Tante aziende impegnate sul tema o certificate per la Parità di Genere, ma meno del 20% ha programmi strutturati

DE&I accessibilità inclusione - motion array

Come cambierà la comunicazione sulla diversity, equity and inclusion (DE&I) in un contesto internazionale sempre più polarizzato? È la domanda al centro dell’analisi “Quale futuro per la DE&I? Evolution or Involution?” realizzata da Competence, agenzia specializzata in PR & Reputation Management, per fare il punto su un tema divenuto delicato a livello internazionale, ma sempre più decisivo per la competitività e la reputazione delle aziende.

L’obiettivo dell’attività di data collection è stato duplice: da un lato effettuare una mappatura delle tendenze globali, dall’altro fornire a imprese e comunicatori elementi per valutare come evitare il “DE&I hushing”, ovvero l’abbandono silenzioso del tema – anche nella comunicazione –  per timori di critiche.

«Nonostante uno scenario polarizzato e con una lieve crescita di ostilità anche in Italia, come ha rilevato il Diversity Brand Index 2025, rimane comunque la tendenza globale verso l’integrazione della DE&I come aspetto fondamentale della strategia aziendale – commenta Lorenzo Brufani, Founder e CEO di Competence -. Oggi però comunicare la DE&I non basta, è necessario farlo in modo autentico, misurabile e integrato con il purpose aziendale orientandosi tra pressioni di contesto e aspettative crescenti sul rispetto dei valori di diversità e inclusione da parte degli stakeholder, dipendenti in primis, specie i più giovani. È importante avere il coraggio di prendere una posizione sull’argomento e difenderla in modo coerente e sincero per workplace più competitivi e sostenibili e una reputation più solida. Le opportunità sono evidenti come ha attestato recentemente anche la ricerca Ipsos Doxa; nelle aziende con politiche di inclusione strutturate, ci sono impatti positivi in oltre il 70% dei casi su benessere lavorativo, relazioni con i colleghi, senso di appartenenza».

Uno scenario in trasformazione dal 2023

Negli Stati Uniti, l’ordine esecutivo di Trump, appena reinsediato, per l’eliminazione dei programmi DE&I a livello federale ha provocato una reazione a catena nel mondo corporate: molte aziende, tra cui Google, Meta e Walmart, hanno annunciato l’abbandono o il ridimensionamento di programmi DE&I, altre – come Apple – hanno difeso le proprie scelte, altre ancora – come McDonald’s – hanno adottato vie intermedie tra l’eliminazione delle iniziative e l’impegno sul tema.

Ma il backlash era iniziato almeno due anni prima e dopo la sentenza con cui la Corte Suprema americana aveva dichiarato incostituzionale l’Affirmative Action*** nelle ammissioni universitarie, anche le aziende hanno iniziato a temere accuse di discriminazione inversa. Intanto, a inizio 2025 il 57% degli americani in un sondaggio Harris Polls/Axios Vibes affermava che le iniziative DE&I non avessero avuto impatto sulla loro carriera.

E in Italia?

Secondo lo studio delle fonti, il quadro è in chiaroscuro: l’Italia è all’85° posto del Global Gender Gap Report 2025 del WEF, anche se sono oltre 8.000 le imprese certificate per la Parità di Genere.

Da un lato il Diversity Brand Index 2025 registra un lieve aumento dell’ostilità verso la diversità (+3,8 punti rispetto al 2023), dall’altra oltre la metà delle aziende italiane secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano intende continuare o ampliare le iniziative DE&I, anche se in base all’ultima ricerca Ipsos Doxa sul tema solo il 18% degli intervistati lavora in realtà con programmi strutturati.

Comunicazione e reputazione: il ruolo strategico della DE&I

L’indagine di Competence sottolinea come la comunicazione sia una leva chiave nell’impegno DE&I. Secondo lo studio 2024 Misurare l’Inclusione di Valore D, il 69% delle aziende italiane considera l’inclusione nei piani di comunicazione interna, oltre la metà ha riguardo per le diversità nelle azioni verso l’esterno.

Ma attenzione all’effetto boomerang: secondo Eumetra, se per il 38% delle donne e il 28% degli uomini la comunicazione che sostiene la DE&I rafforza la reputation e costruisce fiducia, viceversa comunicare male o in modo incoerente mette a rischio la credibilità e l’autenticità dell’impegno dichiarato.

Aspetti cruciali questi ultimi per la GenZ. Monster da tempo aveva evidenziato che la quasi totalità dei più giovani (83%) valuta l’impegno DE&I quando sceglie un datore di lavoro.  Inoltre, assenza di favoritismi e trattamento imparziale sono in cima alle priorità dell’esperienza professionale secondo Best Workplaces for GenZ 2025 di Great Place to Work Italia.

Il quadro europeo e i nuovi standard

L’analisi evidenzia anche la cornice delle normative UE sul tema: dalle quote di genere nei board, all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite fino alla Direttiva per la Trasparenza Retributiva e all’European Accessibility Act, l’Europa promuove una visione strutturata, trasparente e misurabile della DE&I e della DEIA (Diversità, Equità, Inclusione e Accessibilità).

 

5 LINEE GUIDA COMPETENCE dall’analisi “Quale futuro per la DE&I?” per comunicare la DE&I:

Comunicare l’inclusione è una scelta che riflette la cultura aziendale.
Solo chi integra davvero la DE&I nei processi interni, nel purpose e nelle azioni quotidiane può farlo con credibilità e creare un senso di appartenenza.

1.RENDERE VISIBILI IMPEGNI E RISULTATI

Comunicare significa rendere tangibili i progressi, non solo dichiarare principi. La comunicazione deve riflettere politiche reali e verificabili per dimostrare coerenza e allineamento tra parole e comportamenti.
→ Azione pratica: pubblicare con regolarità report con dati disaggregati su rappresentanza e iniziative sull’inclusione

2.INTEGRARE LA DE&I NELLA NARRAZIONE DI BRAND

La DE&I non va trattata come una funzione a parte, ma come parte integrante della narrazione aziendale, evitando approcci “a silos” e assicurandosi che emerga coerentemente nei contenuti HR, CSR e di Marketing, non solo nei messaggi istituzionali.

→ Azione pratica: realizzare campagne coordinate e condivise tra comunicazione esterna e interna, employer branding, HR e Sustainability.

3. RISPETTARE IL CONTESTO LOCALE

Valori globali sì, ma con declinazioni credibili nei diversi Paesi, adattando tono, temi e priorità a contesti e sensibilità del territorio.

→ Azione pratica: modulare il contenuto di policy e comunicazioni, nel rispetto di vincoli normativi e tenendo conto delle sensibilità linguistiche e culturali locali, evitando stereotipi.

4. COINVOLGERE LE PERSONE

L’inclusione è credibile solo se raccontata da chi la vive con dipendenti e ambassador appartenenti a gruppi diversi e con background differenti.

→ Azione pratica: raccogliere e dare voce a testimonianze autentiche e facilitare la partecipazione attiva, promuovendo video interviste, momenti nei townhall e spazi sui canali dove condividere esperienze.

5. SENSIBILIZZAZIONE INTERNA PRIMA DI COMUNICAZIONE ESTERNA

Non si può comunicare inclusione se l’organizzazione non è pronta.
→ Azione pratica: attivare percorsi di formazione diffusa (ad es. su bias inconsci e micro-esclusioni, linguaggio inclusivo, leadership empatica).