Le conseguenze di un’economia volatile hanno accelerato i cambiamenti nelle modalità di investire sulla forza lavoro delle aziende a livello globale

Reskilling

Più di un italiano su due ha intenzione di cambiare lavoro: è quanto emerge   dall’indagine “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, condotta dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Nello specifico, il 55% dei lavoratori italiani, nel 2022, desidera una nuova occupazione perché insoddisfatta di quella attuale, e il 15% si è già attivato per cercare un nuovo impiego più in linea con le proprie aspettative e passioni. [1]

Una necessità, quella di rimettersi in gioco ed evolvere professionalmente, che riguarda sempre di più anche coloro che scelgono di continuare a seguire il percorso professionale intrapreso. In uno scenario che muta via via più velocemente, infatti, è richiesto da parte delle aziende un aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti: basti pensare che entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di intraprendere un percorso di reskilling.[2]

I responsabili HR italiani sono sempre più consapevoli che la necessità di mappare le competenze e avviare progetti di reskilling e upskilling non è solo finalizzata all’adeguamento delle competenze interne, ma, soprattutto, è un passaggio fondamentale per evitare l’obsolescenza tecnologica e per valorizzare il capitale umano, per permettere alle persone di specializzarsi negli ambiti più richiesti e più spendibili.

“In un contesto che cambia così rapidamente è fondamentale aggiornare costantemente le proprie competenze per rimanere competitivi sul mercato del lavoro”, racconta Davide Neve, CEO di Aulab. “L’esigenza di upskilling e reskilling è sempre più frequente anche tra le aziende, che sempre più si rivolgono a professionisti per formare i propri dipendenti attraverso percorsi ad hoc”.