La competitività del nostro Paese in ambito Ict è al 25° posto in Europa. Mario Ascari spiega come gli ingegneri possono contribuire a cambiare la situazione

Quando si parla di ingegneri è immediato pensare a quanti si occupano di progettare e dirigere i lavori delle grandi infrastrutture edili. In realtà, come ci spiega Mario Ascari, presidente del Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione, “gli ingegneri sono sempre più impegnati nell’ambito dell’Ict. Non per nulla rappresentano oggi oltre il 25% degli iscritti all’Ordine Nazionale degli Ingegneri”.

Essere ingegnere dell’informazione è oggi un’attività professionale che premia il corso di studi?

La ricerca di professionisti nell’ambito dell’Ict è in costante crescita e viene stimata in aumento del 3,6% all’anno. In base alle nostre ricerche, inoltre, emerge che quasi tutti i laureati in ingengeria dell’informazione trovano un’occupazione stabile entro un anno dal termine del ciclo di studi, ricoprendo sia ruoli prettamente tecnici che dirigenziali e manageriali.

Un Eldorado, quindi…

In realtà i livelli di retribuzione sono decisamente inferiore rispetto al resto dei Paesi europei. Inoltre hanno ridottissime riserve privative. Questo significa che sono decisamente limitate le norme che regolamentano l’accesso alla professione. Accade così che, in numerose attività, chi ha completato un corso di studi particolarmente rigoroso e si è iscritto all’Ordine si trova a competere con soggetti privi di qualsiasi qualifica professionale e che, quindi, offrono minori tutele ai propri clienti. Gli iscritti all’Ordine, invece, sono chiamati a un costante aggiornamento, necessario anche per conservare l’iscrizione all’Ordine stesso, oltre ad essere soggetti a specifiche valutazioni deontologiche.

Quali sono le conseguenze della scarsa valorizzazione delle competenze professionali in ambito Ict?

Credo che la risposta più adeguata arrivi dalla commissione europea, che ha definito un sistema di indicatori strutturali, riassunti dal Desi – Digital Economy and Society Index, per misurare le prestazioni e la competitività degli Stati membri in ambito Ict. Questo indice prende in considerazione 30 indicatori strutturali, classificando ogni Paese in base alla sua prestazione digitale. E i risultati sono sconcertanti: l’Italia si trova al 25º posto su 28 Paesi europei. Peggio di noi fanno soltanto Grecia, Bulgaria e Romania.

Nelle ultime settimane sono emersi, in modo eclatante, anche i problemi di privacy e di sicurezza. Crede che possano frenare la diffusione delle tecnologie informatiche?

Si tratta di un processo inarrestabile, anche se espone a nuove fonti di rischio. Non possiamo comunque dimenticare che i dati sono sempre stati rubati e le truffe esistono da sempre. Occorre però rimarcare come, in molti casi, le violazioni informatiche sfruttino le falle presenti a livello progettuale. Il primo compito di un ingegnere informatico, anche se questo non viene adeguatamente riconosciuto dal mercato, è proprio quello di realizzare un’attenta progettazione preliminare, con un’attenzione alle funzionalità, ma anche alla sicurezza. Si tratta di un’attività che, insieme alla nostra deontologia professionale, rappresenta un baluardo fondamentale per contrastare in modo sempre più efficace l’azione degli hacker e dei terroristi informatici.

Tengo inoltre a sottolineare che esiste un preciso e specifico quadro normativo in materia di sicurezza informatica che viene spesso disatteso poiché la progettazione e l’implementazione dei sistemi informatizzati non viene affidata a chi ha le competenze, tecniche ed organizzative, per garantire gli obblighi di legge.  

Come ingegneri dell’informazione come pensate di contribuire al miglioramento di questa situazione?

Gli ingegneri dell’informazione sono in grado di migliorare la competitività del nostro Paese, in quanto rivestono un ruolo centrale nella crescita e nello sviluppo, riuscendo anche ad attrarre investimenti esteri ma, soprattutto, aumentando l’efficienza di tutte le nostre realtà pubbliche e private. A questo si aggiunge il fatto che detengono le competenze indispensabili per l’attuazione dell’agenda digitale di cui si parla tanto, ma la cui concretizzazione è ancora lontana.

Un obiettivo ambizioso. Ma in prima battuta cosa chiede agli iscritti all’Ordine degli Ingegneri?

A quanti si occupano di Ict al termine di un percorso formativo e professionale, come gli ingegneri dell’informazione, viene richiesto di assumersi la responsabilità di far comprendere il valore e le potenzialità dell’innovazione tecnologica. Poiché questo è un parametro indispensabile per la competitività del nostro Paese. Far parte di un ordine professionale come il nostro è un forte stimolo in questa direzione.

Cosa chiede, invece, alle istituzioni?

È necessario un maggior riconoscimento del nostro ruolo e dell’attività svolta, valorizzando e qualificando la figura dell’ingegnere iscritto all’albo. Proprio in virtù di questa iscrizione un ingegnere è soggetto a regole formative e deontologiche rigorose, che devono essere riconosciute a livello normativo. In particolare per quanto riguarda gli aspetti di contrattualistica e nei rapporti con il committente. In realtà, ancor oggi, troviamo bandi per ricoprire ruoli di responsabilità, in ambito informatico, ai quali possono concorrere anche soggetti privi di una specifica qualifica professionale e questo rappresenta un rischio, soprattutto per chi affida la propria infrastruttura a soggetti privi di reali competenze.

Questo significa, come accade in numerosi ospedali, che il responsabile dei sistemi informativi è un medico. Come si esce da questa situazione?

Nessuno di noi si farebbe operare da un ingegnere… Alo stesso modo è necessario che, per attività caratterizzate da specifiche soglie di complessità, così come per poter lavorare in alcuni ambiti, la Legge preveda adeguate barriere d’ingresso. In pratica limitando la possibilità di azione e direzione solo a figure in possesso di un’adeguata qualifica professionale, soggette anche al controllo di altri professionisti altrettanto qualificati. Per questa ragione, da tempo, chiediamo che venga scissa l’attività di progettazione, direzione lavori e collaudo da quella di fornitura di servizi e di implementazione. In questo modo sarà possibile tutelare soprattutto gli utenti finali, sempre più strettamente dipendenti dalle infrastrutture di Ict.

Da sempre, però, lei sostiene anche la necessità di una crescita degli iscritti all’Ordine…

Gli ingegneri dell’informazione sono oggi chiamati a offrire una crescente qualità e professionalità al mercato, per soddisfare le attese dei propri committenti. Un ingegnere dell’informazione, inoltre, non può essere competente in tutti gli ambiti. Per tale ragione sostengo la necessità di codificare, regolamentare e diversificare le attività svolte dai nostri iscritti. Ciò consentirà loro di offrire un crescente valore aggiunto e di aiutare i committenti a sfruttare al meglio tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Anche per questo è necessario che gli ingegneri iscritti creino rapporti di collaborazione fra loro, con l’obiettivo di mettere in comune le specifiche competenze. Il Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione, che presiedo dallo scorso marzo, ha l’obiettivo di favorire il coordinamento e la collaborazione tra gli iscritti, per valorizzarne il ruolo ed affrontare con coraggio e determinazione le sfide in ambito Ict.