
Viviamo in un tempo in cui la tecnologia corre veloce, ma spesso le persone si sentono ferme. Soprattutto le nuove generazioni, la GenZ, i cosiddetti nativi digitali, cresciuti e immersi completamente in un mondo tecnologico e innovativo e sempre connessi a internet. Ed i dati parlano chiaro e vengono in nostro aiuto. Ebbene perchè, secondo la Deloitte Gen Z & Millennial Survey 2025, oltre il 70% dei lavoratori appartenenti alla Gen Z è convinta che l’Intelligenza Artificiale rivoluzionerà il mondo del lavoro entro un anno. Eppure, la maggior parte dei manager ammette di non avere ancora gli strumenti per affrontare questa trasformazione. Per il 65% la cultura aziendale italiana è “in evoluzione ma con molta strada da fare”, mentre per il 62% l’AI potenzia le persone. Ad attestarlo, l’instant survey elaborata da HReboot, un format/evento italiano dedicato al futuro del lavoro e al dialogo intergenerazionale tra manager, giovani talenti, imprenditori, creator, atleti e rappresentanti delle istituzioni.
Cultura aziendale in transizione: fiducia e autenticità al centro del reboot
Il cuore dell’evento è stato il sondaggio live “Lavoro, cultura, intelligenza e futuro: dove siamo (davvero) oggi?”, che ha restituito l’immagine di un’Italia aziendale in piena trasformazione, ma ancora in cerca di equilibrio.
Il 65% dei partecipanti ha definito la cultura aziendale italiana “in evoluzione ma con molta strada da fare”, mentre nessuno l’ha percepita come già orientata alle persone. Un segnale chiaro: la spinta verso un modello più umano è partita, ma non ha ancora radici profonde.
Gen Z: carriera meno verticale, più “lattice”
Nel Deloitte Gen Z Global 2024 la seconda parola più citata accanto a “carriera” è “varietà”. I lavoratori appartenenti alla Generazione Zeta, non vogliono scalare: vogliono attraversare funzioni e problemi. La retention si gioca sul senso, non sulla scala.
La Gen Z, protagonista del cambiamento, non cerca benefit o gerarchie, ma fiducia, crescita e senso. Per oltre la metà dei rispondenti (54%) la chiave per attrarre e trattenere talenti è offrire percorsi di sviluppo personalizzati, mentre il 42% individua nei leader autentici, capaci di ascoltare e ispirare, la leva decisiva per far evolvere le organizzazioni.
“Il vero problema non è il divario generazionale, ma quello culturale” ha commentato Giacomo Marchiori, founder di Talentware e tra gli organizzatori dell’evento. “In un mondo che cambia più in fretta dei job title, l’adattabilità è la vera competenza del futuro. Non basta imparare nuovi strumenti: serve imparare a reimparare, ogni giorno. Questo è il punto: l’evoluzione delle competenze tecniche ha senso solo se procede insieme a una evoluzione culturale. E vale anche per il dibattito hard vs soft skills: pensiero critico, ascolto, capacità di attraversare l’incertezza sono fondamentali, certo. Ma avete mai visto un’azienda manifatturiera, o moda, o IT prosperare senza competenze tecniche all’avanguardia? È la somma che crea valore: cultura che cambia + nuove skill che entrano nel sistema. Le aziende che sapranno coltivare questa mentalità evolutiva diventeranno organismi vivi, capaci di crescere insieme alle persone, non sopra di loro”
La tecnologia come ponte, non come barriera
Secondo l’European Skills Index 2024 l’Italia è 24sima in Europa per “skills matching”: le competenze non mancano, ma non sono nel posto giusto. È un problema organizzativo e culturale, prima che di pipeline.
Uno dei dati più sorprendenti dell’indagine di Hreboot riguarda proprio l’intelligenza artificiale: il 62% dei partecipanti considera che l’AI potenzia le persone, non un rischio per l’occupazione.
Un risultato che ribalta molti luoghi comuni e dimostra come la tecnologia, se gestita con consapevolezza, possa diventare terreno d’incontro tra generazioni, non di scontro.
Dallo sport al lavoro: la lezione della squadra
Un’altra traccia forte emersa dal confronto è quella dello sport come modello di leadership.
Il 62% dei partecipanti al sondaggio ha riconosciuto che il linguaggio sportivo può aiutare le organizzazioni a evolvere, grazie ai valori di fiducia, disciplina e squadra.
“Nel lavoro come nello sport” – ha raccontato Sofia Brunati, atleta paralimpica e business analyst, “la performance nasce dalla coesione, non dal risultato a tutti i costi. Le aziende che lo capiscono diventano luoghi in cui le persone vogliono restare”.
Lo stesso spirito è emerso nel dato forse più simbolico di tutti: per il 50% dei rispondenti, le differenze generazionali sono una risorsa ancora poco sfruttata, ma il 42% le vede già come un’occasione per costruire un nuovo patto culturale.
Dialogo intergenerazionale, tecnologia e leadership autentica. Cinque trend chiave per capire il futuro del lavoro
1. Dialogo tra generazioni. Oggi il valore nelle organizzazioni non si misura solo con le competenze tecniche, ma con la capacità di costruire ponti tra esperienze e visioni differenti. Il confronto reale tra manager e giovani talenti è diventato un laboratorio di innovazione reciproca: i primi scoprono nuovi linguaggi digitali, metodologie agili e una mentalità più flessibile; i secondi apprendono visione strategica, metodo e capacità di pianificare la propria crescita professionale.
In questo scambio, le nuove generazioni, cresciute in un contesto di crisi e discontinuità, dal Covid all’incertezza economica, portano resilienza e adattabilità, mentre i senior offrono equilibrio e profondità di sguardo. Il reverse mentoring non è più un esperimento, ma una pratica che accelera la maturità individuale e collettiva.
2. Tecnologia come alleata. L’intelligenza artificiale e gli strumenti digitali non sono più percepiti come minacce, ma come strumenti capaci di amplificare le capacità umane. Secondo i dati, il 62% dei lavoratori vede l’AI come un potenziatore del lavoro quotidiano, capace di semplificare attività ripetitive, migliorare la precisione delle analisi e liberare tempo per attività creative e decisionali. Oggi la sfida non è “usare” la tecnologia, ma allenare le competenze relazionali e critiche necessarie per governarla. Le aziende che integrano l’AI con una visione human-centered costruiscono ecosistemi più intelligenti, inclusivi e sostenibili.
3. Gen Z orientata al senso. I giovani nati nell’era digitale cercano più del semplice stipendio o benefit aziendali. Fiducia, crescita personale,impatto concreto sulle attività e soprattutto lo sviluppo di un senso di appartenenza alle organizzazioni diventano priorità nella scelta del lavoro. Le aziende che comprendono questi bisogni riescono non solo ad attrarre i talenti, ma anche a costruire un ambiente motivante e sostenibile, dove le persone si sentono parte di un progetto più grande.
4. Leadership autentica. Il futuro del lavoro richiede leader che sappiano ascoltare, comunicare in modo trasparente e ispirare il team. La leadership autentica è la chiave per promuovere l’innovazione, favorire il coinvolgimento e guidare le organizzazioni nel cambiamento continuo. Non si tratta solo di dirigere, ma di creare un clima di fiducia e collaborazione, in cui le persone possano crescere e sperimentare. La leadership oggi è fatta di vulnerabilità consapevole, empatia e chiarezza nel guidare il cambiamento.
























































