Constatando quanto le imprese italiane siano state prese di mira, il Report realizzato da Deloitte ci offre i suoi dati: 8 aziende su 10 stanno ripensando la composizione dei loro Consigli di Amministrazione per includervi conoscenze tecnico-specialistiche cyber. Due terzi del campione prevedono di aumentare i propri investimenti in cybersecurity per generare reputation (92%), fiducia dei clienti (92%), resilienza (82%) e agilità (80%). In aumento anche la formazione per coltivare i talenti che, secondo 4 intervistati su 10, oggi sono scarsamente disponibili

Nell’ultimo anno, in Italia il 98% delle aziende ha vissuto almeno una violazione e attacchi informatici con danni di entità grave o estremamente grave. È quanto emerge dal report di Deloitte “Future of Cyber: una visione cyber-first per la sicurezza e la creazione di valore – Il punto di vista delle aziende italiane”. Il report presenta i risultati emersi dalle interviste a un campione di dirigenti italiani, condotte nell’ambito di uno studio globale, appartenenti a organizzazioni con almeno 1.000 dipendenti e 500 milioni di dollari di fatturato annuo.

«L’analisi dei dati relativi allo scenario attuale in materia di attacchi e di cybersecurity nel nostro Paese mette chiaramente in evidenza una crescente consapevolezza che queste violazioni impattano le aziende da molteplici punti di vista», dichiara Matthew Holt, Cyber Strategy and Transformation Leader di Deloitte.

Le conseguenze degli attacchi informatici per le aziende

Secondo il report Deloitte, le conseguenze delle violazioni e attacchi informatici non si limitano solamente alla perdita di fatturato o alla riduzione del valore di mercato dell’azienda, ma possono incidere sulle organizzazioni anche dal punto di vista normativo, comportando multe e sanzioni per inadempienza rispetto alle procedure in essere o per le violazioni dei regolamenti sulla cybersecurity. Grave anche il rischio reputazionale, in termini di ripercussioni negative sull’immagine dell’azienda, con il possibile crollo della fiducia da parte della clientela. Si sottolinea inoltre il rischio tecnologico, ovvero la possibilità di minore fiducia nella “tech integrity” dell’azienda. Infine, una parte degli intervistati segnala le conseguenze strategiche ed operative, come ad esempio il rischio di minori budget a supporto delle iniziative strategiche o le possibili interruzioni delle operation.

Gli investimenti in cybersecurity delle aziende italiane

La cybersecurity sta dunque progressivamente assumendo un ruolo fondamentale all’interno delle aziende, garantendo sempre più il raggiungimento degli obiettivi di business e la creazione di valore per i propri stakeholder. Questo si riflette anche sulle strategie d’investimento delle aziende stesse: due terzi del campione intervistato prevede di investire di più in cybersecurity, segnalando un trend più marcato nel nostro Paese rispetto alla dinamica rilevata a livello globale. Tali investimenti sono necessari anche per implementare con successo le iniziative di trasformazione digitale dei prossimi anni.

Cresce l’importanza della cybersecurity nei CdA delle aziende italiane

9 dirigenti italiani intervistati su 10 hanno dichiarato che le questioni legate alla cybersecurity sono regolarmente all’ordine del giorno del loro CdA in quanto desiderano essere sempre più coinvolti sul tema tanto che, come emerge nel report, in 3 casi su 4 il Board riceve aggiornamenti regolari in merito allo stato dei programmi di cybersecurity. Questo consente all’organo direttivo di poter definire efficacemente le strategie e investimenti futuri. Non è un caso che addirittura 8 aziende su 10 stiano rivedendo la composizione del loro CdA per garantire all’interno dell’assemblea la presenza di professionalità con solide conoscenze tecnico-specialistiche in ambito cyber e con forti capacità di interazione nelle discussioni consiliari in grado di comprendere lo scenario attuale e futuro delle minacce cyber e le loro ricadute sul business.

L’importanza di una visione “cyber-first” integrata nella strategia aziendale

Un’adeguata strategia di cybersecurity supporta le aziende nel generare valore, non solo in termini di crescita dei ricavi, ma anche e soprattutto di “brand reputation”, fiducia dei clienti e modello di business resiliente e agile. Sfruttare appieno tale potenziale, rendendo la cybersecurity un vero e proprio fattore abilitante per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, è possibile solo se questa viene integrata nella più ampia strategia di business. Secondo il 62% dei dirigenti italiani coinvolti nell’indagine, l‘integrazione della cybersecurity all’interno delle strategie aziendali migliora l’efficienza nella gestione delle priorità di business sotto il profilo del risk management (94%), dal punto di vista della creazione di digital trust (92%), ma anche ai fini della trasformazione digitale (88%), poiché permette alle aziende di intraprendere percorsi di digitalizzazione con una maggiore sicurezza. Al di là dell’impatto sulle priorità di business, l’adozione di un approccio strategico e integrato alla cybersecurity, affinerebbe anche la capacità delle organizzazioni di anticipare l’identificazione dei rischi (54%), di prendere decisioni in modo rapido e agile (48%) e di adattarsiprontamente all’evoluzione del contesto competitivo (46%).

«Per vincere la sfida della cybersecurity negli attacchi, è cruciale sviluppare una visione “cyber-first” che permei l’organizzazione e tutte le attività aziendali: dallo sviluppo della strategia alla pianificazione, dall’avvio di nuove iniziative di trasformazione digitale alla progettazione di nuovi prodotti e servizi, dal coinvolgimento di terze parti nel proprio ecosistema alla gestione dei talenti. Ma l’adozione di questa prospettiva va al di là dell’implementazione tecnologica: si tratta di una vera e propria trasformazione aziendale e culturale», afferma Holt. «È importante sottolineare che l’adozione di un approccio cyber-first agevola anche le organizzazioni nel percorso di conformità rispetto alle nuove normative, come nel caso del Regolamento DORA per il settore finanziario. Sviluppare una visione cyber-first, quindi, può assicurare un vantaggio competitivo rilevante».

Pianificazione strategica e operativa determinanti per un approccio cyber-first

La cybersecurity richiede un’attenta pianificazione strategica: secondo lo studio di Deloitte, infatti, 8 aziende italiane su 10 rivedono e aggiornano i propri piani di cybersecurity su base annua. A tal proposito, la quasi totalità delle aziende italiane ha già definito o sta definendo un piano olistico per la protezione da minacce cyber. Le imprese italiane affermano di sviluppare e implementare piani operativi che valutano le modalità di protezione dai rischi cyber in ogni fase della gestione del trattamento di dati sensibili e dichiarano di includere in ogni valutazione, o di essere quasi pronte a farlo, la più ampia rete di stakeholder, monitorando ad esempio la “security posture” di partner e fornitori per i propri programmi di valutazione del rischio cyber (92%).

«La formulazione di strategie di cybersecurity in grado di mitigare efficacemente i rischi e generare valore aziendale passa necessariamente da una solida pianificazione. Da questo punto di vista le aziende italiane si stanno dimostrando particolarmente consapevoli. Quella della pianificazione è una fase essenziale per sviluppare e implementare strategie “zero-trust” rispetto alla cybersecurity, in grado di rafforzare la sicurezza degli ambienti aziendali digitali, semplificandone la gestione e migliorando la customer experience».

L’importanza della formazione cyber e la carenza di talenti

Centrale anche il tema della cyber formazione per le aziende italiane. La mancanza di talenti in questa area, richiederà la collaborazione di attori pubblici e privati per la sua soluzione. Non a caso, la quasi totalità delle aziende italiane dichiara di aver già implementato dei programmi di training contro gli attacchi informatici per i dipendenti. Affinché questi risultino efficaci, le organizzazioni devono però garantire che tale formazione sia erogata in modo continuativo, sia sempre aggiornata, sia coerente al “risk appetite” dell’azienda e offra percorsi differenziati e personalizzati. Circa 2 aziende italiane su 3 indicano che i programmi di formazione sono sì utili per dotare le aziende delle giuste competenze, ma sono anche uno dei principali strumenti per coinvolgere, trattenere e sviluppare i talenti.