Le prospettive del SaaS sono rosee e a beneficiare del trend di lungo periodo saranno le startup capaci di innovare. Mentre tramontano gli Unicorni, arrivano i Centauri.

SaaS

Il SaaS è uno dei settori chiave per lo sviluppo futuro dell’economia. Anche se oggi soffre – come ogni altro comparto – della debolezza congiunturale. Parliamo di uno strumento che consente alle aziende di qualsiasi settore merceologico di utilizzare la necessaria dotazione informatica senza acquistarla ma a consumo (conservando dati di ogni tipo sul cloud anziché su imponenti server interni, per esempio). Ed è chiaro che esistono ragioni strutturali che spingeranno le startup capaci di innovare in questo ambito.

I numeri del SaaS

La prima di queste ragioni sta nei numeri. La spesa per il cloud (che è la quintessenza del SaaS, il software as a service) supererà l’1,3 trilioni di dollari entro il 2025 (con un tasso di crescita annuo del 16,9%). E, come sostiene IDC, il cloud privato – un’infrastruttura di cloud computing le cui risorse hardware sono interamente dedicate a una singola organizzazione o utente – aumenterà a un tasso addirittura superiore, del +31% annuo.

IDC inoltre riporta che la spesa per il cloud privato è aumentata dell’8,8% nel 2021 a 73,9 miliardi di dollari e per il 2022 si prevede un ulteriore incremento del 21,7% a 90 miliardi; mentre la spesa per infrastrutture non cloud è attesa in calo dello 0,3% a 59,4 miliardi. Le implementazioni aziendali del cloud privato sono suddivise abbastanza equamente tra on-prem e hosted.

Lo status quo: il SaaS non sfugge alla crisi ma il venture capital guarda oltre

Il primo dato da rilevare è che le valutazioni, soprattutto delle società quotate, sono in profondo calo a causa del peggioramento del contesto macroeconomico. Tuttavia, si può ritenere che la recessione sia transitoria e che i 290 miliardi di dollari di capitale impegnato dal venture capital nel finanziamento delle startup costituisca la riserva di cassa – o dry powder, per dirla usando un termine tecnico – che darà nuova energia al mercato nel 2023.

L’attività di venture capital è per definizione paziente e ha un orizzonte di lungo o lunghissimo termine, basandosi sul potenziale delle attività in cui investe, più che sul valore attuale. Certamente per le startup che oggi operano nel cloud privato è un momento di debolezza, ma crediamo ancora che il modello di business che esse promuovono rappresenti il cambio di paradigma più dirompente dall’invenzione di Internet. La promessa e il potenziale dell’economia cloud persistono e continueranno a crescere.

Unicorni addio, ora si guarda ai centauri (più piccoli, ma profittevoli)

Un ulteriore elemento che contribuisce a rafforzare le nostre convinzioni è che sembra sbiadito l’interesse verso il concetto di Unicorno, a volte associato a valutazioni gonfiate e non corrispondenti ai fondamentali societari. Secondo l’ultimo Unicorn tracker di Pitchbook, infatti, nel 2021 sono nati oltre 580 nuovi unicorni (un aumento del 120% rispetto all’anno precedente), e globalmente al primo novembre 2022 se ne contano 1.230. Una corsa quasi ormai priva di senso.

La mappatura di Pitchbook poggia su una definizione più restrittiva del concetto di “unicorno” (considerando come tali solo le società che raggiungono un miliardo di dollari di valorizzazione e che sono venture backed). E ciononostante ne rileva troppi, perché siano tutti di valore. Insomma, di unicorno ne nasce 1,5 ogni giorno: hanno smesso di essere animali rari da quando il termine fu coniato da Aileen Lee (venture capitalist e fondatrice di Cowboy Ventures) nel 2013 per descrivere le 39 aziende hi-tech miliardarie (tra cui figuravano Facebook, LinkedIn, Workday e Twitter).

Al suo posto compare il Centauro: un’azienda che raggiunge i 100 milioni di dollari di ricavi ricorrenti annuali (ARR): una razza rara nell’ambito cloud, e realmente d’élite nella crescente mandria degli unicorni. Un nuovo animale mitologico che sostituirà inevitabilmente il primo.

La ricetta del successo di una startup nel contesto attuale

Tutti gli elementi descritti ci portano a elaborare una sorta di vademecum per le startup nell’attuale scenario di mercato. Per esse oggi è fondamentale:

  1. Trovare il giusto equilibrio tra crescita ed efficienza. Se l’azienda è a corto di cassa, per effetto della ritirata dei finanziatori e della crisi sistemica, deve prestare moltissima attenzione al trade off tra crescita e redditività, che sarà ciò che ne garantirà la sopravvivenza. Ovviamente il management deve essere particolarmente focalizzato sull’attuazione di un piano chirurgico che tenga conto della necessità di sviluppo da un lato e della necessità che il business resti profittevole dall’altro.
  2. Certamente uno dei punti chiave sta nel tenere a bada gli investimenti, nell’essere meno cash burning di quanto accade in momenti di economia florida. Rallentare le assunzioni, non assumere troppo e focalizzarsi su progetti core anziché disperdere energie in mille rivoli, può fare la differenza quando la liquidità diminuisce.
  3. Moltiplicare tutto ciò che funziona: focalizzarsi su pochi elementi strategici è la chiave di tutto. Nel settore SaaS questo aspetto è da enfatizzare particolarmente, perché è un settore in cui le startup funzionano se molto verticali e concentrate. È dimostrato che attraverso la specializzazione esse possano aggiungere valore all’intera supply chain.

di Giuseppe Donvito, Partner di p101