Nonostante le potenzialità riconosciute all’Intelligenza Artificiale questa è ancora poco sfruttata nel nostro Paese. Il primo ostacolo è la mancanza di competenze.

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In questo articolo Mario Rosati, Chief Executive Officer di E4 Analytics, Business Unit di E4 Computer Engineering riflette sulle potenzialità offerte dalle tecnologie di Intelligenza Artificiale (AI) ma anche su quanto la formazione possa contribuire alla sua diffusione, ancora troppo ostacolata.

Intelligenza Artificiale, le aziende italiane sono pronte a sfruttarla?

A seguito del recente boom mediatico di ChatGPT, il tema dell’intelligenza artificiale ha guadagnato ulteriore spazio anche nelle agende del management. A ragione se consideriamo analisi e stime di mercato, con Fortune Business Insight che registrava per il 2022 un fatturato complessivo di 428 miliardi di dollari, con la tendenza entro il 2030 a superare i 2000 miliardi di dollari, con un tasso composto di crescita annuale del 21,6%.

In questo scenario di forte crescita, l’Italia gioca ancora un ruolo di relativa retroguardia, collocandosi ancora in fondo alle classifiche tra i Paesi a forte indice di sviluppo. I segnali positivi però con non mancano, con un mercato dell’intelligenza artificiale che è aumentato sensibilmente post-pandemia, registrando un +32% e assestandosi nel 2022 su un valore di 500 milioni di euro secondo i dati del Politecnico di Milano.

Se 6 grandi imprese su 10 hanno già avviato progetti di intelligenza artificiale, la percentuale tra le realtà piccole e medie scende invece al 15%, a conferma del potenziale che rimane da sfruttare per questa tecnologia che si propone come supporto efficace al business in ogni settore, e per organizzazioni di ogni dimensione e settore.

Intelligenza artificiale poco usata in Europa

Nonostante eccellenze accademiche quali l’UniMoRe, a livello imprenditoriale l’Italia stenta a considerare l’implementazione di progetti di AI una priorità irrinunciabile per la salvaguardia, il consolidamento e lo sviluppo aziendale: secondo un’analisi di Eurostat, solo due aziende su dieci all’interno dell’Unione Europea usano l’intelligenza artificiale, con un dato che in Italia è ancora più basso, fino al 6%.

Una delle aree di intervento del programma strategico sull’intelligenza artificiale recentemente adottato dal Governo è proprio incentivare l’adozione dell’AI e delle sue applicazioni nella pubblica amministrazione anche attraverso il rafforzamento delle competenze dei dipendenti. Su questo punto una delle proposte presenti nella strategia è quella di attivare tre cicli di nuovi corsi di dottorato specificamente progettati per le esigenze della PA in collaborazione con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e interagendo con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione. C’è evidentemente un gap da colmare per gestire in modo corretto l’enorme e crescente quantità di dati della pubblica amministrazione e la disponibilità di risorse preparate in grado di affrontare tale compito consapevolmente e con le necessarie skill.

La mancanza di talenti ostacola la diffusione dell’intelligenza artificiale

Il tema della mancanza di talenti e conoscenze specialistiche in ambito IT non è certo una novità. Sono numerose le iniziative pensate per diffondere a livello di formazione le abilità sempre più richieste nel mondo del lavoro. Investire in quelle dedicate alle soluzioni di Intelligenza Artificiale al fine di estenderne la diffusione nei settori pubblico e privato in modo efficace e autonomo è però fondamentale.

La soluzione è la formazione

La formazione rappresenta in questo ambito un aspetto particolarmente importante, che anche E4 Computer Engineering affronta in modo attivo con iniziative condotte attraverso la E4 Academy, con l’obiettivo di stimolare la creazione di competenze digitali aggiornate tra gli studenti universitari, facilitando il loro ingresso nel mondo del lavoro e contribuendo a colmare il gap che ancora separa l’Italia da altre economie internazionali. Questa si abbina a iniziative condotte direttamente con Università e centri di ricerca, come l’Università di Modena e Reggio Emilia, Leonardo, iFAB e il Cineca.

Fondamentale però si rivela in questo ambito il ruolo delle organizzazioni stesse, chiamate a identificare quali tra le tecnologie emergenti possono avere un impatto concreto sul business. Perché questo accada, serve la capacità di interrogarsi sull’evoluzione dei processi, in ottica di continua innovazione. Se il mondo della ricerca è dinamico per sua stessa natura, lo stesso dinamismo dovrebbe estendersi all’impresa, pena il rischio di trovarsi in difficoltà rispetto alla concorrenza in un mondo che è sempre più rapido oltre che globale. Rendite di posizione e barriere all’ingresso perdono man mano il loro senso.  Il modo più efficace – forse l’unico – per proteggere il proprio business è puntare sull’innovazione, esplorando le tecnologie più avanzate che vengono messe a disposizione delle imprese, come nel caso dell’intelligenza artificiale.

di Mario Rosati, Chief Executive Officer di E4 Analytics, Business Unit di E4 Computer Engineering