
L’intelligenza artificiale è entrata nei nostri uffici e gli agenti AI diventano i nostri nuovi colleghi digitali. Di certo non mancano le sfide, ma il futuro è già iniziato. Ce ne parla Sergio Gago, CTO di Cloudera nell’articolo che condividiamo di seguito.
Buona lettura!
Il futuro agentico è qui
Immaginate di entrare sul posto di lavoro e di scoprire che alcuni dei vostri “colleghi” non sono più umani. Non sono robot nel senso tradizionale del termine, ma agenti, entità software autonome, ciascuna addestrata su grandi dataset, dotati di potere decisionale e in grado di svolgere attività di tipo economico, sociale e operativo su larga scala. Questi agenti elaborano policy, monitorano le supply chain, gestiscono le cartelle cliniche, generano notizie e regolano persino le interazioni digitali degli individui.
Si tratta di un cambio di rotta che rivoluzionerà il nostro modo di lavorare, il funzionamento delle amministrazioni pubbliche e persino le dinamiche delle comunità. Di conseguenza, l’infrastruttura pubblica digitale (DPI – Digital Public Infrastructure) non sarà solo uno strumento pratico, ma anche un’ancora di salvezza.
La sovranità nell’era degli agenti
È importate poter affermare, a ragione, di disporre di grandi quantità di dati, ma questo non è sufficiente. E poi, altre questioni, ugualmente importanti, da affrontare sono: “Dove si trovano? Chi li controlla? Chi ne regola l’accesso?”. In un mondo gestito da agenti, queste domande non sono solo tecniche, ma riguardano direttamente aspetti come il potere e l’indipendenza.
Una nazione sovrana che non può individuare, gestire o affidarsi ai propri dati non è più sovrana. Un governo che non può verificare ciò che i propri agenti hanno appreso – o con chi stanno comunicando – non è più in grado di governare.
Per sopravvivere e prosperare in questo nuovo ecosistema, la DPI deve evolversi in quello che viene definito Digital Shoring: una struttura di base per ambienti sovrani, affidabili e aperti, costruita su quattro pilastri:
- Open Data: non solo accesso, ma anche fiducia. Fondamentale in questo è la possibilità di verificare data lineage, provenienza e governance per sapere da dove provengono i dati e dove sono diretti.
- Software Open Source: perché le infrastrutture critiche costruite su black box non sono né sicure né sovrane.
- Standard aperti: senza protocolli condivisi, gli agenti non possono cooperare, e questo impedirebbe qualsiasi forma di interazione tra le istituzioni e di governo.
- Open Skills: la capacità di leggere un bilancio o di controllare una rete neurale non dovrebbe appartenere a pochi privilegiati.
Questi 4 punti rappresentano la spina dorsale di una società basata sugli agenti che però sia al tempo stesso equa, sovrana e resiliente.
Intelligenza agentica: molto più di un semplice strumento di fantasia
Facciamo chiarezza sul ruolo degli agenti. Immaginate di consegnare il bilancio di un’azienda a due interlocutori: un analista alle prime armi e un economista esperto. Entrambi possono comprendere i numeri, ma solo uno è in grado di estrarre una visione strategica. Allo stesso modo, gli agenti possono leggere, analizzare e ragionare, ma la qualità delle loro azioni dipende interamente dalle competenze di cui sono dotati. Queste capacità possono essere addestrate, acquisite e condivise.
Nel contesto del settore pubblico, questo rappresenta un’opportunità straordinaria di ottimizzazione. Perché ogni istituzione dovrebbe reinventare lo stesso agente? Perché le competenze di un agente di rilevamento delle frodi utilizzate in un dipartimento non possono essere applicate, in modo sicuro ed etico, a un altro?
Proprio come le persone distribuiscono le loro competenze facendo cultura, abbiamo bisogno di un’infrastruttura che possa condividere le capacità agentiche tra le istituzioni digitali. È proprio qui che organizzazioni come l’ONU possono dare il loro contributo, fissando degli standard e aiutando a progredire, tramite l’iniziativa Global Digital Compact.
Dal “cloud sovrano” a “piattaforme AI sovrane”
Uno dei temi principali di questo periodo è il mantenimento dei dati all’interno dei confini nazionali, ma nel mondo degli agenti questo non è più sufficiente. Ancor più importante è dove e come vengono formati i modelli, come vengono gestiti e come è possibile tenerli sotto controllo.
Abbiamo bisogno di piattaforme AI sovrane, il cui funzionamento non è dissimile dal modo in cui i dipartimenti delle risorse umane gestiscono i dipendenti, verificandone le credenziali, monitorandone le prestazioni e assicurando la loro collaborazione all’interno del sistema aziendale. Si tratta di un compito che nessuna azienda può sostenere da sola, ma di una missione globale.
Open by design. Governed by default
I governi di tutto il mondo si stanno già rendendo conto di come non sia possibile realizzare un’AI privata su cloud pubblici monopolizzati. L’identità digitale e la supervisione degli agenti devono essere aperte e trasparenti, non nascoste, progettate ad hoc o poco trasparenti.
Di conseguenza, il futuro deve essere da un lato “open by design” – nel codice, nei dati, nei protocolli – ma anche “governed by default”, dagli ID digitali che autenticano non solo gli esseri umani, ma anche gli agenti e il loro comportamento, ai grafici informativi completi che conservano la conoscenza istituzionale condivisa tra i sistemi, insieme ai percorsi di verifica che documentano ogni decisione, ogni inferenza, ogni richiesta.
Non si parla solo di tecnologia, bensì della possibilità di costruire un nuovo tipo di società digitale, progettata per potenziare gli Stati, salvaguardare i cittadini e alimentare i valori democratici.
Il percorso da percorrere
Questa trasformazione non sarà facile. Richiederà politiche coraggiose, investimenti sostenuti, cooperazione tra Stati e, soprattutto, una leadership tecnica fondata su valori condivisi. In un mondo basato sugli agenti, la cooperazione digitale non è una condizione facoltativa, ma è il perno della sovranità stessa. Senza cooperazione, ci ritroveremo ad operare in strutture in silos, ad affrontare i problemi del vendor lock-in e a trovarsi in balia di una deriva algoritmica.
Costruire un futuro in cui l’intelligenza, umana o meccanica, sia al servizio del bene pubblico è possibile solo andando oltre gli slogan. Piattaforme, protocolli e beni pubblici devono essere aperti, modulari e sovrani. Bisogna iniziare a trattare gli agenti non solo come strumenti, ma come parte integrante di una società digitale che necessita di governance, fiducia e cooperazione.
E forse, quando ci guarderemo indietro, ricorderemo questo periodo non come una crisi, ma come il momento in cui abbiamo scelto di governare il futuro insieme.
di Sergio Gago, CTO di Cloudera