Secondo le previsioni di IDC, entro il 2026, il 65% dei buyer tecnologici aziendali darà priorità a modelli di consumo as-a-service per l’utilizzo di infrastrutture IT.

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L’infrastruttura IT diventerà sempre più un servizio. I buyer tecnologici utilizzeranno infrastrutture IT “as-a-service” per contribuire a contenere la crescita della spesa IT e a colmare la mancanza di competenze. Lo conferma IDC, in una recente indagine condotta a livello globale.

Secondo lo studio, l’80% dei decision maker riconosce l’infrastruttura digitale come “essenziale” o “mission-critical” per facilitare il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Del resto, un’ampia percentuale dei ricavi di un’impresa dipende oggi proprio dalla reattività, scalabilità e resilienza dell’infrastruttura IT distribuita all’interno delle proprie strutture, nonché dalla capacità di sfruttare risorse IT fornite come servizio.

L’infrastruttura digitale non risiede solo nei data center on-premises dell’azienda, nelle reti, nell’edge e nel cloud. Comprende anche tutti quegli strumenti tecnologici che consentono per esempio di spostare e governare le applicazioni, di incorporare l’intelligenza artificiale e l’automazione, infine di supportare l’innovazione continua.

Infrastrutture IT: cosa aspettarci in futuro?

Alla luce delle priorità di un CIO, lo sviluppo più significativo dei prossimi anni è il riconoscimento che il futuro dell’infrastruttura è l’ubiquità del servizio. Come anticipato, entro il 2026, IDC prevede che il 65% dei buyer tecnologici aziendali darà priorità ai modelli di consumo as-a-service per l’acquisto e l’utilizzo di infrastrutture IT, per contribuire a contenere la crescita della spesa IT e colmare la mancanza di talenti nell’area ITOps.

La promessa dell’erogazione as-a-service è quella di ridurre al minimo le interruzioni dell’adozione, dell’aggiornamento e dell’operatività della tecnologia, consentendo alle aziende di produrre i risultati desiderati. IDC ritiene che l’attenzione a garantire l’agilità e la scalabilità del business stia incrementando la domanda di modelli basati sul consumo in vari siti, tra cui il cloud pubblico, l’on-premise e l’edge. I leader IT aziendali si aspettano sempre più che i fornitori e i partner IT non si limitino più a fornire piattaforme e servizi infrastrutturali, ma che affianchino le imprese nell’affrontare i problemi operativi, come la sostenibilità della spesa tecnologica e la carenza di competenze IT.

L’AI come soluzione allo skill gap

Proprio lo skill gap porterà a un uso sempre maggiore dell’intelligenza artificiale. Entro il 2027, IDC prevede che processi automatizzati a diverso livello si occuperanno della configurazione, delle prestazioni, dei costi e della sicurezza delle infrastrutture IT, riducendo del 70% la necessità di interventi umani. A mano a mano, infatti, che le imprese passano da progetti di trasformazione digitale ad aziende completamente digitalizzate, l’aumento della complessità rischia di frenare i progressi compiuti. L’automazione con intelligenza artificiale incorporata può contribuire a ridurre i tempi di identificazione, risoluzione e prevenzione dei problemi di servizio, affrontando al contempo i costi, i livelli crescenti di complessità e le sfide in termini di competenze della forza lavoro. Allo stesso modo, l’automazione e l’analisi proattiva guidata dalle policy possono identificare e correggere i rischi di configurazione e sicurezza e mantenere l’infrastruttura conforme ai requisiti aziendali.

Entro quattro anni, IDC prevede quindi che la maggior parte delle organizzazioni IT abiliterà operazioni infrastrutturali autonome per necessità e per rimanere competitive.