Paolo Parabelli di Rosenberger OSI ci ha raccontato come evolvono i dati center e quali sono i requisiti da prendere in considerazione in fase di progettazione per ottenere data center efficienti

Paolo Parabelli, Rosenberger OSI
Paolo Parabelli, Rosenberger OSI

In un mondo che dopo la pandemia sta mettendo la digitalizzazione al centro, il numero dei dati è in continua crescita tanto che secondo il portale Statista il volume annuale di dati digitali nel 2025 ammonterà a 175 zettabyte (1 zettabyte = 1 triliardo di byte). Crescendo in maniera esponenziale il numero di dati, diventa fondamentale che questi vengano anche elaborati e scambiati a livello centrale nei data center che si stanno sempre più rilevando il vero ‘cervello’ della digitalizzazione, con una crescente richiesta di un incremento nella loro capacità.

Paolo Parabelli, Business Development & Sales Manager di Rosenberger OSI, società tedesca nata nel 1991 e partner storico di IBM, specializzata nella connettività basata su fibra, nelle soluzioni di cablaggio e nei servizi di infrastruttura nell’ambito di data center, reti locali, reti mobili e applicazioni industriali, spiega: “Oggi non si può fare a meno dei data center che rappresentano una sorta di ‘cervello’ di quella che è un’azienda intesa come edificio o come data center provider. I data center, infatti, rappresentano il punto nevralgico che fa muovere tutti gli altri asset in un’ottica di digitalizzazione. I data center sono i centri dove vengono messi i dati in continua proliferazione e se pensiamo al tutto come a una piramide possiamo dire senza ombra di dubbio che i data center ne rappresentano la base, la condizione sine qua non”.

Come stanno evolvendo i data center per rispondere a queste esigenze?

“Una volta i data center erano strutture rudimentali con una o poche macchine messe in una stanza ma ora devono essere organizzati e strutturati secondo determinate logiche ben precise. Un data center oggi racchiude soluzioni all’avanguardia e deve fornire il massimo delle prestazioni possibili. Tutto nel data center, una sorta di scatola intelligente, va armonizzato e ottimizzato perché gli ingranaggi alla base della digitalizzazione funzionino al meglio”.

Come abbiamo visto nella nostra precedente intervista il data center deve essere strutturato in maniera intelligente già a monte. Ma come deve essere organizzato un data center dal punto di vista dello spazio per garantire il soddisfacimento delle esigenze sempre più stringenti delle aziende?

“Gli spazi sono fondamentali e vanno ottimizzati perché incidono in maniera importante sui costi. Il metro quadro ha un certo peso. Perciò quando si pianifica la creazione di un data center anche lo spazio va gestito secondo logiche ben precise nell’ottica della maggiore ottimizzazione possibile. Ad esempio, nel data center di un edificio il core andrà messo nella parte centrale in maniera tale da avere la distanza bilanciata per coprire le varie lunghezze all’interno dell’edificio stesso. La logica di configurazione è precisa e nulla va lasciato al caso, tenendo conto del fatto che questi spazi prevedono anche la ridondanza: per cui occorre pianificare che in caso di incidenti ci siano percorsi alternativi che diano una ragionevole sicurezza. I data center vanno pensati come delle stanze con delle logiche che mirano a ridurre il più possibile il numero di interconnessioni per evitare troppi salti e quindi attenuazioni del segnale; e un’altra cosa da tenere in considerazione è anche che tipicamente devono esserci delle sale di distribuzione adatte attigue ai punti di accesso degli operatori.

Il progettista deve impegnarsi per creare una struttura pienamente funzionale: lo spazio deve essere veramente pensato nel dettaglio sulla base di quello che si vuole andare a fare e per garantire la massima funzionalità ed efficienza”.

Rosenberger OSI data center

Una volta organizzati gli spazi, come andare ad allestirli? Quali sono le buone pratiche da questo punto di vista?

“I sistemi e le soluzioni scelte devono permettere di andare a sfruttare l’alta densità per metro quadro. Per esempio, si possono utilizzare dei rack a 46 unità e oltre invece che a 42 andando a sfruttare l’altezza e i pannelli che ospitano il sistema in fibra ottica devono essere in ultra-densità. Rosenberger OSI ovviamente ha questi prodotti che permettono di raddoppiare il numero di porte per metro quadro.

Un altro accorgimento possibile potrebbe essere quello di sfruttare i rack bifrontali con uno spessore molto ristretto usati come interlinea all’interno del data center allestendo entrambi i lati.

L’obiettivo di tutti questi accorgimenti è far sì che gli spazi vengano ottimizzati utilizzando le giuste soluzioni in termini di hardware perché quando un data center è vuoto può sembrare molto grande ma poi in realtà gli spazi vengono riempiti in maniera molto veloce”.

All’origine di un data center efficiente e performante quindi vi è un’attenta pianificazione. Ma l’efficienza non può prescindere dalla velocità di trasmissione dei dati…

“La velocità di trasmissione è una condizione indispensabile perché il data center deve supportare applicazioni che hanno dei tempi ridotti di latenza e quindi le prestazioni garantite devono essere massime.

Ad esempio, si parla sempre di più di applicazioni di automobile a guida autonoma, senza il guidatore: ovvio che tutto deve avvenire in tempo reale. Quindi qui entra in gioco un discorso di mera velocità. È possibile fare delle configurazioni di sistema con delle soluzioni edge che operano vicino al core del data center ma la velocità è il requisito fondamentale: motivo per cui occorre avere a disposizione le tecnologie più innovative proposte dal mercato e tra queste al momento le più richieste sono le applicazioni a 400 Gigabit su trasmissione ottica parallela”.

Rosenberger OSI cosa propone?

Rosenberger OSI ha una proposta ad hoc per la gestione dell’alta velocità: per integrare queste soluzioni propone collegamenti in fibra ottica monomodale che garantiscono delle distanze maggiori e anche i tipi di connettori più adatti per andare a interfacciarsi con questo tipo di applicazioni. Utilizziamo connettori a 16 fibre che chiaramente rientrano negli standard e che riteniamo essere quelli più adatti”.

Rosenberger OSI data center

Quando si parla di data center uno dei requisiti fondamentali è anche la facilità di installazione. Perché il cablaggio di Rosenberger OSI è così facile da installare?

“Il sistema di cablaggio di Rosenberger OSI si basa sulla pre-connettorizzazione: i cavi, sia in fibra ottica sia in rame, sono realizzati in fabbrica e sono plug-and-play. Il compito degli operatori è solo quello di connettere i vari connettori, a differenza di un sistema tradizionale dove tutte le operazioni di terminazione vanno eseguite in campo”.

Quali sono i benefici di questo approccio?

“Il beneficio principale è la riduzione drastica dei tempi di installazione e la semplicità che portiamo non richiede di impiegare operatori particolarmente qualificati per la connettorizzazione. I nostri cavi sono preparati in fabbrica, sono puliti, testati: basta inserirli e funzionano. Questo è un notevole vantaggio perché il lavoro è fatto in laboratorio e tutto arriva già pronto e prestabilito, minimizzando anche il rischio di errori. La pulizia delle terminazioni e il livello di qualità di esecuzione delle stesse è più alto perchè in fabbrica è coinvolto personale dedicato e specializzato”.

E qual è il ruolo del vostro canale?

“Il ruolo del canale diventa più leggero ma non bisogna interpretare questo come un qualcosa di negativo, anzi. Se un installatore viene coinvolto da Rosenberger OSI in un progetto di installazione investirà un tempo limitato in maniera tale da potersi dedicare ad altre installazioni, massimizzando le opportunità”.

Rosenberger OSI data center

Oltre all’installazione questo tipo di soluzioni che proponete facilitano anche le operazioni di manutenzione. Perché è così importante manutenere il tutto a regola d’arte?

“La manutenzione è uno sforzo ma gli standard prevedono il mantenimento delle connettorizzazioni in fibra ottica pulite. In fase di installazione la polvere e il contatto con le dita potrebbero andare a discapito della pulizia, e quindi della qualità del segnale. Il discorso che facevamo prima casca a pennello.

Una volta che il sistema è installato invece occorre fare in maniera periodica una manutenzione programmata dove andare a pulire con precisione, perché anche in un ambiente apparentemente sterile come un data center la quantità di polvere che gira è notevole. Non sempre fare queste manutenzioni periodiche è semplice e il punto diventa quindi giocare d’anticipo in fase di installazione: la pulizia va fatta e va fatta bene”.

Le soluzioni di Rosenberger OSI che arrivano dalla fabbrica, come dicevamo, risolvono gran parte dei problemi. Bisogna chiaramente saperle maneggiare: i cavi sono fatti in fabbrica e quando si tolgono i cappucci dei vari connettori vanno subito collegati. È importante sottolinearlo. Per l’anno prossimo poi sono previste delle novità sui connettori su cui stiamo lavorando proprio per andare a risolvere questo tipo di problemi”.

Quindi tante novità per il 2022: quali sono gli obiettivi?

“Il 2021 è stato un anno complesso ma gli ultimi mesi sono stati molto dinamici. Il settore del cabling ha sofferto negli ultimi due anni perché il cablaggio troppo spesso non viene visto come una priorità. Siamo fiduciosi per il 2022 e l’obiettivo è quello di lanciare sempre nuove soluzioni per tenere il mercato ben attento e ricettivo. Intanto si stagliano all’orizzonte nuovi trend: si stanno già sviluppando macchine a 800 Gigabit e la parte in fibra deve essere ripensata in ottica monomodale. Ci sono tante opportunità e ci auguriamo che l’Italia come Paese sia ricettiva per promuovere l’innovazione anche da questo punto di vista. Intanto il 2021 ha visto Rosenberger OSI celebrare il suo 30esimo anno di attività: un traguardo che abbiamo celebrato investendo tanto in cultura all’interno dell’azienda. Il 2021 è stato poi anche un anno spumeggiante con l’apertura della nostra sede negli Stati Uniti e con l’ingresso nella GDA (German Data Center Association), senza dimenticare poi tutto il lavoro che abbiamo fatto per mettere in sicurezza impianti e macchinari e che ci è valso di recente la certificazione OHRIS (Occupational Health and Risk Management System)”.