In questi giorni di dibattito sulla riforma della PA, appena lanciato dal governo Draghi, ci si chiede come i processi possano effettivamente diventare più agili

riforma della PA

Il 2021 rappresenta per l’intelligenza artificiale quello che i primi anni duemila hanno significato per il mondo digitale. Allora ci si chiedeva se e quando aziende e pubbliche amministrazioni avrebbero mai avuto un sito internet, oggi la domanda è quando saranno in grado di implementare nei loro sistemi dei software di intelligenza artificiale che permettano una comunicazione più snella del cittadino (nel caso della PA) con le istituzioni, e viceversa. Con la Riforma della PA, qualcosa si sta muovendo in questo senso: dalla fatturazione elettronica obbligatoria – che sembra stia funzionando – alla sperimentazione di Poste Italiane sul proprio chatbot condotta insieme a Indigo.ai, test che ha registrato risultati importanti, dimostrando di riuscire ad aumentare del 10% la capacità di comprensione delle richieste arrivate dagli utenti e nel contempo calare del 70% lo sforzo umano per la gestione del sistema. In sostanza l’aumento dell’automazione ha permesso un aumento dell’efficienza operativa del software.

Un risultato che suggerisce quanto possa essere alto il potenziale che l’intelligenza artificiale può avere sull’intero sistema della pubblica amministrazione: andare incontro in maniera sempre più efficiente alle necessità dei cittadini riducendo lo sforzo umano è parte di quel processo atto a migliorare i rapporti tra Stato e cittadini, con la Riforma della PA. Basti pensare che per pagare la Tari attraverso il sito del Comune di Milano, uno dei più avanzati dal punto di vista del digitale in Italia, bisogna navigare attraverso diverse schede web: un percorso che l’intelligenza artificiale può semplificare e velocizzare.

Il bisogno e la voglia di ottimizzare i processi ci sono e lo conferma la creazione di una task force governativa sul tema e lo stesso libro bianco realizzato con l’obiettivo di tracciare la rotta. Nel 2018, infatti, è stato preparato un documento che illustra le linee guida e le raccomandazioni per l’utilizzo sostenibile e responsabile dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione: un libro che rappresenta l’inizio di un percorso progettuale al quale sono stati destinati 5 milioni di euro allo sviluppo di progetti pilota. Fondi messi a disposizione, su base triennale, dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

La sfida delle competenze

Anche perché c’è una presa di coscienza collettiva di come i chatbot non solo aiutino i cittadini, ma possano anche prendersi cura dei malati attraverso algoritmi che leggono i risultati degli esami medici; oppure sorvegliare i luoghi pubblici; riconoscere le minacce in rete; gestire i problemi generati dalla catastrofi naturali. Tuttavia, restano ancora diverse criticità da risolvere. A cominciare dalla questione delle competenze: per i cittadini è necessario capire almeno le basi di come funzionano gli algoritmi, in primis per capire come relazionarsi come le macchine stesse ed esercitare nel miglior modo possibile il diritto alla cittadinanza, ma anche per inserirsi come lavoratori nel settore informatico. Il nodo della formazione diventa quindi cruciale. Anche per il personale dello Stato: la sua preparazione è fondamentale, perché chi lavora negli uffici della pubblica amministrazione dovrà essere in grado di capire quali strumenti di intelligenza artificiale integrare nei propri processi lavorativi e quali proporre ai cittadini. In questo senso, una pubblica amministrazione adeguatamente formata può divenire una vera e propria palestra di innovazione. Questo è quanto la Riforma della PA dovrebbe includere, affinché le piattaforme siano modellate sulle reali esigenze di Stato e cittadini, grazie a un’intelligenza artificiale educata e davvero performante.

Privacy e neutralità dei dati

A fianco della sfida tecnologica, che è stata ormai messa nel mirino, e quella delle competenze – ancora tutta da giocare – c’è quella non secondaria dell’etica. Se l’impiego dell’intelligenza artificiale nella PA deve assicurare accessibilità non solo dei dati, ma anche della logica degli algoritmi e del processo di funzionamento dei servizi, dobbiamo affrontare la questione della qualità e neutralità dei dati, la responsabilità di chi utilizza gli algoritmi nonché la tutela della privacy.

Ma le sfide non si fermano certo qui: gli algoritmi devono essere di buona qualità per essere il più possibile esenti da pregiudizi frutto di errori legati alla loro generazione, senza trascurare l’aspetto legale nel bilanciamento tra gli interessi della collettività e quelli dell’individuo. Insomma, oggi abbiamo gli strumenti per trasformare la tecnologia in un servizio abilitante per tutta la pubblica amministrazione, ma serve una cabina di regia che la trasformi in un valore aggiunto reale per tutti. La tecnologia per quanto potente e innovativa, è semplicemente inutile se non comunicata, se non utilizzata e se non compresa.

A cura di Gianluca Maruzzella, Co-Founder & CEO di Indigo.ai