Secondo Simona Bielli occorrerà un intreccio tra nozioni umanistiche, scientifiche e tecniche, con creatività e capacità di fare rete

Simona Bielli

Intervista a Simona Bielli, Head of Programmes di Nesta Italia

Si è chiusa la 13° edizione di R2B – Research to Business 2018, a Bologna il 7-8 giugno. Con il mercato del lavoro in continua evoluzione, l’evento ha fatto il punto sull’innovazione nel nostro territorio: big data, economia circolare, fashion, innovazione sociale e competenze per l’industria del futuro sono solo alcuni dei temi trattati.

In merito all’importante questione su quali saranno le competenze più adatte ad affrontare la sfida del lavoro nell’industria 4.0, se quelle tecniche o quelle umanistiche, durante la tavola rotonda dal titolo “Humanities for innovation: al cuore della tecnologia?” è intervenuta Simona Bielli – Head of Programmes di Nesta Italia dopo un’esperienza triennale a Londra come Research and Programme Manager del team Digital Startup in Nesta, fondazione di portata globale incentrata sull’innovazione – che ha risposto così alle domande del presentatore:

Come deve essere declinato il rapporto fra competenze scientifiche e humanities nello scenario lavorativo che si sta delineando secondo la vostra esperienza?

Siamo abituati alla retorica dei robot che ci ruberanno il lavoro e della necessità di acquisire competenze scientifiche e tecnologiche per poter lavorare e sopravvivere in un mondo sempre più digitale. Questa non è propriamente la mia opinione.

Le sfide che stiamo affrontando e che diventeranno sempre più importanti nei prossimi anni richiedono competenze che vanno oltre quelle ingegneristiche. I temi della sostenibilità ambientale, dell’urbanizzazione, della disuguaglianza, dell’incertezza politica, dei cambiamenti tecnologici, della globalizzazione e dei cambiamenti demografici ci coinvolgono e non possono essere ignorati da aziende, governi e soggetti che creano occupazione. Ecco che la complessità delle dinamiche che plasmeranno il nostro futuro presuppone domande di etica importanti e analisi di problemi che non possono più essere risolti seguendo approcci tradizionali, ma devono essere affrontati con modalità nuove.

Competenze di sistema e cognitive di alto livello, oltre all’intreccio tra nozioni umanistiche, scientifiche e tecniche, con creatività e capacità di fare rete, sono fondamentali per affrontare un mondo in rapido cambiamento.

Le ricerche di Nesta dimostrano ampiamente questa tesi. “The The Future of Skills: Employment in 2030”, per esempio, è una ricerca svolta da Nesta, in partnership con Pearson e Oxford Martin School, che analizza dati UK e US e sottolinea l’importanza delle competenze creative nelle professioni degli anni a venire: professioni quali fotografi, audio-visivi, designer grafici, archivisti e curatori, musicisti, architetti, produttori e direttori artistici, web designer, ballerini e coreografi e così via, vedranno una crescita stimata del 60-70%.

Oltre alle competenze creative, i lavori del futuro richiederanno sempre più capacità interpersonali, cognitive (come l’originalità, la fluidità di idee e l’apprendimento attivo) e di sistema. In generale sarà sempre più richiesta la capacità di combinare conoscenze cross-settoriali con competenze specifiche.

Questi dati trovano riscontro nei trend che vedono in crescita i tassi di invecchiamento e registrano un interesse sempre maggiore nell’educazione continua (lifelong learning). Ecco che competenze interpersonali come la capacità di insegnare, la coordinazione, le competenze sociali e le relative conoscenze (come la psicologia e l’antropologia) sono essenziali per queste professioni.

Anche l’occupazione nei settori sport, fitness e nella terapia vedranno una crescita, in linea con le abitudini di consumo dei Millennials.

Ci si aspetta una crescita di alcune occupazioni professionali che caratterizzano i servizi alle imprese (es. occupazioni creative, di design e ingegneristiche) che vanno di pari passo con il digitale. Architetti e altre occupazioni sostenibili vedranno una crescita grazie all’urbanizzazione e a un maggiore interesse verso sostenibilità ambientale.

Infine, le competenze di sistema, come la capacità di riconoscere, capire e agire in sistemi complessi saranno sempre più importanti. La cultura generale, come la conoscenza della lingua inglese, dell’italiano, della storia, della filosofia e nozioni di amministrazione e management sono tutte associate a occupazioni che vedranno una crescita nel mercato del lavoro.

Per concludere, sia le competenze scientifiche e tecnologiche sia quelle umanistiche sono essenziali nei lavori del futuro. Una ricerca chiamata The Fusion Effect, commissionata da Nesta nel 2016, riporta che le aziende che ‘fondono’ le competenze artistiche con quelle tecniche fatturano l’8% in più rispetto a quelle che sfruttano soltanto competenze scientifiche. Questo report analizza dati inglesi del 2010-2012 e tra i vari obiettivi ha quello di promuovere il movimento STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts and Math) che Nesta sostiene da anni. Questo movimento promuove l’introduzione di materie artistiche nelle scuole secondarie, accanto alle STEM.

In che modo tutti gli attori che si occupano di innovazione (imprese, istituzioni pubbliche, università e agenzie formative, servizi per i giovani, famiglie) possono aiutare i giovani ad affrontare le sfide del lavoro del futuro e a “costruire ponti” fra il sapere umanistico e quello scientifico tecnologico?

Oggi i datori di lavoro non si accontentano più di un curriculum vitae ordinario, con una laurea da 110 e lode conseguita in tempi lunghi, cercano piuttosto profili straordinari: persone che sono in costante aggiornamento e che svolgono corsi extrascolastici per acquisire competenze in campi diversi, persone che abbiano viaggiato, fatto esperienze, che conoscano l’inglese o almeno un’altra lingua straniera e poi che siano attori in attività di volontariato e progetti imprenditoriali. Ecco perché la formazione universitaria all’estero (es. l’Erasmus) o corsi imprenditoriali e momenti di confronto con il mondo del lavoro svolgono un ruolo essenziale nel veicolare questi messaggi e dare empowerment allo studente. Il progetto Erasmus è un’opportunità splendida da cogliere, non solo per imparare una lingua diversa, ma per conoscere anche nuove culture.

Fornisce inoltre gli strumenti e le nozioni per crescere ed imparare velocemente, perché quelle apprese durante gli anni universitari sono importanti ma non sufficienti. Occorrono soft skills per collaborare con altre persone, capacità organizzative, analitiche e imprenditoriali.

È anche fondamentale saper coniugare competenze scientifiche analitiche e tecnologiche con capacità relazionali, creative e umanistiche.