Anche se la disoccupazione è in lieve calo, il confronto internazionale vede ancora l’Italia nelle ultime posizioni a causa della carenza di figure qualificate

PMI: le 5 competenze digitali degli imprenditori del futuro

L’ultima nota trimestrale dell’Istat relativa al terzo trimestre del 2019, ha confermato che la situazione occupazionale italiana è in continuo, seppur lievissimo, miglioramento. Facendo un confronto con gli altri Paesi, tuttavia, si scopre che solo Grecia e Spagna fanno peggio per quanto riguarda la disoccupazione. Guardando a un panorama generale che di certo non brilla, con un’uscita totale dalla crisi economica che tarda ad avverarsi, è strano scoprire che ci sono tante, tantissime aziende che affrontano un grave skill gap – riscontrano cioè grosse difficoltà nel trovare personale qualificato, soprattutto profili specifici come le figure IT e digital, insieme ad altri profili come gli ingegneri e i professionisti chimici.

L’area IT italiana, del resto, è da anni particolarmente vivace, con aziende affermate alla ricerca di nuovi talenti e giovani startup che faticano a trovare i profili digital necessari.

“Guardando ai numeri nazionali relativi alla disoccupazione si fatica a crederlo, ma è esattamente così: il disallineamento tra domanda e offerta riguarda quasi il 40% delle professioni a elevata specializzazione spiega Carola Adami, fondatrice e CEO della società di ricerca e selezione del personale Adami & Associati, che sottolinea: ormai da anni il mismatch tra domanda e offerta di lavoro nel campo IT è tra i problemi più scottanti per le aziende del settore ITC.”

“Per le aziende diventa doppiamente importante, in questo scenario, mettere in campo le migliori strategie per attirare i migliori talenti presenti sul mercato, così da poter contare sulle competenze necessarie e da non lasciare queste skills in mano ai competitors” spiega l’head hunter.

Numeri alla mano, la ricerca di figure IT si concentra soprattutto nel settentrione, e in particolar modo in Lombardia, dove sono in continua crescita le domande di personale esperto in Information Technology, in primo luogo da parte di aziende del settore ICT, e quindi del settore dei servizi.

A colmare almeno in parte il mismatch c’è certamente un numero crescente di laureati IT, ma si è ancora molto lontani dal poter affermare che le università italiane preparano un numero di laureati tale da soddisfare le esigenze delle aziende: “ad oggi, confrontando il numero annuale di nuovi laureati in discipline informatiche e le parallele ricerche di personale specializzato, si scopre un gap che si aggira tra i 4.000 e gli 8.000 laureati” spiega Adami.

Non deve stupire che, di fronte a questa diffusa difficoltà di reperimento, le retribuzioni IT continuino a salire, con aumenti che si staccano in modo netto da quelli relativi agli altri settori.

È così che la retribuzione annua lorda del Data Scientist supera in molti casi i 50.000 euro, così come quella, per esempio, del Big Data Engineer, dove per i Cloud Architect è possibile arrivare fino ai 70.000 lordi annui.