L’adozione dell’AI nelle PMI italiane è ferma all’8%. Intanto ChatGPT consiglia gli acquisti ai loro clienti. Anna Paterlini (NEWU): «“Senza un intervento urgente su competenze e strategia, l’Italia resterà ai margini della trasformazione in atto“.

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Che cosa è emerso da Latitude59 di Tallinn su Agentic AI e il futuro delle PMI italiane? Nel 2025, l’intelligenza artificiale è entrata stabilmente nella quotidianità di milioni di persone. Lo ha fatto in modo progressivo, a volte quasi invisibile, ma sempre più pervasivo. Con maggiore o minore consapevolezza, la utilizziamo ogni giorno: nei consigli di una piattaforma, nei filtri di una foto, nei suggerimenti mentre scriviamo. E lo facciamo con una naturalezza sorprendente, proprio come quando iniziamo una conversazione. È questo il suo tratto più distintivo: non si impone, si integra. Basta aprire un’app o un browser e porre una domanda: “Cosa regalo a un bambino di sette anni appassionato di scienza?” e in pochi secondi, ChatGPT o Gemini restituiranno un elenco mirato di giochi STEM, esperimenti casalinghi e microscopi digitali, già corredati da link per l’acquisto.

«Questo nuovo paradigma di interazione, dove i consumatori sfruttano in modo naturale e fluido capacità complesse di intelligenza artificiale generativa, sta trasformando il modo in cui si orientano le scelte, si confrontano prodotti e si prendono decisioni d’acquisto», sottolinea Anna Paterlini, co-fondatrice e direttrice clienti di NEWU.

 

PMI italiane in forte ritardo

Eppure, mentre l’AI si infiltra senza attriti nella vita privata dei consumatori, l’Italia continua a mostrare forti segnali di ritardo nell’adozione sistemica della tecnologia da parte del proprio tessuto produttivo. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, solo l’8% delle imprese italiane utilizza soluzioni di intelligenza artificiale. Una cifra drammaticamente bassa se confrontata con il 20% della Germania e con il ritmo crescente di adozione in Francia e Spagna. Ma il dato più allarmante riguarda le competenze digitali: solo il 45,8% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede almeno una competenza digitale di base, ben lontano dalla media europea del 55,5% e dall’obiettivo dell’80% fissato dall’UE per il 2030. Nel Mezzogiorno, si scende addirittura al 36,1%. Tradotto: una popolazione che usa l’AI senza conoscerla e un sistema imprenditoriale che rischia di rimanere irrimediabilmente indietro. E intanto, altrove, si parla già della prossima ondata.

 

Il futuro dell’Agentic AI per le aziende

Al Latitude59 di Tallinn, in Estonia, uno degli eventi più autorevoli del panorama europeo sull’innovazione, il panel “Agentic AI: The Next Trillion-Dollar Wave” ha portato al centro del dibattito il concetto di agentic AI: una nuova generazione di agenti di intelligenza artificiale autonomi capaci di operare con obiettivi complessi, usare strumenti digitali, prendere decisioni, interagire con ambienti (ma anche tra loro!) e sistemi diversi e perfino chiedere assistenza umana quando necessario. Un’evoluzione radicale rispetto agli attuali modelli conversazionali. Secondo Itxaso Araque, responsabile AI per Google Cloud in Europa, la partita vera si giocherà sulle applicazioni verticali e di settore.

Le startup che sapranno costruire soluzioni agentiche per casi d’uso concreti – nella sanità, nella finanza, nell’industria manifatturiera – avranno un vantaggio competitivo reale. Ed è proprio lì che stanno guardando oggi le grandi imprese europee, sempre più aperte a testare e integrare strumenti sviluppati da attori esterni.

 

La posta in gioco non è solo economica

Gli agenti AI stanno già ridisegnando interi processi lavorativi. In alcune banche tedesche come Deutsche Bank e Commerzbank sono attivi agenti autonomi per il supporto al coding e alla gestione documentale. Ma è nel mondo delle PMI che questa tecnologia potrebbe avere l’impatto più rilevante, accelerando digitalizzazione e produttività. Werner Bogula, Head of AI in Petru, ha parlato di un nuovo paradigma cognitivo più vicino alla mente umana: una rete di micro-agenti cooperanti che, a differenza del classico LLM, permette maggiore controllo, trasparenza e integrazione di logiche psicologiche o regole di contesto. “Non è l’ennesima moda tecnologica, è una nuova architettura del pensiero computazionale”, ha affermato. Ma c’è il rovescio della medaglia.

 

Il bìnodo dell’occupazione

«Tra i nodi emersi a Tallinn, quello occupazionale è il più sensibile – aggiunge Anna Paterlini -. L’AI può aumentare l’efficienza, certo, ma può anche sostituire interi ruoli. E se le imprese non si pongono da subito il problema di un’adozione responsabile, i rischi sociali potrebbero superare i benefici». 

Il caso di Klarna, la fintech svedese che nel 2022 licenziò 700 persone per sostituirle con AI, è diventato un case study emblematico. Nel 2025, l’azienda ha iniziato a reintegrare personale umano dopo aver riscontrato un calo nella qualità del servizio clienti e della soddisfazione utente. Oggi sta testando un modello ibrido, tra automazione e lavoro flessibile, simile a quello della gig economy. Non una marcia indietro, ma un cambio di rotta.

«In sintesi, la lezione che arriva da Tallinn è duplice. Primo: l’intelligenza artificiale generativa e agentica è già una realtà industriale, non un’anticipazione futuristica. Secondo: non basta osservare il fenomeno da lontano. Per le aziende, diventare parte attiva e consapevole della rivoluzione dell’intelligenza artificiale non è più una scelta opzionale, ma una necessità strategica. Questo significa innanzitutto comprendere con chiarezza le opportunità concrete che l’AI può offrire, ma anche essere lucidi nell’identificarne i rischi, le limitazioni e le condizioni d’uso» sottolinea Paterlini.

 

Consigli utili per le PMI italiane

Fin dalle fasi iniziali di assessment della propria AI-readiness, è indispensabile, parallelamente, attivare un programma di formazione e change management capace di ridurre il gap generazionale e culturale in termini di alfabetizzazione digitale. Solo integrando questi due percorsi, uno tecnologico, l’altro umano, l’intelligenza artificiale può trasformarsi in uno strumento realmente abilitante, performante ed efficace. Non una buzzword da inseguire né una minaccia da temere, ma una leva strategica per la crescita e la competitività.

 

Top GenNEWU è una società di consulenza a vocazione phygital i cui servizi insistono su tre pilastri: strategia, project management e tecnologia.