Si tratta di una relazione fortemente personale, difficile da sostituire con un canale digitale puro.
Inoltre, a differenza di altri settori, nel mondo assicurativo il contatto con il cliente è spesso episodico: avviene in momenti specifici, come il rinnovo della polizza o la gestione di un sinistro.
Questa discontinuità nel customer journey rende più difficile costruire strategie di digital engagement efficaci. Non basta introdurre strumenti digitali: occorre creare occasioni di contatto e valore che rendano il digitale rilevante anche in assenza di necessità immediate. Oggi il settore concentra i propri sforzi sulla creazione di esperienze omnicanale che rafforzino, invece di sostituire, il rapporto di fiducia tra cliente, agente e compagnia.
Ci sono differenze rispetto al fintech in termini di maturità digitale?
Sì, e sono significative. Il fintech è stato il pioniere della digitalizzazione nel settore finanziario, nato con una mentalità digital first e progettando fin dall’inizio servizi pensati per una relazione continua e integrata con il cliente. Questo ha permesso di creare esperienze d’uso fluide e di mantenere un contatto costante attraverso servizi e piattaforme digitali.
Nel fintech, l’assenza di una relazione fisica viene compensata da un ecosistema di servizi che generano valore nel tempo. Oggi vediamo offerte integrate che combinano servizi finanziari, assicurativi e persino utility come telefonia, luce o gas: modelli di business nati dalla logica dell’embedded finance e dalla capacità di creare connessioni tra settori. Questo approccio favorisce la fidelizzazione, perchè il cliente percepisce la relazione con queste aziende come parte integrante della propria quotidianità digitale.
Tra le tecnologie emergenti (IA generativa, automazione, IoT), quale sarà maggiormente impattante per il settore nei prossimi anni?
Tutte le tecnologie emergenti — dall’intelligenza artificiale generativa all’automazione e all’IoT — avranno un impatto rilevante sul settore assicurativo, ma il vero fattore abilitante sarà la capacità di ripensare i processi e introdurre una governance solida a supporto della trasformazione digitale.
L’intelligenza artificiale, se non accompagnata da processi chiari, rischia di creare più complessità che valore. Comprendere, ottimizzare e tracciare i processi è ciò che permette di automatizzare in modo intelligente e di migliorare la qualità del servizio.
Nel settore assicurativo, la relazione di fiducia tra agente e cliente ha spesso semplificato o saltato alcuni passaggi — come la firma di un contratto o la lettura delle condizioni di polizza. Le nuove tecnologie consentono di monitorare e valorizzare questi momenti, garantendo trasparenza e personalizzazione.
Più che una singola tecnologia, il successo futuro dipenderà dalla capacità di leggere e interpretare dati di processo. L’IA generativa sarà parte integrante di questo percorso, ma sarà l’automazione dei processi la leva più forte nei prossimi anni.
La convergenza tra open banking, embedded finance e assicurazioni digitali sta accelerando: quali opportunità concrete intravedete?
Questa convergenza rappresenta una grande opportunità per l’intero ecosistema finanziario. Tutti questi modelli condividono un principio fondamentale: l’integrazione. In Liferay crediamo nel valore dell’integrazione: connettere sistemi, dati ed esperienze diverse permette di creare servizi più rapidi, personalizzati e capaci di generare valore per l’utente finale. L’open banking e l’embedded finance consentono di integrare informazioni e funzionalità provenienti da più attori, offrendo un’esperienza più completa e immediata. Anche nel mondo assicurativo, apertura e collaborazione diventano leve di competitività: ciò che prima era un vantaggio — la chiusura e la proprietà esclusiva dei dati — oggi può essere un limite. Nel digitale, infatti, il vero valore risiede nella capacità di essere aperti, interoperabili e pronti a creare ecosistemi condivisi.
Come le compagnie ed istituzioni finanziarie, grazie all’integrazione dei criteri ESG, possono comunicare trasparenza ed evitare il greenwashing?
La capacità di comunicare trasparenza e di evitare il rischio di greenwashing passa, prima di tutto, dalla qualità dei dati. Tutto parte da quanto un’azienda è in grado di raccogliere, organizzare e soprattutto verificare i propri dati in modo coerente e strutturato.
Integrare i criteri ESG non significa solo dichiarare obiettivi o risultati, ma poterli dimostrare con informazioni affidabili, tracciabili e aggiornate. La tecnologia gioca un ruolo cruciale: piattaforme che integrano dati provenienti da diversi sistemi e ne garantiscono la qualità diventano strumenti strategici per dare concretezza alle iniziative ESG. La trasparenza, quindi, non è solo comunicazione, ma governance del dato.
Liferay si definisce un partner strategico della trasformazione digitale: quale valore distintivo portate oggi a banche e assicurazioni?
Liferay accompagna banche e assicurazioni nel percorso di trasformazione digitale con un approccio esperienziale e graduale. In oltre vent’anni di attività abbiamo supportato realtà diverse nel costruire strategie sostenibili nel tempo.
L’innovazione non è solo tecnologica, ma culturale: la tecnologia deve essere al servizio dell’organizzazione e dei suoi obiettivi, non il contrario. Per questo lavoriamo al fianco dei nostri partner e clienti condividendo esperienze, metodologie e buone pratiche che permettono di far crescere la cultura dell’innovazione all’interno di tutta l’azienda.
Non esiste una trasformazione digitale immediata: è un processo che coinvolge persone, competenze e visione. Il nostro ruolo è aiutare le istituzioni finanziarie e assicurative a valorizzare il contributo di ogni dipartimento, costruendo insieme un percorso di innovazione coerente, concreto e duraturo.
Quali sono i casi d’uso più rilevanti che avete sviluppato con la vostra piattaforma DXP in ambito assicurativo e fintech?
I principali casi d’uso riguardano la gestione integrata delle reti di agenzie e agenti, in un’ottica omnicanale, con l’obiettivo di connettere mondo offline e online. Ogni interazione — anche fisica — diventa un punto di contatto digitale coerente e ricco di informazioni.
Questo approccio è particolarmente strategico per le compagnie assicurative tradizionali, dove la relazione di fiducia tra agente e cliente resta un pilastro fondamentale. La nostra piattaforma consente di preservare questa fiducia, garantendo informazioni sempre aggiornate e disponibili nel momento in cui servono, senza doverle ricercare.
Tra i casi di successo più significativi ci sono quelli che hanno integrato la rete agenziale e la rete di vendita con i processi decisionali e con l’esperienza utente sul portale pubblico. È proprio “dopo il login” — quando entra in gioco la relazione tra cliente, agente e compagnia — che emergono le vere complessità e le vere opportunità di miglioramento. Ed è qui che Liferay fa la differenza, aiutando le aziende a creare un’esperienza fluida, continua e centrata sulla fiducia.
Quali sono le problematiche maggiormente riscontrate nel settore assicurativo/fintech? (competenze)
Le competenze rappresentano una delle principali sfide. Nel settore assicurativo, il fattore culturale e generazionale limita l’ingresso di nuove competenze digitali, rallentando l’adozione del cambiamento. L’età media più elevata riduce la propensione all’innovazione. È una dinamica che anche l’Associazione Italiana Insurtech (IIA) ha recentemente evidenziato, sottolineando la necessità di accelerare la formazione e il ricambio generazionale.
Il mondo fintech, invece, vive una situazione diversa: per sua natura è percepito come un settore tecnologico, innovativo e dinamico, quindi attrae con più facilità talenti con competenze digitali e innovative. Le fintech stanno diventando un punto di riferimento anche per le compagnie assicurative tradizionali, che guardano a queste nuove professionalità per supportare la propria evoluzione.
Il dialogo tra università, istituzioni e operatori sta crescendo, favorendo la creazione di competenze adeguate al nuovo ecosistema assicurativo digitale. L’Università Bocconi, in collaborazione con l’IIA, sta andando proprio in questa direzione: creare ponti tra formazione accademica e mercato, per sviluppare le competenze che saranno alla base della nuova era dell’assicurazione digitale.
Come supportate i vostri clienti nel rafforzare skill interne e favorire upskilling e reskilling?
Oggi la tecnologia permea quasi ogni aspetto del lavoro quotidiano: potremmo dire che il 99% delle attività professionali ha ormai una componente digitale. Per questo, come Liferay, il nostro impegno è rendere l’utilizzo della tecnologia semplice, naturale e accessibile a tutti i livelli dell’organizzazione, non solo ai reparti IT.
Negli anni abbiamo visto cambiare i nostri interlocutori: non ci rivolgiamo più soltanto all’area tecnologica, ma anche a funzioni come marketing, comunicazione, customer care e risorse umane. L’obiettivo è diffondere competenze digitali trasversali, supportando l’up-skilling e il re-skilling attraverso formazione, strumenti intuitivi e cultura digitale.
Crediamo che ogni dipartimento debba partecipare attivamente alla trasformazione digitale, perché ognuno porta un contributo unico di esperienza e conoscenza del cliente. Pensare che solo l’IT possa guidare l’innovazione è limitante. L’approccio low-code/no-code democratizza la tecnologia permettendo a tutti di contribuire ai progetti di innovazione. I progetti digitali di maggior successo, infatti, sono quelli in cui l’intera organizzazione diventa protagonista del cambiamento, non semplice spettatrice.
Il settore scolastico-universitario riesce a tenere il passo con il mondo tecnologico nella formazione di talenti e profili adeguati?
Il legame tra formazione accademica e mercato del lavoro deve diventare più forte. Il settore assicurativo, percepito come tradizionale, deve comunicare meglio il proprio potenziale innovativo. I giovani professionisti hanno un approccio al lavoro molto diverso rispetto al passato: cercano stimoli, opportunità di crescita e ambienti dinamici più che la “stabilità del posto fisso”.
Il settore assicurativo è un mercato in forte evoluzione, in cui stanno nascendo nuovi prodotti e servizi digitali, con ampi spazi per chi vuole mettersi alla prova e contribuire alla trasformazione. Far percepire questa vitalità è essenziale per attrarre nuove competenze.
Negli ultimi anni, il mondo universitario ha fatto importanti passi avanti: sempre più atenei stanno sviluppando corsi e progetti dedicati all’insurtech e alla digital transformation del settore finanziario. È un segnale positivo che, nei prossimi cinque anni, potrà ridurre significativamente il divario tra formazione accademica e esigenze reali del mercato.