La ricerca mostra che l’autenticità dell’elemento umano resta centrale , ma la tecnologia, come l’IA, può diventare un valido alleato quando la creatività trova nuovi modi per coinvolgere.

Comprendere come il cervello reagisce alla comunicazione. E’ stato questo l’obiettivo di una ricerca condotta da B Side Lab in collaborazione con 2WATCH che ha indagato riguardo alla percezione degli spot pubblicitari realizzati con l’Intelligenza Artificiale rispetto a quelli interpretati da persone reali.

La ricerca evidenzia la superiorità dell’elemento umano nel generare empatia in storytelling complessi dove ad essere protagonisti sono persone con particolare focus su volti ed espressioni. Tuttavia, anche gli spot realizzati con l’Intelligenza Artificiale possono risultare coinvolgenti. Ad esempio, permettono agli spettatori di identificarsi quando i protagonisti fruiscono un prodotto alimentare, obiettivo primario nelle comunicazioni Food&Beverage, tra i mercati più complessi quando si parla di AI content generation . Con progettualità ad hoc, la tecnologia diventa un alleato efficace per sperimentare nuovi linguaggi e modalità espressive.

Il test

B Side Lab ha analizzato tre spot pubblicitari di prodotti Food & Beverage venduti nella GDO, sia nella loro versione originale sia in una riproduzione in IA realizzata da 2WATCH. Gli spot, della durata compresa tra 15 e 45 secondi, includevano spot noti e altri sconosciuti al pubblico italiano.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: nel primo, chiamato “Avvertimento IA”, venivano informati che avrebbero visto contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale; nel secondo, “No avvertimento”, non ricevevano alcuna informazione preventiva.

I risultati

Sebbene si tratti di uno studio esplorativo, i dati raccolti attraverso metodologie di neuromarketing come Elettroencefalografia (EEG), analisi della conduttanza cutanea (SC) e Eye Tracking su un campione profilato di circa 30 persone offrono spunti chiari.

  • Quando c’è avvertimento, la risposta emotiva è più positiva e intensa per tutti gli spot – sia reali che AI – rispetto alla condizione senza avvertimento, segno di un’aspettativa in corso.
  • In assenza di avvertimento, sono gli spot reali a coinvolgere maggiormente. Il cervello sembra riconoscere l’autenticità dei tratti somatici e si lascia coinvolgere nella narrazione con maggior trasporto. Un’evidenza che lancia spunti di approfondimento futuri in parallelo alla rapida evoluzione tecnologica.
  • Un terreno comune tra spot reali e IA è rappresentato dalle scene di consumo del prodotto, qui alimentare. Entrambi attivano il Sistema di Rispecchiamento, per cui lo spettatore immagina di assaggiare il prodotto e vive un’aspettativa positiva. Una reazione fondamentale nel F&B, che sottolinea la capacità degli spot AI di soddisfare obiettivi di comunicazione mirati al pari degli spot tradizionali.
  • Quando il focus visivo si concentra sui volti dei protagonisti, gli spot reali godono di un vantaggio dato dalla spontaneità delle loro espressioni e dell’empatia suscitata.
  • Quando i partecipanti sanno in anticipo di vedere contenuti realizzati in IA, mostrano un maggiore sforzo mentale nel cercare di distinguere cosa è reale e cosa no.

“I risultati evidenziano il ruolo chiave dell’aspettativa sulla percezione, e quindi sull’efficacia, delle pubblicità – spiega Carlotta Perlini, neuromarketing consultant di B Side Lab, che ha curato l’analisi. Sapere di interagire con un contenuto AI porta a risposte mentali più positive e intense, mentre in assenza di avvertimento sono gli spot reali a coinvolgere maggiormente lo spettatore, complice l’identificazione e l’empatia verso i protagonisti. Tuttavia in situazioni specifiche – qui, il consumo del prodotto F&B – gli spot AI suscitano risposte emotive simili e altrettanto funzionali alla narrazione.”

La conclusione

“I dati ci dicono che, per quanto l’Intelligenza Artificiale abbia raggiunto livelli sorprendenti di realismo, quando ricrea l’elemento umano non riesce ancora a generare la stessa empatia di un volto reale – spiega Elena Sabattini, fondatrice di B Side Lab –. La pubblicità efficace non nasce dalla perfezione visiva, ma dalla spontaneità e dalla verità delle emozioni umane, che il cervello riconosce come autentiche. Tuttavia, la velocità con cui la tecnologia evolve lascia intravedere la possibilità che in futuro queste differenze possano ridursi, aprendo nuove strade alla creatività e alla comunicazione.”

“Questo studio rappresenta una svolta per l’industria della comunicazione e conferma la direzione in cui ci stiamo muovendo – dichiara Fabrizio Perrone, CEO e founder di 2WATCH – , i risultati dimostrano che l’AI non è più il futuro, è già presente ed efficace. E questo nonostante gli spot  testati fossero riproduzioni di contenuti originariamente pensati per la produzione tradizionale. La vera rivoluzione non è tecnologica, è creativa: l’AI ci permette di esplorare linguaggi narrativi completamente nuovi, di personalizzare i contenuti su scala impossibile prima, di testare infinite varianti mantenendo costi accessibili. Non si tratta di scegliere tra umano e artificiale, ma di liberare la creatività dai vincoli produttivi. I dati parlano chiaro: la creatività resta centrale, la tecnologia è l’amplificatore che la rende scalabile, accessibile e infinitamente versatile.”