Rispetto al 2022 l’utilizzo dei principali servizi video a pagamento da parte dei consumatori italiani registra una contrazione del -3%.

Streaming video in abbonamento

Dopo la significativa crescita registrata nel periodo pandemico, e di fronte a un’offerta sempre più vasta e a nuove modalità di fruizione dei contenuti, il tema della spesa per abbonamenti TV e piattaforme streaming si ritrova in discussione. È la fotografia che emerge dal report di Deloitte “Digital Consumer Trends Survey 2023” con focus Italia su televisione tradizionale, smart e servizi streaming video.

Nello specifico, il 68% degli adulti italiani ha accesso a uno dei principali servizi video a pagamento, ma con un calo del -3% registrato rispetto al 2022. In particolare, sono le fasce più giovani che hanno maggiormente accesso a questi servizi, ossia l’89% tra i 18 e i 24 anni contro il 49% tra i 65 e i 75 anni.

streaming video in italia

Dall’altro lato, il comparto smart TV è in crescita in termini di adozione, visto che il 71% degli adulti italiani dichiara di possederla o averne accesso: si tratta di una crescita del +2% rispetto al 2022 e, più in generale, del +24% negli ultimi 5 anni.

“Siamo di fronte a un’offerta sempre più vasta e a nuove modalità di interazione e fruizione dei contenuti da parte degli utenti – dichiara Francesca TagliapietraTechnology, Media & Telecommunications Leader di Deloitte Italia – Non soltanto il mondo dei dispositivi è in trasformazione, ma anche quello dei contenuti visto che la pandemia ha portato a un’impennata nell’accesso a piattaforme online di streaming e nel consumo di contenuti video. Adesso il fenomeno si sta stabilizzando, come dimostra il calo dei nuovi sottoscrittori delle piattaforme a pagamento a cui si affianca una maggiore volubilità degli utenti, che tendono sempre più a essere abbonati di ritorno in quanto attirati per periodi ristretti sulle piattaforme da contenuti di richiamo”.

All’offerta di queste piattaforme, come sottolineato nel report Deloitte, si aggiungono anche i servizi di streaming video gratuiti, oggi ampiamente diffusi e con appena il 13% degli adulti in Italia che dichiara di non farne utilizzo. Mantengono un peso anche i servizi di Pay TV (via satellite o via cavo) e i servizi di sport broadcast – utilizzati dal 17% e dal 18% degli italiani rispettivamente – che vanno anche questi ad arricchire l’offerta di contenuti video a disposizione degli utenti. Nel complesso, i nuovi sottoscrittori dei servizi a pagamento negli ultimi tre anni hanno registrato un calo, passando dal 21% nel 2021 al 16% nel 2023.

“Stiamo assistendo – aggiunge Tagliapietra – a un consolidamento delle strategie di monetizzazione delle piattaforme di streaming. Quest’ultime stanno limitando la condivisione degli account, rivedendo il proprio pricing, differenziando le tipologie di abbonamento e inserendo anche formule più economiche, ma supportate da contenuti pubblicitari, per ridurre i fenomeni di sharing. Ne deriva che il tema del budget da destinare a questi servizi rappresenta un fattore da tenere in considerazione, essendo ragionevole pensare che si andrà incontro a una razionalizzazione del mercato, secondo logiche di accentramento dell’offerta in capo ai principali player”.

Allo stato attuale in Italia, il 29% degli account sulle tre principali piattaforme di streaming è condiviso, il 25% di chi ha accesso a questi servizi condivide il costo con qualcun altro e il 14% non paga per l’accesso, soprattutto tra le fasce più giovani. Di fronte a uno scenario in evoluzione, gli utenti dimostrano di preferire, nel caso di blocco alla condivisione degli account, proposte che non abbiano un impatto sull’attuale costo dell’abbonamento, accettando la possibilità di avere contenuti pubblicitari nella propria esperienza di fruizione di contenuti video. Dal report emerge come il 40% di chi ha accesso a un servizio di streaming video a pagamento sia disposto a considerare una proposta di questo tipo, contro un 22% che considererebbe di pagare un secondo account a prezzo pieno. Possibilità che invece viene esclusa dal 44% degli intervistati.