Inoltre il 67% dei siti web italiani elude l’obbligo di spiegare in modo trasparente le finalità per cui vengono chiesti i dati personali all’utente

Secondo un recente rapporto pubblicato da Eurostat solo il 28% degli utenti italiani riscontrano qualche problema di privacy quando naviga in rete, ma il dato non evidenzia l’altra implicita faccia della medaglia, ovvero che il restante 72% degli internauti non hanno abbastanza consapevolezza da accorgersi che quando sono sul web la loro riservatezza è sistematicamente messa a repentaglio.

Come il ladro non bussa alla porta quando deve entrare in casa per svaligiarla, così non solo gli hacker ed altri individui che usano la rete per scopi criminali, ma anche i giganti del marketing che vogliono carpire i dati personali degli utenti, agiscono spesso ad insaputa dei diretti interessati, sfruttando sottili cavilli ai limiti della legalità per perpetrare delle vere e proprie intrusioni di massa nella sfera privata degli utenti, senza che questi ne abbiano la debita consapevolezza.

Da uno studio condotto dal Global Privacy Enforcement Network, è emerso infatti che l’85% delle app più diffuse che sono state esaminate non risultano dotate di un’informativa chiara, mentre Federprivacy in un’altra ricerca ha evidenziato che il 67% dei siti web italiani elude l’obbligo di spiegare in modo trasparente le finalità per cui vengono chiesti i dati personali all’utente.

Anche il Garante della Privacy ha recentemente lanciato una campagna di sensibilizzazione per raccomandare agli utenti di adottare basilari precauzioni e di leggere sempre l’informativa e le condizioni d’uso prima di scaricare qualsiasi app gratuita che potrebbe sembrare utile o anche divertente.

Giusto per fare un esempio di come si può essere letteralmente spiati senza accorgersene, uno studio della Carnegie Mellon University ha dimostrato che un comune smartphone arriva a comunicare la posizione geografica dell’utente ben 285 volte al giorno alle aziende che offrono gratuitamente le app.

Ci sono poi addirittura intrusioni quotidiane nella privacy degli utenti a cui essi stessi acconsentono passivamente, chiudendo frettolosamente i banner con cui vengono avvisati che proseguendo la navigazione di un determinato sito saranno soggetti all’analisi dei loro comportamenti online per ricevere pubblicità “fatta su misura” in base ai loro gusti e alle loro preferenze.  

E che la protezione della propria privacy online non sia in cima alla lista delle preoccupazioni degli italiani, lo confermano abitudini largamente diffuse come la smania di postare ogni genere di foto e informazioni anche sensibili sui propri profili social, la mancata installazione di antivirus efficaci su smartphone e tablet, e anche la scelta di banali passworddi accesso ai propri account e devices.

Quindi, alla luce del rapporto di Eurostat, nel contesto generale e più ampio di internet, possiamo realisticamente concludere che un italiano su quattro non riscontra problemi di privacy online, non perché non ne incontri quando naviga in rete, ma perché coloro che lo spiano sanno fare bene il loro mestiere.

A cura di Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy