Secondo lo studio Oracle il 94% dei manager ha cambiato il proprio processo decisionale durante gli ultimi tre anni e il 97% vorrebbe che i dati fossero di maggiore aiuto.

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L’enorme quantità di dati che un’azienda ha a disposizione intimorisce i manager e per questo, spesso, sono tentati di escludere alcuni dati piuttosto che altri per andare avanti nel loro processo decisionale. Ma questa non è la strada giusta da seguire.

Le persone si sentono sopraffatte e poco qualificate per prendere decisioni basate sui dati e questo, secondo la nuova indagine di Oracle e Seth Stephens-Davidowitz (data scientist e autore di bestseller suggerito dal New York Times), “The Decision Dilemma” (“Il dilemma decisionale”), sta mettendo a rischio la loro qualità della vita e le performance aziendali. Lo studio, basato sulle risposte di 14.000 persone – compresi molti leader aziendali – di 17 Paesi del mondo, ha rivelato che sta aumentando molto la difficoltà del processo decisionale nella vita privata e professionale, specie quando si è costretti/e a prenderne un gran numero.

Il numero di decisioni che prendiamo si sta moltiplicando, e il volume crescente dei dati non è di aiuto

Le persone sono sopraffatte dalla quantità di dati disponibili e questo sta minando le loro sicurezze, rendendo il processo decisionale sempre più complicato, con effetti negativi sulla qualità di vita.

  • Il 74% delle persone interpellate afferma che il numero di decisioni da prendere ogni giorno è aumentato di 10 volte negli ultimi tre anni; il 78% sente di essere bombardato da una grande quantità di dati, provenienti da molte più fonti rispetto al passato.
  • L’86% afferma che il volume dei dati disponibili sta rendendo molto più complicato prendere decisioni sia nella vita privata che in quella professionale e il 59% ammette che capita loro diverse volte in una giornata di non riuscire a prendere decisioni.
  • Il 35% non sa di quali dati o fonti fidarsi e il 70% ha rinunciato a prendere una decisione perché sopraffatto dai dati.
  • L’85% delle persone afferma che questa incapacità di prendere decisioni sta avendo un impatto negativo sulla qualità della vita. Sta portando a picchi di ansia (36%), occasioni mancate (33%) e spese superflue (29%).
  • Di conseguenza, nel corso degli ultimi 3 anni, il 93% ha cambiato il modo in cui prende decisioni. Il 39% ora fa riferimento solo alle fonti di cui si fida e il 29% si basa esclusivamente sul proprio istinto.

Lo stress del processo decisionale sta causando passività organizzativa

Secondo la ricerca Oracle, anche nelle imprese la situazione è analoga. I manager vogliono che i dati siano d’aiuto e sanno che sono fondamentali per il successo delle loro organizzazioni, ma non credono di avere gli strumenti giusti per utilizzarli bene, cosa che sta erodendo la loro fiducia se stessi e la capacità di prendere decisioni tempestive.

  • L’85% dei leader aziendali ha sofferto di stress decisionale, e spesso rimpiange, sentendosi in colpa o mette in dubbio la validità di una decisione presa nell’ultimo anno; il 93% ritiene che il successo di un’organizzazione possa dipendere dalla giusta intelligence decisionale.
  • Il 97% vorrebbe che i dati fossero d’aiuto. Idealmente, le persone vorrebbero che i dati le supportassero nel prendere decisioni migliori (44%), ridurre i rischi (41%), prendere decisioni più rapide (39%), fare più soldi (37%) e prepararsi ad affrontare l’inaspettato (29%).
  • In realtà, il 72% ammette che l’enorme volume di dati disponibili e la mancanza di fiducia negli stessi ha fatto desistere dal prendere qualsiasi decisione e l’89% ritiene che il numero crescente di fonti di dati abbia limitato il successo dell’azienda in cui lavorano.
  • La gestione di diverse fonti ha richiesto di impiegare risorse aggiuntive per raccogliere tutti i dati (40%), ha reso il processo decisionale strategico più lento (36%) e ha aumentato le possibilità che si verifichino errori (26%).
  • I leader aziendali non ritengono che l’approccio attuale ai dati e al data analytics stia risolvendo questi problemi. Il 77% afferma che le dashboard e i grafici che utilizzano non sono sempre utili ai fini dei loro processi decisionali e il 72% ritiene che la maggior parte dei dati disponibili sia davvero utile solo per i professionisti IT o per i data scientist.
  • I leader aziendali sanno che questo deve cambiare. Ritengono che dati e insight giusti possano aiutarli nel processo decisionale in ambito HR (94%), AFC/Finance (94%), supply chain (94%) e customer experience (93%).

I dati devono essere rilevanti per il processo decisionale

La raccolta e l’interpretazione dei dati hanno portato le persone al limite di sopportazione, e questo proprio in un momento in cui la posta in gioco è incredibilmente alta.

  • Il 70% degli intervistati afferma che la raccolta e l’interpretazione di così tanti dati è “troppo da gestire” per loro.
  • Questo è particolarmente evidente nel mondo imprenditoriale. Il 78% dei leader aziendali afferma che le persone spesso prendono decisioni e poi cercano dati che le giustifichino, il 74% dei dipendenti ritiene che le aziende spesso diano più peso al parere della “persona con lo status aziendale o lo stipendio più alto” che ai dati stessi e il 24% ritiene che la maggior parte delle decisioni prese nel mondo del business non siano logiche.
  • La situazione è così difficile che il 64% delle persone, e il 70% dei leader aziendali, preferirebbe che tutti questi problemi sparissero e un robot di Intelligenza Artificiale prendesse le decisioni al posto loro.
  • Nonostante il rapporto difficile con i dati nei loro mondi personali e professionali, le persone sanno che senza dati le loro decisioni sarebbero meno accurate (44%), meno efficaci (27%) e più soggette ad errori (39%).
  • Le persone ritengono inoltre che un’organizzazione che utilizza la tecnologia per prendere decisioni basate sui dati sia più affidabile (79%) e abbia più successo (79%) e che con maggiore probabilità ci investirebbero (76%), collaborerebbero (77%) o ci lavorerebbero (78%).

Dichiarazioni

Le persone stanno annegando in un mare di dati“, ha dichiarato Seth Stephens-Davidowitz, data scientist e autore di “Everybody Lies” e “Don’t Trust Your Gut”. “Questo studio evidenzia come l’enorme quantità di input ricevuti dalle persone ogni giorno (tramite ricerche su Internet, notizie o commenti non richiesti) spesso diventi troppo grande perché sia gestita adeguatamente dal loro cervello. Le persone sono tentate di eliminare i dati confusionari, e talvolta conflittuali, e seguire il proprio istinto. Ma questo può essere un grosso errore. È stato dimostrato più e più volte che il nostro istinto può condurci fuori strada e che il miglior processo decisionale possibile si basa su una corretta comprensione dei dati più rilevanti. Trovare un modo per gestire il flusso di dati a portata di mano per aiutare le aziende a distinguere tra elementi importanti e secondari è un primo passo fondamentale“.

Man mano che le aziende si espandono per servire nuovi clienti in nuovi modi, si espande anche il numero di input di dati necessari per ottenere il quadro completo. I leader aziendali che prendono decisioni di importanza critica su come gestire i loro business ignorano questi dati a proprio rischio e pericolo“, ha dichiarato T.K. Anand, executive vice president di Oracle Analytics. “L’esitazione, la diffidenza e la mancanza di comprensione dei dati mostrate in questo studio indicano che molte persone e organizzazioni devono ripensare il loro approccio ai dati e al processo decisionale. Ciò di cui le persone hanno realmente bisogno è poter connettere dati, insight, decisioni e azioni”.